IL MONDO DI LARRY - IL FONDATORE DI GOOGLE, LARRY PAGE: I COMPUTER CAMBIERANNO IL NOSTRO FUTURO E IL MODO DI CONCEPIRE IL LAVORO - E ANCHE LA DEMOCRAZIA CAMBIERA' FACCIA...
Richard Waters per “GQ” ripreso dal “Foglio” del lunedì
Una recente riorganizzazione di Google ha affidato la responsabilità di gran parte delle attività aziendali a un suo vice, dando modo a Larry Page di dedicarsi a progetti ancora più ambiziosi. In altre parole, l’Internet company più potente al mondo è pronta a investire nella tecnologia del futuro i proventi del monopolio tra i motori di ricerca. Guardando ai prossimi cento anni, Page dice: «Probabilmente saremo in grado di risolvere molti dei problemi dell’umanità».
eric schmidt sergey brin larry page susan wojcicki e marissa meyer
E passato un decennio dalla ventata di idealismo che aveva accompagnato la quotazione in Borsa di Google, e tutti i discorsi programmatici sul «non fare del male» e sul «rendere il mondo un posto migliore» suonano ora un po’ superati. Il potere e la ricchezza di Google hanno suscitato risentimento e provocato reazioni forti, soprattutto in Europa, dove la società è sotto inchiesta per il modo in cui esercita il suo potere in Rete.
Page, comunque, non si discosta di un millimetro dai principi altruistici e dalle ambizioni smisurate che, in tempi meno sospetti, lui e il co-fondatore Sergey Brin condividevano. «La finalità sociale è il nostro obiettivo primario», dice. «Con Google abbiamo sempre cercato di dire questo. Forse non ci siamo riusciti quanto avremmo voluto».
larry page sull aereo privato jpeg
Neppure la missione di «organizzare il mondo dell’informazione e renderlo universalmente accessibile e utile» è abbastanza per ciò che Page ha in mente in questo momento. L’obiettivo: utilizzare i ricavi degli investimenti pubblicitari per affermarsi nei settori più promettenti del futuro, dalla biotecnologia alla robotica.
Alla domanda se ciò significhi per Google formulare una nuova missione, risponde: «Credo di sì». Ma specifica: «Stiamo ancora cercando di definirla». Nel nostro incontro nella sua società nella Silicon Valley, Page è parso timido, in netto contrasto con la sicurezza ostentata dalla maggior parte dei capitani d’azienda. Inoltre, consapevole della responsabilità che comporta dirigere una società con 55mila dipendenti sempre più sotto i riflettori, sceglie le parole con più attenzione di quanto facesse una volta.
Tuttavia l’ambizione è la stessa, e le sue idee sono sempre di ampia portata – anche se, da buon padre di due figli piccoli, dice di essere diventato più sensibile ad alcuni temi in particolare, come ad esempio l’istruzione. Larry Page è al timone di una delle società più potenti del mondo, in un momento storico in cui l’ondata di progresso tecnologico minaccia di sovvertire i paradigmi sociali ed economici. Google ha obiettivi estremamente ambiziosi, eppure, per quanto possa spendere in nuove iniziative, i guadagni – oggi superiori ai 73 miliardi di dollari – continuano a crescere.
«Siamo in un territorio ancora inesplorato», dice. «Stiamo cercando di orientarci. Come possiamo usare tutte queste risorse e avere un impatto più positivo sul mondo?». Per gli investitori di Google, già in allerta per l’entità delle scommesse a lungo termine della società, potrebbe essere solo l’inizio. Per come la vede Page, è tutta una questione di ambizione – un bene che nel mondo, semplicemente, scarseggia.
A suo dire la Silicon Valley, tuttora epicentro dell’industria high tech, è diventata miope. Gran parte del denaro che affluisce nel settore è attirato dalla promessa di facili profitti derivanti dall’ultimo boom, spiega: «Puoi creare una società Internet con dieci persone e miliardi di utenti. Non ci vuole un gran capitale e si fanno tanti soldi – davvero tanti – perciò è naturale che tutti si concentrino su questo genere di cose».
Page ritiene che solo una cinquantina di investitori sia pronta a puntare su tecnologie davvero innovative, quelle in grado di cambiare nel concreto la vita della maggior parte degli abitanti del pianeta. Né la mancanza di fondi né gli ostacoli tecnici possono frenare le grandi idee; quando si inseguono innovazioni come quelle che lui ha in mente, «il vero motore non è il progresso tecnico, bensì la gente che ci lavora nutrendo delle ambizioni».
I FONDATORI DI GOOGLE SERGEI BRIN E LARRY PAGE
Le istituzioni – i governi, soprattutto – non prestano abbastanza attenzione a queste possibilità: «Gli investimenti potrebbero essere molti di più». Alla domanda se debbano essere le società private, anziché gli Stati, a sostenere i progetti scientifici più lungimiranti e ambiziosi del mondo, ribatte: «Be’, qualcuno deve pur farlo». Figlio di un professore di informatica, Page ha una mentalità da ingegnere. Pare che nelle riunioni interne adori addentrarsi nelle questioni tecniche – la gestione dei centri dati di Google, la spesa energetica o la struttura delle reti di distribuzione elettrica. Per lui non c’è nulla che non si possa migliorare e rendere più efficiente.
Una recente visita a una startup che lavora sulla fusione nucleare l’ha entusiasmato per la prospettiva di una rivoluzione energetica a basso costo. Un’altra startup l’ha sorpreso mostrandogli come sia possibile “leggere” la mente di un soggetto a cui vengono sottoposte delle immagini: «Un gruppo di persone intelligenti e motivate con 50mila dollari può fare grandi progressi. Ma al momento queste realtà sono ancora poche».
SERGEY BRIN E LARRY PAGE FONDATORI DI GOOGLE jpeg
Alcune delle grandi scommesse di Google riguardano settori che Page definisce «marginali» – dove, cioè, le soluzioni tecnologiche sembrano a portata di mano, ma, per qualche ragione, non hanno ancora ricevuto sufficiente attenzione. Cita come esempio le auto senza conducente e le malattie che affliggono gli anziani campo, quest’ultimo, di cui si è occupata sua moglie a Stanford. Oggi, attraverso una nuova consociata, la Calico, Google ha in programma di investire centinaia di milioni di dollari nel settore delle biotecnologie.
«Quando diciamo che faremo una cosa, la gente ci crede, perché abbiamo le risorse per farla. In questo, Google è un’azienda unica». Rispetto agli inizi spumeggianti, però, quando ogni iniziativa veniva accolta da un pubblico adorante con l’indulgenza di un genitore che loda gli scarabocchi del figlio, il progresso tecnologico comincia a suscitare qualche timore. «Credo che la gente ne veda solo il lato distruttivo », commenta Page. «Non pensa che una certa cosa possa rivoluzionare davvero la vita... Non si sente coinvolta nella trasformazione, questo è il problema».
Eterno ottimista quando si parla di tecnologie, è convinto che tutto cambierà. I rapidi progressi nel campo dell’intelligenza artificiale, per esempio, permetteranno ai computer e ai robot di svolgere molte mansioni. Avendo la possibilità di non lavorare, nove persone su dieci «non farebbero ciò che fanno ora».
E se a qualcuno dispiacesse perdere il proprio lavoro? Se la tecnologia l’ha reso obsoleto, sostiene Page, rimpiangerlo è assurdo. «L’idea che, solo per mantenere il posto di lavoro, tutti debbano sgobbare con risultati poco efficienti non ha per me alcun senso. Non può essere la giusta risposta».
larry page sergey brin - Fondatori di Google
Un altro beneficio portato dalla tecnologia sarà l’abbassamento dei prezzi di molti beni e servizi. Si prospetta una deflazione massiccia: «Anche se molti posti di lavoro salteranno, in breve tempo è probabile che ciò sia compensato dalla diminuzione del costo delle cose di cui abbiamo bisogno, un aspetto molto importante di cui non si parla». Le nuove tecnologie, spiega, renderanno le imprese dieci volte più efficienti. A patto che si arrivi a una riduzione dei prezzi: «Penso che le cose che desideriamo per vivere comodamente possano diventare molto, molto più economiche».
Il crollo dei prezzi nel settore immobiliare potrebbe far parte del quadro. Più della tecnologia, servirebbero cambiamenti politici atti a rendere i terreni più disponibili per l’edilizia. Non c’è motivo per cui un’abitazione media a Palo Alto, nel cuore della Silicon Valley, debba costare più di un milione di dollari anziché 50mila dollari, secondo Page.
A molti, l’idea di cambiamenti così radicali nella propria condizione economica potrebbe sembrare illusoria, se non inquietante. La prospettiva di milioni di posti di lavoro resi obsoleti, del valore degli immobili residenziali in crollo e dei prezzi dei beni di uso quotidiano in una spirale deflazionistica appare tutt’altro che paradisiaca.
Ma in un sistema capitalista, sottolinea Page, l’eliminazione dell’inefficienza attraverso la tecnologia deve essere perseguita fino alla sua logica conclusione. «Non puoi sperare che non accada: accadrà di sicuro. Ci saranno sviluppi sorprendenti nell’economia. Quando avremo computer in grado di svolgere sempre più compiti, cambierà il nostro modo di concepire il lavoro. Non c’è modo di evitarlo».
Quando si discute di politica, Page, come molti tecnici, è subito a disagio nel trattare argomenti a cui non si può applicare il rigore della tecnologia. «Credo che queste cose suscitino un’angoscia tremenda, da cui bisognerebbe uscire», dice, anche se non ha molte idee concrete sul come.
«Fare qualcosa in modo diverso a livello di società è molto difficile, e non penso sia un bene. Ci sono domande fondamentali a cui non si pensa. Come organizzeremo le nostre democrazie? È un bel problema. Se consideriamo il livello di soddisfazione della gente, negli Stati Uniti non sta aumentando ma calando. E ciò è molto preoccupante». Riguardo all’Europa e allo scarso supporto dato alle imprese e alla tecnologia, Page commenta: «Credo che molti dei loro problemi dipendano esattamente da questo».
Ma un grosso ostacolo è proprio dentro casa: i limiti di ciò che un’azienda può fare. Page racconta di una discussione che aveva di frequente con Steve Jobs: «Mi diceva sempre: “Fai troppe cose”. E io dicevo a lui: ‘Tu non ne fai abbastanza”». Page argomentava: «A che serve avere tante persone e tanti miliardi se non investiamo per migliorare la vita della gente? Se ci limitiamo a fare quello che facevamo prima e non introduciamo niente di nuovo, per me è un crimine».
L’idealismo non gli impedisce di riconoscere il problema della sua ambizione personale. «Steve aveva ragione quando mi diceva: “Larry, puoi gestire solo un certo numero di cose”». Il suo successo va contro le statistiche che hanno frenato le grandi aziende in passato, specialmente nel settore high tech, in cui pochi leader sono riusciti a fare il salto qualitativo.
«Le aziende più grandi hanno tutte dimensioni simili, almeno in termini di capitalizzazione del mercato», spiega Page, che si rende conto dei limiti contro cui la sua azienda sta già spingendo. «Diciamo che realizzeremo tutte queste cose importanti, ma non ci sono altre aziende che lo facciano».
Ultimamente sembra ci sia stata un’evoluzione nella sua visione di come rompere le barriere invisibili. Google X, il laboratorio interno creato dal co-fondatore Sergey Brin, ha cominciato a supportare nuove grandi idee, con progetti quali i Google Glass. Del costante impegno del socio nell’inseguire le grandi sfide, lui diceva: «Si spinge sempre all’estremo e questo è molto importante».
Oggi Page sta sperimentando la creazione di unità aziendali autonome con l’incarico di costruire nuove grandi imprese sotto l’ala di Google. Oltre a Calicò, ci sarà una divisione di domotica, Nest, e una nuova unità per l’accesso a Internet e all’energia. Negli ultimi due anni Google è stato il più grande investitore di capitale a rischio della Silicon Valley e non c’è alcun modello per il tipo di azienda che vuole diventare.
LARRY PAGE DI GOOGLE CON HILLARY CLINTON
Ma se c’è una persona che ha in sé molte delle qualità necessarie per riuscire in questa impresa è il famoso investitore Warren Buffett. «Quello che stiamo facendo è fornire capitale a lungo termine, paziente». Page ha un’età che ancora gli permette di guardare lontano. Ma, con un’ambizione sconfinata come la sua, la pazienza è forse un’altra questione.