MI TATUO QUINDI ESISTO - IL 20% DEGLI AMERICANI È TATUATO E IL 40% DI QUESTI SONO RAGAZZI FRA I DICIOTTO E I TRENTATRÉ ANNI - I “MILLENNIALS” ABITUATI A UNA VITA PRECARIA CERCANO, IN UN DISEGNO SULLA PELLE, QUALCOSA CHE DURI PER SEMPRE
Annalena Benini per "il Foglio"
tatuaggi 3d e illusioni ottiche 17
Mai stati così tanto tatuati. Così pieni di draghi sulla schiena, serpenti sulle braccia, volti di fidanzate impressi per sempre sul cuore (con la necessità di cercare una nuova fidanzata, poi, abbastanza somigliante al vecchio tatuaggio, o con il dovere di ritatuarla, cambiandole pettinatura). Anche lettere sulle nocche delle dita, che formino una parola importante.
Le ragazze coraggiose non temono i mostri a due teste sul petto, disprezzano le farfalline e le minuscole rose di moda negli anni Novanta e vogliono un tatuatore che le trasformi in un’opera d’arte, che definisca la loro identità. Così, alla domanda: chi sei?, si può rispondere con il corpo.
Gli ideogrammi cinesi sono superati (come i tatuaggi tribali sulla parte inferiore della schiena), anche se molte vanno in giro, vent’anni dopo, con il nome del primo fidanzato scritto in cinese su una spalla, scolorito, tanto nessuno lo capisce e quel fidanzato adesso ha cinque figli, è pelato e vive in un paesino di montagna senza telefono (il tatuaggio a volte serve a ricordare quanto eravamo giovani e scemi), ma nessun genitore si scandalizzerebbe più perché un figlio torna a casa con il braccio insanguinato dopo la prima seduta di tattoo, anzi molti genitori hanno i nomi dei figli tatuati addosso, dentro enormi cuori neri, alla maniera dei carcerati e dei marinai.
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Secondo l’Atlantic il venti per cento degli americani è tatuato, e il quaranta per cento sono ragazzi fra i diciotto e i trentatré anni, Millennials desiderosi di identità e di un’idea di permanenza: qualcosa che duri per sempre.
Porgono la schiena, il polpaccio magro, il collo al tatuatore, stringono i denti per il dolore, almeno un po’, e dopo qualche ora escono fieri, vagamente esaltati, continuano a fissare la zona arrossata, quel teschio con il cilindro, o quell’occhio spalancato, la testa di una tigre, l’ala di un cigno, la pin-up che piange: è come indossare una storia, un’autobiografia narcisistica che tutti chiederanno di svelare, e sempre più sta diventando un atto estetico (invece di appendere un quadro in salotto, si tenta di diventare un quadro).
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Nei primi anni Novanta, quando al mare arrivavano, emozionati, i pionieri del tatuaggio, li si guardava stupiti, sospettosi, e tutti si chiedevano la stessa cosa: ma è impazzito? Come farà, da vecchio, con la pelle grinzosa e quello scarabocchio verde addosso?
Ma le madri più hippie andarono a tatuarsi con le figlie e tornarono diverse, una rosa sulla caviglia le faceva sentire piene di segreti (le madri meno hippie minacciarono le figlie di non farle uscire più di casa, le figlie scapparono e si fecero tatuaggi nascosti, sotto la linea del costume da bagno), da allora è tutto cambiato, alcuni tatuaggi antichi sono stati coperti da tatuaggi modernissimi e complicati, da una serissima arte del tatuaggio con liste d’attesa, e chi non ne ha nemmeno uno si sente una tela bianca, un po’ stinta, senza storia.