IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - IL CINEMA AVVENTUROSO ITALIANO, IL PEPLUM E IL NOSTRO WESTERN PERDONO UN ALTRO GRANDE PROTAGONISTA: SE NE VA A 88 ANNI MIMMO PALMARA, FORZUTO, CATTIVO, GRAN CAVALLERIZZO, MA ANCHE ATTORE DI TEATRO PER LUCHINO VISCONTI E PERFINO MAESTRO DI DOPPIAGGIO

Cagliaritano, ufficiale di cavalleria, con un grande fisico da lottatore, e una faccia dura da cattivo, fa il suo esordio nel cinema con piccoli ruoli negli anni’50: Inganno di Guido Brignone, Senso e Le notti bianche di Luchino Visconti, Marisa la civetta - Nel peplum ha un piccolo ruolo da lottatore in Attila di Pietro Francisci nel 1954... -

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Marco Giusti per Dagospia

 

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Il cinema avventuroso italiano, il peplum e il nostro western perdono un altro grande protagonista. Mimmo Palmara, forzuto, cattivo, gran cavallerizzo, ma anche attore di teatro per Luchino Visconti e perfino maestro di doppiaggio se ne va a 88 anni. Peccato. Fino a tre anni fa andava ancora benissimo a cavallo. Cagliaritano, ufficiale di cavalleria, con un grande fisico da lottatore, e una faccia dura da cattivo, fa il suo esordio nel cinema con piccoli ruoli negli anni’50: Inganno di Guido Brignone, Senso e Le notti bianche di Luchino Visconti, Marisa la civetta.

 

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Nel peplum ha un piccolo ruolo da lottatore in Attila di Pietro Francisci nel 1954 a fianco di Anthony Quinn e Sofia Loren. Ma poi se la vede direttamente con Steve Reeves nel primo vero peplum italiano, Le fatiche di Ercole, dove è Ifito, per poi diventare Polinice in Ercole e la Regina di Lidia. E’ Lotar il cristiano nel folle Nel segno di Roma, a fianco di Anita Ekberg e Chelo Alonso, girato segretamente da Michelangelo Antonioni. Palmara lo ricordava svogliato sul set, “Se ne fregava allegramente, non dirigeva gli attori. Quando feci una grande litigata con Jacques Sernas lui ci guardava senza intervenire”.

 

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E’ Aiace nel kolossal La guerra di Troia, dove Steve Reeves è Enea, è buono invece in Il colosso di Rodi di Sergio Leone, dove assisterà a un brutto incidente con un leone che stava sbranando il domatore. Di Leone diventerà uno degli amici più intimi negli anni ’60. Diventa Achille nell’Ulisse televisivo di Franco Rossi.

 

E’ buono anche in Ercole contro Roma e in Golia e il cavaliere mascherato, mentre è cattivissimo in I dieci gladiatori e in I due gladiatori di Mario Caiano, il film dove molla due sberloni a Moira Orfei, la solita perfida regina cattiva. Ricordava Moira “ Mimmo mi mollò due sberloni in faccia che mi fecero volare per alcuni metri. Gli urlai inferocita: Io con te non ci lavorerò più!”.

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Bei tempi. Per Steve Della Casa, però, i duoi due peplum più importanti sono Ercole alla conquista di Atlantide di Vittorio Corrafavi, dove è Astor, il guerriero modello (biondo!) che viene clonato come prototipo di una simil razza ariana nazistoide e Gli invincibili tre di Gianfranco Parolini, dove è un falso Ursus che viene facilmente smascherato.

Nel western prende il nome di Dick Palmer per non farsi troppo riconoscere e spara parecchio. Incontra ovviamente gli stessi registi che aveva incontrato nel peplum.

 

Gianfranco Parolini lo lancia come protagonista di Johnny West il mancino, mezzo indiano cherokee che spara solo con la sinistra, ma con qualche trucco anche con la destra. Il film viene citato nel capolavoro brasiliano O Bandido das luz vermelha di Rogerio Sganzerla. Il suo amico leone lo vuole per Per un pugno di dollari, ma il film non parte e sceglie di girare il film gemello, più ricco, Le pistole non discutono di Mario Caiano, dove fa l’antagonista di Rod Cameron, il messicano Santero, che indossa un giubbotto sulla pelle nuda (“così si capisce che l’ha rubato a un morto”).

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Leone un po’ se la prende, anche perché, sosteneva Palmara, erano andati assieme a vedere Yojimbo, il film di Kurosawa che fu da ispirazione per il suo primo western e l’idea del duello pistola-fucile era sua. Palmara diceva anche di aver molto aiutato Leone con i produttori, Papi e Colombo, che non erano affatto convinti del film di Leone. Tra i pochi veri cavallerrizzi del nostro cinema e con una faccia dura, un po’ immobile, da sardo nato a Cagliari, Palmara interpreta spesso l’indiano.

 

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E’ Mangus Durango, capo apache cattivo in La spina dorsale del diavolo di Burt Kennedy. E’ Indian Joe in Black Jack con Robert Woods, uno dei primi western girati nel deserto israeliano con una caldo atroce. Ma lo troviamo anche in E lo chiamarano Spirito Santo, Padella calibro 38, E venne il tempo di uccidere. Incontra di nuovo Steve Reeves nel suo unico western, Vivo per la tua morte di Camillo bazzoni, un disastro, rovinato proprio da Steve Reeves truccato come Ercole e incapace di muoversi senza far vedere i muscoli. Inoltre raccontava Mimmo che Steve Reeves “Era anche tirchio da morire. La volta che mi offrì un caffé e lo raccontai, la troupe non ci voleva credere.”

 

In Per 1000 dollari al giorno di Silvio Amadio incontra una sciroccata Anna Maria Pierangeli, che “voleva tutti gli uonini del cast attorno a lei”, e ancora faceva finta di piangere la morte di James Dean. E’ il “bello” nella parodia francocicciesca Il bello, il brutto, il cretino di Gianni Grimaldi. Con Franco e Ciccio lo troviamo anche in I due figli di Ringo e in Franco e  Ciccio sul sentiero di guerra. 

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Con la fine del cinema avventuroso non ha più grandi ruoli, ma è molto attivo nel doppiaggio. I primi film che doppia con la sua stessa società sono gli western Execution e  Black Jack. Interpreta anche un telefilm diretto da Dario Argento, Il vicino di casa. Avrà qualche particina anche negli anni’80, ma il suo ultimo vero film di genere è La rivolta delle gladiatrici di Steve Carver con Pam Grier nel 1974 dove è Rufinio, l’allenatore.

 

Da quando era morte sua moglie, due anni fa, non era più lo stesso Mimmo Palmara che abbiamo consociuto in tutti questi anni, sempre allegro, forte e disponibile. Pronto a sparare con la sinistra e a menare con tutte e due le mani.

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