la copertina di micromega luglio 2014
Colloquio tra Roberta TORRE e Rocco SIFFREDI, a cura di Adriano Ardovino per “MicroMega” - http://temi.repubblica.it/micromega-online/
Comunque la si giudichi (sul piano estetico e morale), la pornografia occupa nella nostra società uno spazio ampio e storicamente inedito. Sarebbe impossibile, volendo descrivere il mondo odierno così com’è, non tener conto di quanto la rappresentazione esplicita della sessualità attraversi buona parte della nostra cultura, non solo quella cosiddetta «pop» o quella legata alle arti visive e al cinema. Dall’immaginario privato al corpo esibito, dalla fruizione di contenuti in rete alle nuove forme di «dipendenza» e ai legami con la politica, la pornografia è ormai strettamente intrecciata con la nostra quotidianità.
E se il pensiero femminista, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, ha condotto battaglie cruciali (e purtroppo ancora attuali) contro la mercificazione e lo sfrutta- 3/25 4 mento mediatico del corpo femminile, da qualche decennio a questa parte molte donne hanno formulato un approccio diverso al tema. Un approccio forse più «libertario», sicuramente meno persuaso che il problema sia soltanto la violenza maschile o il punto di vista «patriarcale». Si inserisce qui, mi pare, il progetto intitolato Le ragazze del porno, al quale partecipano diverse registe italiane, la più nota delle quali è Roberta TORRE.
ROCCO SIFFREDI CON VALENTINE DEMI E MARTINA GOLD FOTO ANDREA ARRIGA
Ispirato alla cineasta indipendente Mia Engberg, che in Svezia ha usufruito di finanziamenti pubblici per realizzare alcuni cortometraggi sulla sessualità «vista e vissuta dalle donne», il progetto ne riprende il «manifesto».Vi si parla della «necessità», soprattutto in Italia (dove si «consuma» molta pornografia, quasi mai fatta da donne), di raccontare corpi e pratiche da un diverso punto di vista. Di liberare una diversa rappresentazione del desiderio e del piacere. Di dare visibilità a un immaginario che le donne stesse, talvolta, si troverebbero a marginalizzare o a negare. Come stanno realmente le cose?
Roberta TORRE: Il progetto è nato circa un anno fa, io mi sono unita al gruppo un po’ dopo. Mi sembrava divertente. Soprattutto trovavo interessante l’idea di poter raccontare i corpi e la sessualità dentro un’ottica femminile,ma anche molto personale, basata cioè sul mio sguardo. In ogni sguardo c’è sempre una differenza, che è sia di genere sia indubbiamente anche individuale. Nella sessualità, le donne osservano spesso – o almeno così immagino – cose diverse da quelle che osserva un uomo.Volevo raccontare una storia lavorando sul desiderio: una storia di sessualità, di sesso, di corpi, ma da un punto di vista totalmente femminile.
ROCCO SIFFREDI CON GABRIELLA SASSONE A PRATO SEX FOTO ANDREA ARRIGA
Questa è la base da cui siamo partite, sia io che le altre registe, ognuna ovviamente con il suo sguardo e con il proprio vissuto personale. Il mio lavoro si caratterizza per un incrocio di tecniche diverse. C’è sì realismo,ma ci sono anche sequenze di animazione. In questo senso, pensavo di coinvolgere un’icona dell’erotismo come Rosa Fumetto, che è anche una donna molto intelligente e divertente, e che ovviamente ha lavorato molto in questa direzione.
Si può descrivere concretamente la differenza tra approccio maschile e femminile, anziché darla soltanto per scontata? Che cosa risponderesti a chi obiettasse che l’unica differenza che conta, in questo ambito, riguarda semplicemente la «qualità» o la «riuscita» di un prodotto audiovisivo?
TORRE: La sessualità femminile, in termini di desiderio, segue delle strade diverse rispetto a quella maschile. Inevitabilmente, quindi, anche la rappresentazione – cioè tutto ciò che può eccitare o innescare il desiderio in una donna – è vagamente diversa da quella che può suscitare il desiderio maschile.
Ovviamente, l’esito è in un certo senso lo stesso, perché sempre di corpi e di rappresentazioni sessuali si parla. Direi però che la differenza riguarda innanzitutto lo «sguardo»: lo sguardo – che significa cosa guardi e come lo guardi – è anche una forma di potere. E per secoli (se non per millenni) il corpo della donna è stato rappresentato in un certo modo e il corpo dell’uomo in un altro.
Rocco SIFFREDI: Non posso non trovarmi d’accordo con Roberta, anche se è una regista di altro genere e quindi il suo sguardo è inevitabilmente differente da quello di uno che sta dentro il porno da trent’anni. Una cosa deve essere chiara, però: rappresentare la sessualità per le donne (anche se Roberta non l’ha detto esplicitamente) non significa necessariamente rappresentare un inconscio, o meglio in un immaginario, «romantico».
TORRE: Di «romantico» non c’è nulla in quello che ho detto.
SIFFREDI: Hai ragione, non l’hai detto. Però parlando di una visione «diversa» del sesso, esiste questo rischio. Spesso si dice che la pornografia per le donne è diversa se viene fatta da una donna, che appunto conosce le donne. Però esistono anche uomini che sanno «connettersi» col cervello femminile e capire qual è il desiderio di una donna.
PIERO CHIAMBRETTI ROCCO SIFFREDI
TORRE: Sicuramente è così. Volevo solo sgomberare il campo da ogni discorso sul romanticismo, perché non è quella la strada.
SIFFREDI: Molte volte, però, quando si parla di pornografia a partire dallo sguardo della donna, si pensa subito a una pornografia diversa, più dolce, fatta più di carezze, appunto più «romantica». Ma, credimi, anche molti uomini adorano cose romantiche, più soft e, viceversa la mia pornografia è spesso molto più apprezzata e per così dire «compresa» dalle donne, che non dagli uomini.
TORRE: Di questo sono certissima.
Il termine «romanticismo» possiamo sostituirlo con molti altri, da «soft porno» a «erotismo». Resta comunque il rischio dei luoghi comuni (ammesso che siano tali): gli uomini preferirebbero l’esercizio della vista, le donne amerebbero di più la lettura e l’immaginazione. Oppure: il punto di vista maschile sarebbe più semplice, diretto, grezzo, povero, mentre quello femminile sarebbe più complesso, tortuoso, indiretto, ricco.
A volte si contrappongono persino istinto maschile e sentimento femminile. In ogni caso, mi pare di capire che la differenza, per Roberta, resti. Anche ammettendo che l’immaginario specificamente femminile, come tu stessa hai accennato, non sia stato rappresentato come meritava nei secoli per questioni di potere o di diritto d’accesso alla rappresentazione, come possiamo differenziarlo dall’immaginario maschile?
Si deve forse parlare di una sessualità non centrata esclusivamente sulla dimensione genitale, bensì su tutto il corpo, ad esempio sulla pelle come organo di piacere? Una sessualità in cui, al mero ancoraggio anatomico dell’eccitazione, subentri una più ampia scoperta del corpo e del desiderio, una maggiore capacità di giocare con i codici di genere?
TORRE: Sinceramente non lo darei affatto per scontato.Anche l’idea di creare un «genere», in qualche modo «universale», mi pare proprio sbagliata. Perché se c’è un ambito in cui non si può mai generalizzare, è proprio il sesso. Chiusa la porta della stanza da letto, ognuno è un mondo assolutamente personale. E credo che lì venga fuori, per ognuno, quella che è la sua fantasia, la sua capacità, il suo desiderio. Prendiamo un tema – visto che parliamo di corpi – come quello delle «dimensioni», che ossessiona notoriamente la quasi totalità degli uomini e condiziona il loro desiderio.
È del tutto fuorviante definirlo un mito, perché al contrario è una realtà. Ed è sbagliato dire che le donne non ci badano, perché invece ci badano eccome: è un elemento che fa parte tanto dell’immaginario maschile, quanto di quello femminile. Definendolo un mito, se ne fa una sorta di bluff alla rovescia. Probabilmente per rassicurare chi, ahimè, non può ambire a una tale esperienza del proprio corpo. E magari per tornare a una sorta di presunta visione femminile, in cui tutto appare rassicurante, in cui in fondo il corpo non importa poi tanto.
Ma tutto ciò è semplicemente falso. Indubbiamente, il corpo «comanda », e comanda anche in quel senso. Ovviamente, non è l’unica cosa che conta, ma qui entriamo forse più nell’erotismo, che è tutta un’altra cosa.Una donna può essere erotica anche a novant’anni. Se però parliamo di sessualità, è del tutto evidente che conta anche la rappresentazione prima di tutto fisica del corpo.Di un corpo che ha sempre una sua potenza, una sua figura. Che si offre alla vista in un modo piuttosto che in un altro. Che attrae o respinge. E questo, lo ripeto, vale per un uomo come per una donna.
SIFFREDI: Ancora una volta mi trovo perfettamente d’accordo con Roberta, perché vedo che conosce bene il mondo femminile.
TORRE: Lo spero… Alle volte, mi sembra, non facciamo altro che alimentare dei tabù.
SIFFREDI: Lo dicevo, ovviamente, non soltanto perché sei una donna, ma perché sei molto sensibile e sai bene di che cosa «ha bisogno » una donna oggi. Per certi versi mi togli ogni argomento, dicendo esattamente tutto quello che voglio dire. Detto da te, anzi, ha molto più valore che detto da me. In fondo è sempre così: se lo dice un pornostar, si tratta di un punto di vista troppo parziale.
Spesso mi si dice: «Lascia perdere, Rocco. Diventa una visione maschilista dire che la donna ama questo o quello, che è molto attenta a quest’altro, che adora il sesso quando è forte e intenso, che il compito di un uomo è quello di portarla oltre». Per me però è così. Io li chiamo «step» diversi, o «piani superiori». Se una donna riesce a raggiungerli, se riesce a liberare certe zone tirandole fuori dal suo inconscio e riesce a vivere tutto quello che vorrebbe vivere, allora può lasciarsi andare. E magari è grata nei tuoi confronti, per averla aiutata a tirare fuori così tanto.
TORRE: Tutto questo è vero. Anche perché non c’è dubbio che le donne hanno vissuto millenni di repressione e di inibizione del loro desiderio. Da questo punto di vista, anche se spesso non hanno avuto la possibilità o la forza di dirlo, è la pura verità.
SIFFREDI: Sicuramente tu riesci ad analizzare la situazione con parole più precise delle mie.A me è capitato spesso di parlare in modo libero, così come fai tu, e di vedere ridotto il mio discorso a un semplice punto di vista maschilista. Ma la mia visione è basata solo sull’esperienza, non è il frutto di una generalizzazione: non è che il resoconto di una vita, di trent’anni passati sul set e fuori dal set. Qualcuno potrebbe obiettarmi: «Va bene, ma tu che genere di donne hai conosciuto?». Di tutti i tipi, rispondo io. Se riesci a entrare davvero in connessione con una persona, se sperimenti quella che io chiamo una «connessione tra due cervelli», se cioè quella persona sa che di te si può fidare, se si lascia andare, allora ogni volta si va verso qualcosa che è comunque un’esperienza molto forte e molto particolare, e tutto questo aiuta anche un uomo a conoscere sempre di più l’aspetto femminile. Ed è per questo che tanti uomini non capiscono – o preferiscono non capire – una certa sessualità, perché è troppo impegnativa per loro.
MADONNA E CHRISTINA AGUILERA BACIO SAFFICO
TORRE: È un po’ quello che dicevo prima. Probabilmente questo crea molti più complessi in un uomo. Ed è anche ovvio che sia così. Perché purtroppo, ahimè, non tutti hanno questa capacità, questa fortuna, questa attitudine, ma anche questa consapevolezza di «usare» il proprio corpo in un certo modo. Ci vuole una grande maturità. E sappiamo bene che spesso il genere maschile, di fronte al tema sesso, come dire, impazzisce, e in quest’ambito non si riesce a essere obiettivi.
SIFFREDI: Molte donne mi dicono ad esempio: «Entra nella mia testa, fa del mio corpo quello che vuoi».
TORRE: Questo è quello che ogni donna desidera.
SIFFREDI: È l’atteggiamento che adotto io. Ma lo faccio in maniera naturale, perché a me piace vederle godere, le donne. Per fortuna la natura mi ha aiutato, nel senso che per natura sono una persona alla quale di godere per se stessa non gliene frega niente, quindi nel mio lavoro mi trovo bene, sia nei confronti delle attrici con cui lavoro sia nei confronti dei fan.Ogni mio film è rivolto fin dal principio a tutte le migliaia o milioni di persone che lo vedranno. E io cerco una connessione con una donna per realizzare qualcosa di particolare, che possa piacere a tantissime altre donne.Questo è un po’ il «sistema» che seguo, anche se non sempre viene compreso.
TORRE: Lo capisco benissimo. Al tempo stesso, dobbiamo sempre rispettare le differenze. Ci tengo a ribadire, di nuovo, che questa è comunque una mia visione e che non voglio, né posso, parlare a nome di tutte le donne. Probabilmente, infatti,molte donne non la pensano come me.
SIFFREDI: Il novantotto per cento ti assicuro di sì…
TORRE: In qualche modo, quello che tu «senti» conferma qualcosa che anche molte donne avvertono,me compresa. E in fondo è questo che mi spinge a raccontare e a rappresentare. L’ipocrisia non giova mai a nessuno.
SIFFREDI: La verità è che esistono mille limitazioni culturali, che ti portano a dover dire il contrario di quello che realmente pensi o senti. Ciò che conta, per me, è solo l’esperienza. Sul set e nella vita. Ovviamente, ci sono molti altri produttori e attori che si muovono soltanto per i soldi,ma così si perde il senso di quel che si fa e si rischia di mettere tutto in un calderone. La pornografia, per quello che mi riguarda, è il contrario della pornografia dominante. Nel mio piccolo, cerco di fare delle cose che abbiano un altro senso rispetto al porno meccanico, ripetitivo, non vissuto.Anche come regista lavoro così. Per gli attori sono infatti un emerito «cacacazzi », perché sono molto esigente.
Se sono troppo finti, mi blocco e lascio la telecamera a terra. Sia davanti che dietro l’obiettivo, io cerco qualcosa di particolare, che esca fuori dai codici o dai canoni di genere.A volte, per ottenerla, devi interrompere dei meccanismi, devi sospendere degli automatismi. Il che significa: alleggerire completamente la mente dei due,ma soprattutto quella dell’uomo. Che oggi, purtroppo, è un uomo «in sofferenza», pieno di complessi. Gli attori maschi arrivano sul set con diecimila pillole, pillolette e punturine. Dicono a se stessi: «Ce l’ho duro, ho fatto il mio lavoro». E hanno già lo sguardo altrove.
VALENTINA NAPPI E I SUOI NEGRONI
TORRE: Ma la testa, però, non è sgombra.
SIFFREDI: A volte ti trovi veramente davanti a dei pezzi di carne. Dal lato opposto, poi, vedi giovani donne che non sanno neanche come iniziare un approccio. Il mio sesso vuol essere invece un sesso particolare, un viaggio con una donna per portarla su altri piani, per cercare di entrarle veramente nel cervello, in maniera profonda, per poi poter giocare insieme.
Quando agli attori viene mostrato un video e viene detto loro: «You have to do it like Rocco, Rocco style» (cosa che capita spesso e che vivo con «imbarazzo»), quando li vedi cominciare a sputarsi o a dare schiaffi ripetendo meccanicamente dei gesti che tu fai soltanto al momento giusto, con una persona che se l’aspetta, che vuole esattamente quella cosa in quel determinato momento, allora non è altro che una replica completamente meccanica.
E questo significa oltrepassare il limite, che è il contrario di quello che cerco di fare io, ossia essere sempre «al limite», senza mai oltrepassarlo. Un limite al di là del quale si generano solo violenza gratuita ed esibizione (finta) di virilità (presunta).Quando vedo questi ragazzi che mi imitano in modo esteriore, mi rendo conto di quanto sia lontana la mente maschile dal comprendere le donne.
E anche di quanto sia complicato cercare di «connettersi» sul piano mentale. Non si insegna in poco tempo, a certi ragazzi. Soprattutto, gli uomini che non sono predisposti (e ti assicuro che sono tanti) non lo potranno mai capire. Con questa finta erezione (forzata, chimica), oggi si sentono tutti leoni, e finiscono per utilizzare l’«attrezzo » molto male. Il che significa allontanarsi ancora di più.
TORRE: In questo caso, si sperimenta una solitudine al tempo stesso reciproca e assoluta.
[...]
Esiste una pornografia dei volti, prima che dei corpi?
TORRE: Lo sguardo porta sempre con sé un’allusione. Volendo, si potrebbe certamente fare a meno degli oggetti sessuali o della loro rappresentazione esplicita, ma solo se si riesce a creare un’atmosfera di erotismo e di desiderio sufficientemente potente, tutta consegnata all’occhio e allo sguardo…
SIFFREDI: Lì ci vogliono registi veri, però.
TORRE: Certamente. Nel porno, forse, è impossibile fare a meno del dettaglio e dell’oggetto propriamente sessuale. Tuttavia lo sguardo resta sempre il vero controcampo.Senza chi guarda,non esiste neanche quello che io immagino.Da Giovanna d’Arco in poi, l’estasi mistica lambisce in qualche modo l’orgasmo. Banalmente, in certe meravigliose pagine della letteraturamistica, sembra veramente di leggere storie di donne invasate, espropriate dall’unione (con Dio). Leggendo le loro parole, sembra che in quegli istanti abbiano fatto l’amore.
SIFFREDI: In fondo, quello tu chiami sguardo, è per me la personalità. A volte ti trovi di fronte ragazze bellissime, che sembrano dei pezzi di legno per quanto sono vuote.Altre volte vedi ragazze molto meno belle, che però hanno una personalità che modifica tutto quello che c’è in una stanza: qualsiasi cosa facciano, la telecamera è completamente «ipnotizzata».Anche questo, per me, è parte dello «sguardo».
TORRE: Torniamo in qualche modo al discorso iniziale. L’incontro con l’altro (o persino con l’Altro), diventa il desiderio massimo. È la domanda su come osservare l’altro, su come prenderlo, come «legarlo» – anche e soprattutto da un punto di vista mentale – usando il corpo, agendo attraverso il corpo. Che è poi l’unico mezzo che può portarci a quel traguardo.
SIFFREDI: A proposito del rapporto tra l’attore e il corpo, ricordo l’esperienza che ho fatto con Catherine Breillat. Quando mi chiamò per realizzare Romance (1999), seguito poi da Pornocracy (2004), le chiesi: «Ma sei sicura che io sia in grado di recitare?» , «Rocco», mi ha risposto, «secondo me tu sei un attore, perché nei tuoi film dai l’anima. E un attore che dà l’anima, per me è un attore. Al resto ci penso io». Non nascondo che sono andato su quel set con una certa ansia, perché non avevo mai fatto film «normali».
Io mi portavo dietro un po’ di questa mia immagine «siffrediana», da performer che deve sempre essere infallibile. Lei, invece, voleva assolutamente un uomo normale, con i suoi problemi, i suoi dubbi e le sue risposte. E devo dire che è stata un’esperienza pazzesca, perché mi sono ritrovato a vivere la scena di sesso più complicata della mia vita… in un film «normale». E pensare che si trattava di una piccola sequenza, la classica posizione del missionario.
Catherine è riuscita da un lato a mettermi in gioco per intero, dall’altro a stressarmi al punto tale che non ero più neanche in grado di capire quello che facevo. Da lì è partito il film e sono entrato nel mio personaggio. Per questo dico che ci vuole un regista o una regista che riesca a captare ogni cosa, a «catapultarti» in un altro mondo. Cosa che nel porno, per fortuna, è molto più semplice.
[...]
Prima, però, Rocco alludeva a una differenza in qualche modo «biologica » tra il maschile e il femminile. Da un lato c’è un corpo che resta sempre «uguale» a se stesso, qualsiasi gesto compia. Dall’altro, invece, c’è spesso un’esperienza traumatica, un’intrusione incontrollata, che col tempo torna a farsi sentire come dirompente, distruttiva, perché difficile da padroneggiare e impossibile da ancorare a qualcosa di visibile, di esterno.
TORRE: Certo, anch’io credo che sia così. Però è sempre la mente a rivivere continuamente il trauma, a lasciargli spazio nei termini che hai descritto.
SIFFREDI: Non dimentichiamo comunque che si sta parlando di pornografia. In una coppia «normale», l’uomo non vuole una moglie «troia», perché anzi la desidera «a comando». Se invece si accorge di avere una donna molto «performante» dal punto di vista sessuale, non la vuole più. La pornostar diventa una sorta di Anticristo per l’uomo normale, che la sogna, la desidera in quell’attimo, ma poi la vuole distruggere. Io invece sono uno che ama la donna con tutto l’«involucro», cioè per intero, con tutto il suo corpo. Vedo tanti pornostar che laddove si sporcano a causa dei rapporti anali o con le mestruazioni, odiano le donne. Non si può dimenticare che il corpo della donna si porta dietro anche questi fardelli, che sono legati alla natura.
TORRE: È perfettamente vero, ed è un altro aspetto che distingue il maschile dal femminile.
Quindi, ancora una volta, una differenza più «biologica» che culturale?
TORRE: Il corpo non mente, l’ho detto all’inizio: è sempre il corpo che comanda. Ma chiaramente parlo del corpo nella sua essenza più intima. È questo l’ambito in cui emergono le maggiori differenze. Per parlarne, per raccontare questa cosa così intima, ho parlato di una sorta di struggimento. Qualcosa che non puoi più legare a questioni soltanto «culturali». È solo l’intimità, in un senso totale, che può procurarti questo struggimento. Ovviamente, poi, il dato più intimo e naturale è «aiutato» o circondato da tutta una dimensione sociale e culturale, da quello che «dicono in paese», dal senso di ciò che è «impuro» e via di questo passo.
SIFFREDI: Come ho già detto, cerco spesso di dissuadere le ragazze, consigliando loro di non compiere questo passo. D’altro canto, è anche vero che oggi la pornografia la puoi fare «di passaggio», perché è diventata quasi una trasgressione «normale».Tutti si filmano. I ragazzini caricano video hard su YouPorn, per gioco, non per fare i pornostar. Da questo punto di vista, non si deve per forza entrare a far parte della «rete», o meglio della ragnatela della pornografia, in cui poi si rischia di restare impigliati. Io l’ho fatto per scelta.
È vero però che tante di queste ragazze e di questi ragazzi finiscono nel mondo della droga, perché è l’unico modo che trovano per gestire in maniera veloce l’infelicità e la solitudine. In tutti questi anni, ho visto almeno una decina di colleghi tentare il suicidio. Personalmente sono molto consapevole delle scelte che ho fatto: il sesso come base di partenza per il ragazzo che ero, una grande voglia in mezzo ai pantaloni, un grande desiderio di uscire fuori da Ortona e dall’Abruzzo. Però mi sento molto fortunato di aver avuto un cervello «abruzzese», legato, come si dice, a certi valori.
TORRE: È come nelle grandi performance, ad esempio atletiche. Quando arrivi a certi livelli, è soprattutto la testa che deve essere salda, che deve comandare. Perché se la testa non funziona, è finita.
[...]
Un’ultima domanda. C’è posto, nella pornografia, per il pudore e la vergogna?
SIFFREDI: L’ultimo ricordo che ho risale a trent’anni fa, dopo i primi sei mesi di porno, quando ho visto per la prima volta il mio sedere e i miei testicoli da dietro. Lì ho provata tanta, tanta vergogna. Ma dopo quell’immagine lì, mi sono abituato e la vergogna, per me, non è più nudità da almeno trent’anni. So che sembra scontato, che lo si ripete troppo spesso, però la vergogna la provo quando vedo i ragazzini che annegano o muoiono di fame. Il pudore, invece, lo sento come qualcosa di molto più intimo. Non è sicuramente legato a un’immagine, altrimenti non farei quello che faccio. Direi che il pudore sono i sentimenti, sono il cuore. Tutto quello che ad esempio sento per mia moglie, Rosa, grazie alla quale sono riuscito a mantenere il mio equilibrio. Una donna che ti capisce e che ti sorride e che ti lascia libero. Che ti fa andare a lavorare, appunto, con un bellissimo sorriso. E quando torni a casa, sai comunque che puoi contare su di lei.
TORRE: Ancora una volta, credo che tutto sia relativo a una forma di consapevolezza. La vergogna, il sentimento di sentirsi ridotti a oggetto, non passa per il corpo, e di sicuro non è legata in modo necessario al tipo di situazioni che abbiamo descritto. Sono di nuovo d’accordo con Rocco: la vergogna mi pare qualcosa di legato a una mancanza di consapevolezza. Riguarda molti aspetti, ma di certo non può riguardare una condizione di nudità e men che meno il sesso.
«Pudore», invece, mi pare una delle parole più dimenticate della nostra società. Nell’Italia di oggi non esiste alcun pudore. L’idea di non legarlo a un corpo nudo mi pare però necessaria e a tratti indispensabile. Soprattutto, credo che entrambi i termini, vergogna e pudore, non si possano più associare, in nessun modo, alla sessualità e al corpo nudo, ai suoi gesti e ai suoi movimenti, anche a prescindere dal porno. Forse, in qualche modo, la vergogna resta legata alla violenza. Ci si può vergognare per una violenza, questo sì. Ma non per un corpo. Non per un atto sessuale.