È MORTA STAMATTINA BARBARA MASTROIANNI, 66 ANNI, COSTUMISTA, CREATRICE DI MOBILI, FIGLIA DEL GRANDE ATTORE, DI CUI NON PARLAVA QUASI MAI: ''CHE NOIA I FIGLI CHE PARLANO DEI GENITORI FAMOSI'' - ECCO UNA DELLE POCHISSIME INTERVISTE: ''MIO PADRE ERA UN CIALTRONE, MA BUONO. MI FECE CHIAMARE FAYE DUNAWAY PER CONVICERLA A TORNARE INSIEME. E LEI MI DISSE...''
1. BIOGRAFIA DI BARBARA MASTROIANNI
Dal sito della fondazione Umberto Mastroianni - http://www.fondazionemastroianni.it/
Barbara Mastroianni è nata a Roma il 2 dicembre 1951.
marcello mastroianni flora carabella
Si è diplomata al Liceo Classico e dagli anni Settanta ha cominciato ad interessarsi al design e alla realizzazione di costumi teatrali e cinematografici, entrando nell’ambiente dello spettacolo.
Le prime esperienze le ha fatte con Mauro Bolognini, collaborando con Gabriella Pescucci nei film “Per le antiche scale” e “L’eredità Ferramonti”; poi con Giuseppe Patroni Griffi in una commedia di Viviani – realizzata per il Festival di Spoleto; come aiuto-costumista ha collaborato con la RAI per le “Mani Sporche” di Sartre e con lo Stabile di Genova per “The American clock” di Arthur Miller.
marcello flora e barbara mastroianni
Conosce la costumista Vera Marzot, che la chiama a collaborare in dua spettacoli di Luca Ronconi: un’opera di Ibsen per la RAI di Torino e “L’uccellino azzurro” per il teatro Romolo Valli di Reggio Emilia.
Attraverso lei ha modo di conoscere e in seguito di iniziare a collaborare con la sartoria di Umberto Tirelli – la più famosa sartoria teatrale italiana – con la quale lavorerà alternativamente ad altri impegni.
La Marzot segue, per Tirelli, un laboratorio di giovani – fra i quali c’è anche Barbara – che cura i lavori sui costumi (decorazione degli abiti: pittura, spruzzo, tintura etc.) che la sartoria esegue a mano per le opere teatrali e liriche.
Successivamente collabora, come assistente – costumista, in alcuni film e opere televisive del regista Elio Petri: è un’esperienza molto importante per la sua maturazione e il legame di amicizia e di stima che li lega le dà la forza di creare e continuare il suo lavoro.
marcello e barbara mastroianni
Nel 1983 Maurizio Millenotti la chiama, come aiuto-costumista, nel film di Federico Fellini “E la nave va”; con Gabriella Pescucci collabora nuovamente ne “Il mondo nuovo” di Ettore Scola. Contemporaneamente continua il lavoro con la Sartoria Tirelli: è la possibilità per Barbara di vivere un’esperienza di grande interesse per lo sviluppo del suo lavoro artigianale e artistico.
Intanto matura in lei l’interesse e la curiosità di scoprire nuove tecniche e nuovi motivi.
Dopo un periodo di riflessione scopre il legno e il valore intrinseco e storico che questo materiale e gli oggetti che se ne possono ricavare hanno avuto nella vita dell’uomo.
Oggi – attraverso la tradizione di famiglia e la sua bravura tecnica – realizza dei mobili, che oltre ad essere oggetti funzionali sono anche opere d’arte.
Le ultime mostre personali sono state alla Galleria dei Greci a Roma nel 1990, ed a Parigi nel 1995.
2. «UN CIALTRONE, PERO’ BUONO». INTERVISTA A BARBARA MASTROIANNI
Enrica Brocardo per www.vanityfair.it del 6 aprile 2016
marcello mastroianni faye dunaway
«Perché non ho quasi mai parlato di mio padre? Non mi va. Che noia, questi figli che raccontano dei loro genitori famosi».
Barbara Mastroianni, figlia di Marcello e di Flora Carabella, ha una brutta bronchite. Al telefono, quando la chiamo per fissare un appuntamento, la usa come una ragione in più per non rilasciare interviste. Poi, per fortuna, si lascia convincere. E quando la incontro a casa sua, nel quartiere Prati a Roma, all’ultimo piano dello stesso villino dove è nata e dove i suoi genitori hanno vissuto a lungo, la rievoca immediatamente per farsi scudo di eventuali sentimentalismi: «È per quello che lacrimo. Non è che mi commuovo».
marcello e barbara mastroianni
È ironica, a tratti sarcastica. «Come mio padre. Ma anche mia madre era molto spiritosa».
Quest’anno si celebra il ventennale dalla morte di suo padre.
«Mi manca in certi momenti. Era una persona molto gradevole, con la quale si stava bene. Mi piacerebbe poterci fare una chiacchierata, che so, parlare di un film che ho visto. Era un bravo ascoltatore».
È vero che non andava mai a vedere i film degli altri?
«Se è per quello, neanche i suoi. Quelle rarissime volte che andava al cinema si annoiava e finiva con l’addormentarsi. I film preferiva guardarli in televisione».
Chi frequentava casa vostra quando lei era piccola?
«Poche persone. Paolo Panelli e Bice Valori, che erano amici storici. Registi come Elio Petri, Ettore Scola, Federico Fellini. Li vedeva, ma non spessissimo. Magari una volta al mese, si andava tutti a mangiare qualcosa fuori. Parlava tanto al telefono. Era un maniaco del telefono. Adorava i gettoni, l’ho visto girare con sacchetti pieni. Diceva sempre: “Sono io che devo chiamare. Non mi va di essere cercato”. La domanda: “Dov’eri? Perché non hai risposto?” lo mandava al manicomio».
Era il tipo di padre al quale si chiedono consigli? O al quale si danno?
catherine deneuve chiara e barbara mastroianni
«Da adulta, mi è capitato di domandare il suo parere. Non rispondeva come farebbe un padre ma come un amico. Capitò anche che mi raccontasse questioni sue personali, private. Ma era lui a prendere l’iniziativa. Quando si sparse la voce che stava per nascere mia sorella (Chiara, avuta dalla relazione con Catherine Deneuve, ndr), io avevo vent’anni: non chiesi niente. Fu lui a dirmelo. Era un po’ a disagio. Mentre io, onestamente, non l’ho vissuto come un problema. Neanche allora».
Quando l’ha conosciuta?
«Fin da piccola. Ogni estate andavamo al mare per un mese e lei stava con noi. Papà veniva a trovarci, si fermava qualche giorno, mai più di una settimana, poi ripartiva per impegni di lavoro. Almeno così diceva. La nostra era una famiglia allargata, per usare una definizione di oggi, che ha funzionato benissimo. Anche la Deneuve è sempre stata molto carina. Presente quando serviva, per il resto si è sempre fatta i fatti suoi, non si è mai intromessa».
Parliamo di un’altra storia importante, quella con l’attrice Faye Dunaway. È vero che le chiese di chiamarla per convincerla a tornare con lui?
barbara mastroianni e dante ferretti di rino barillari
«E lei si arrabbiò parecchio. Non se la prese con me, ma col diretto interessato. Se mi metto nei suoi panni, a posteriori, me la sarei presa anch’io: sentirsi chiamare da un’adolescente, be’, non si fa. Ma poverino, le aveva provate proprio tutte. Sperava che sentendo una ragazza giovane che le diceva che papà stava giù, che era dispiaciuto, si convincesse a “dargli udienza”. Allora non me ne resi conto, ma fece una figura orrenda».
Ha sofferto la sua assenza dovuta al lavoro e alle sue relazioni sentimentali?
«Lo so che posso sembrare priva di sentimenti, ma non ho mai patito perché papà non era a casa, non mi portava ai giardinetti. Era simpatico, leggero, amorevole. Non mi ha mai rimproverato. Molto generoso in tutti i sensi. Una volta, c’era anche Chiara, gli dissi: “Ma papà, smettila di darci tutti questi soldi”. Si arrabbiò: “Ma se non li do a voi, a chi li devo dare?”».
Vi ha viziato?
«No. Ma con Chiara è stato più attento, più presente soprattutto. Era più in là con l’età e questo conta. E anche per un senso di colpa nei confronti di questa ragazzina che non era la figlia “ufficiale”. Quando è nata, si è praticamente trasferito a Parigi».
Ha mai capito la scelta di non divorziare?
«Non voleva, diceva che comunque era legato a mamma. Dei due, era lei quella più propensa a farlo. Non so, forse anche per ripicca. Non ho mai pensato: questa donna mi porta via papà. Mi spiaceva per mia madre perché vedevo che ci soffriva».
Molti pensavano che avesse avuto una storia anche con Sophia Loren.
«Mi hanno chiesto parecchie volte se fra loro ci fosse stato qualcosa: assolutamente no. Per lei provava affetto e stima, e sul lavoro erano affiatatissimi, nonostante fossero diversi per abitudini, carattere. Non era il suo tipo di donna».
marcello mastroianni faye dunaway
Suo padre è morto a Parigi. Era con lui quando è successo?
«Ero appena tornata in Italia, quando mi chiamò mia sorella. “Hanno cominciato a somministrargli la morfina. È meglio che torni subito”. Presi il primo aereo possibile. Quando arrivai era morto da un’ora».
Che ricordi ha della sua malattia?
«Durò quasi due anni. Prima un’operazione, poi la chemioterapia, e un secondo intervento (aveva un tumore al pancreas; anche la madre di Barbara è morta di cancro, nel 1999, ndr). Nel frattempo, però, aveva continuato a lavorare: un film e uno spettacolo teatrale (Viaggio all’inizio del mondo di Manoel de Oliveirae Le ultime lune, ndr) fino a quando dovette interrompere perché non si reggeva più in piedi. Non aveva dolori, ma era molto avvilito. I medici avevano interrotto le cure e lo avevano rimandato a casa. A meno di essere scemo, capisci che non c’è più niente da fare».
Voleva continuare a vivere.
«Sì, era molto incacchiato di dover morire. La religione magari aiuta ad accettarlo, ma lui era abbastanza ateo. Alla fine, passava gran parte del tempo davanti alla televisione, guardava documentari sugli animali. Mia sorella era incintissima (di Milo, nato il 31 dicembre 1996, ndr), ma lui si andava distaccando da tutto, anche dagli affetti. Mi disse: “Che faccio, mi affeziono all’idea di un nipotino che non vedrò mai?”».
barbara e marcello mastroianni con flora carabella
A chi è rimasto il materiale che ha lasciato: i premi, le fotografie?
«A me. A parte alcune cose che ha preso Chiara. Stanno qui in casa alla rinfusa. Il disordine l’ho ereditato da mio padre. Sembrava sempre di passaggio. Gli piacevano le belle case, ma lui ci stava pochissimo. All’inizio degli anni Sessanta, volle comprare una villa sull’Appia Antica, con il giardino, la piscina, i cani. Finché il cantiere rimase aperto, era tutto felice. Poi se ne disinteressò. Una camera d’albergo gli andava benissimo».
Allora perché trasferirsi?
«Sei ricco, famoso, pensi: “Faccio un salto di qualità”. Ci abbiamo vissuto dieci anni, poi siamo tornati a Prati. Lui, però, non ne aveva voglia. Un giorno mi portò in piazza Navona. “Vedi là in alto quella terrazza?”. Mi spiegò che c’era un appartamento in vendita. “Il panorama è meraviglioso”. E mamma? “Il problema è lei. Io, invece, vorrei qualcosa di un po’ eccezionale”. In certe cose era un bambinone, in senso buono».
A parte comprare case, che cosa lo divertiva?
«Uscire a cena, con pochi amici, in un buon ristorante. Ridevano, scherzavano, si raccontavano barzellette. E andare in barca. Anche se – e sembra un controsenso – non amava il mare: nuotava malissimo e non gli andava di prendere il sole. Se ne stava a bordo, un bel panorama ed era contento».
Hobby?
marcello mastroianni catherine deneuve
«Neanche mezzo. Gli piaceva lavorare e quando gli capitava di non avere nulla da fare per un po’, smaniava. Prendeva la macchina, andava a trovare il fratello (Ruggero, montatore, morto anche lui nel 1996, ndr), qualcun altro. Un’anima in pena. Non l’ho mai visto seduto su un divano a leggere. Era pigro, ma solo fisicamente. A camminare si stancava subito».
Gli piaceva anche viaggiare.
«Era tutto felice quando gli offrivano di girare un film fuori Roma. Anche solo in giro per l’Italia. All’estero, poi, era il massimo. Cibo diverso, una lingua differente. E il fatto di essere irrintracciabile. Qui era costretto ad abitudini e rituali che dopo un po’ gli rompevano le scatole».
marcello flora e barbara mastroianni a mosca
Lo ha mai seguito da qualche parte?
«Una volta, a Mosca, perché doveva incontrare Nikita Michalkov, un anno circa dopo l’uscita di Oci ciornie. Non c’era niente da mangiare, era disperato. Mi portò in un piccolo supermercato per stranieri, comprammo pane, formaggio, frutta e mise la spesa nel frigobar. Non ha mai fatto il divo, si adattava a tutto, ma che non ci fosse cibo lo irritava. Quel film è uno dei miei preferiti. Il personaggio gli calza a pennello: un cialtrone, però buono».
Mi sono andata a rileggere l’intervista che gli fece Oriana Fallaci, e nella quale lui si descrisse in modo orribile: ignorante, superficiale, vigliacco.
«Mi riesce difficile dire: papà era così. Ma sono certa che qualcuno quelle critiche gliele deve aver fatte. E lui stesso la pensava in quel modo».
marcello mastroianni faye dunaway
Le capita di sognarlo?
«A volte. Lo rivedo com’era a cinquant’anni. E, per quello che può significare, sono sempre sogni allegri. Lui sta bene, è contento».
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