Carlo Tecce per “il Fatto Quotidiano”
Periodo di manine, la settimana che va da Natale a Capodanno: oltre al goffo tentativo di ripulire la fedina penale di Silvio Berlusconi con la norma del 3%, il governo ha consegnato un bel regalo a Mediaset. Per adesso, s’accontenta la proprietà, e non direttamente il proprietario.
Con una postilla inserita nel decreto milleproroghe (adesso in Parlamento), un calderone che certifica le inefficienze italiane, Palazzo Chigi ha rinviato di un anno e mezzo l’immissione sul mercato di televisori (o impianti esterni) che ricevono trasmissioni in tecnologia Dvb T2, il digitale terrestre di ultima generazione. Ha detto sì a una proposta di Federica Guidi, ministro dello Sviluppo economico. Poi nessuno se n’è accorto.
E pazienza se una legge di Mario Monti, che recepiva le indicazioni della Conferenza di Ginevra, avesse fissato la partenza per gennaio 2015. La questione non è commerciale, ma puramente televisiva, e riguarda con prepotenza il Biscione. Perché l’esordio del Dvb T2 è necessario per avviare la riorganizzazione di un gruzzolo di frequenze, che Cologno Monzese utilizza, collocate su banda 700, una ridotta che l’azienda difende con qualsiasi mezzo e che va assegnata agli operatori telefonici.
RENZI E BERLUSCONI BATMAN E ROBIN
Il passaggio a Dvb T2, che amplifica la capacità di trasmissione, è in grado di provocare un brutto danno al Biscione: i concorrenti potrebbero aumentare i canali e Mediaset li potrebbe perdere, un guaio per l’offerta a pagamento che occupa tantissimo spazio.
Fu proprio il governo di Berlusconi a spingere per il trasloco dal vecchio analogico al nuovo digitale per incassare una plusvalenza di reti e ottenere due risultati ancora preziosi: arginare i rivali del satellite e indurre la Rai a investire 500 milioni di euro senza apportare benefici agli indici d’ascolto. Il digitale interessava al Biscione, non a Viale Mazzini, che sopravvive con la logica dei tre grossi riferimenti generalisti, Rai1, Rai2 e Rai3.
Più di una volta, i vertici di Cologno Monzese hanno intimato ai governi di non toccare la banda 700. I motivi: centinaia di milioni di euro sperperati; Canale 5 & C. non avrebbero l’agio di un vasto spettro e, detto senza perifrasi, a Mediaset conviene che il precario equilibrio televisivo rimanga immutabile. “Almeno sino al 2030” ha suggerito Gina Nieri, consigliere d’amministrazione di Mediaset e dirigente di fiducia di Fedele Confalonieri. La banda 700, destinata agli imprenditori telefonici, non deve essere sottratta agli editori televisivi per ritorsione o per penalizzare Mediaset, non è un provvedimento calibrato su misura contro Berlusconi: è vitale per incentivare internet veloce. Lo prevede la Commissione Europea e lo ripete la Conferenza di Ginevra.
Il giovane Matteo Renzi, campione di selfie, riprende massime che l’anziano ex Cavaliere ha ormai abbandonato: vuole la burocrazia espletata a casa, vuole che si dialoghi con la posta elettronica, vuole che internet sia accessibile ovunque, dai sobborghi di periferia ai più sperduti paesini di provincia. Allora perché Renzi ha accolto il comma Guidi, un ministro non immune alle costanti pressioni dell’Autorità di Garanzia Agcom sempre sensibile a Mediaset?
Il posticipo di un anno e mezzo imposto al Dvb T2 può benissimo ripetersi oppure no. L’ex Cavaliere è un uomo che va tenuto in sospeso, e il fiorentino l’ha capito.
Per Mediaset il favore è perfetto, dà margine per pianificare il futuro senza assilli. Il momento è confuso, c’è da vendere Mediaset Premium, da recuperare un po’ di denaro per assorbire i 700 milioni spesi per la Champions League. Ci sono i destini che s’incrociano con l’ex nemico Rupert Murdoch e l’agognata Telecom da sedurre. E il governo smentisce se stesso: internet veloce non è una priorità. Forse perché non fu sottoscritta al Nazareno.