Marco Giusti per Dagospia
un treno per durango mario caiano
Da anni era ricordato come il regista di Le pistole non discutono, il film gemello di Per un pugno di dollari di Sergio Leone. In realtà Mario Caiano, che se ne è andato ieri a Roma a 82 anni, grande professionista, grande memoria del nostro cinema, era davvero molto, molto di più. Regista di una trentina di film di ogni genere, dal peplum all’horror, dal poliziesco al thriller, dal decameroneide al nazi, è nel western che si specializza maggiormente.
Anche perché si trova a dirigere giovanissimo, ancor prima di Leone, i primissimi proto-spaghetti western in coproduzione con la Spagna, come Il segno di Zorro, Il segno del Coyote, Duello nel Texas nei primi anni ’60. Nato a Roma nel 1933, un ragazzino rispetto ai maestri del genere del tempo, figlio del produttore Carlo Caiano, entra giovanissimo nel cinema come assistente di Sergio Grieco, Fernando Cerchio, Camillo Mastrocineque, perfino Edgar G. Ulmer.
Il suo primo film da regista è un peplum, Ulisse contro Ercole, ma si sposta presto in Spagna nel mondo dei primissimi spaghetti western. E’ lì che impara davvero a girare un western, assieme a un vecchio produttore americano come Harry Joe Brown, che cercava di rifare i grandi classici degli anni ’30 in Spagna, da Capitan Blood a Zorro, ai mitici sceneggiatori-produttori spagnoli che si inventano un genere, come José Mallorqui, Eduardo Manzanos, José Maesso, a personaggi trasversali del cinema di genere come Nat Wachsberger.
Dirige lo sfortunato figlio di Sean Flynn, partirà per il Vietnam e scomparirà nel nulla, in Il segno di Zorro, dirige un vecchio arnese messicano, Fernando Casanova, in Il segno del Coyote, dirige un po’ di peplum di diverso livello, da Ulisse contro Ercole a Goliath e la schiava ribelle a I due gladiatori. Finisce anche nel genere vichingo con Erik il vichingo, con Guliano Gemma biondissimo, prodotto dal mitico Luigi Mondello, celebre per la frase “i firmi mica so fiaschi che si abbottano”. Ma soprattutto salverà, girando le scene d’azione e i duelli, un piccolo western coprodotto dalla Jolly Film di Papi e Colombo, Duello nel Texas, che rilancerà il genere che non sembrava così fortunato.
“Aveva battuto tutti gli incassi con 400 milioni a Canicattì”, ricordava Sergio Leone. E per questo la Jolly si decise a mettere in piedi un film di serie A, Le pistole non discutono, affidandolo proprio a Caiano e un film gemello, Per un pugno di dollari, affidandolo a Leone. A Caiano verrà affidato un vero attore americano di western, Rod Cameron. E’ di lui, e non di Clint Eastwood, che si diceva “ha due espressioni, con il cappello e senza”. Caiano ha sempre sostenuto che non era vero che il suo set era tanto più ricco di quello di Sergio Leone, Per un pugno di dollari.
mario caiano la svastica nel ventre
Era vero però che i due film erano stati costruiti insieme, sia a livello di coproduzione italo-ispano-tedesca, sia a livello di sceneggiatura, scenografia, musica, armi. Anche qui ci sono Massimo Dallamano direttore della fotografia e la musica di Ennio Morricone. Leone non conosce l’inglese, così è Caiano che va a prendere all’aeroporto lo sconosciuto Clint Eastwood. Allora, fra i due attori americani, la vera star era Rod Cameron, non il più giovane Clint.
Il film di Leone, però, è una bomba che esplode immediatamente e lancia il genere in tutto il mondo, mentre quello di Caiano, che uscirà un mese dopo, sembrerà fermo al vecchio modello da piccolo film americano alla Harry Joe Brown. Grazie al padre, Mario riuscirà a dirigere un bellissimo e personalissimo horror con Barbara Steele, Amanti d’oltretomba, con un gran bianco e nero e il romanticismo del tempo.
maciste gladiatore di mario caiano
Poi si lancerà nello spionistico, con Le spie uccidono in silenzio, ritornerà allo spaghetti western a più riprese, con Una bara per lo sceriffo e, soprattutto, col più interessante Un treno per Durango, con Anthony Steffen e Enrico Maria Salerno, che considerava il suo western più riuscito.
le pistole non discutono mario caiano
Prova anche con un film d’autore di serie A, Lovebirds, con grande cast internazionale, Claudine Auger, O.W.Fischer, ma sarà un disastro, col thriller, L’occhio nel labirinto. Nei primi anni ’70 si alterna fra tv e cinema. Sono davvero buoni i suoi poliziotteschi, A tutte le auto della polizia, Napoli spara!, Milano violenta, e sono buone le sue prime serie tv, Un’estate un inverno con Enzo Cerusico, soprattutto Diagnosi, piccolo gialli con Philippe Leroy. Caiano negli anni ’70 gira ogni genere di film, anche un buffo decamerone come I racconti di Viterbury e il porno nazi La svastica nel ventre con Sirpa Lane, che non amava troppo ricordare.
le pistole non discutono mario caiano
Ma è con una di queste buffe variazioni nel genere che torna al successo. Il mio nome è Shangai Joe, infatti, è il primo western-kung fu, molto violento, anzi proprio splatter nella sua versione integrale, e verrà molto amato in tutto il mondo. Lo interpreta un cinese che Caiano scova in una lavanderia e una serie di guest star forti come Klaus Kinksi, Robert Hundar, Giacomo Rossi Stuart.
Fece la sua bella figura nella retrospettiva western a Venezia di fronte a un pubblico entusiasta. Caiano ha lavorato fino ai primi anni 2000, soprattutto in televisione. Una delle sue ultime regie è Io ti salverò, del 2001, con Cristiana Capotondi e Riccardo Scamarcio. Simpatico, colto, intelligente, elegante, sempre disponibile, ci ha raccontato i mille segreti, soprattutto produttivi, di un cinema italiano che oggi non esiste più. Ha pubblicato un libro di memorie cinematografiche e ne ha scritto uno, rimasto inedito, sulla strana figura di B.Traven, il misterioso autore di Il tesoro della Sierra Madre.
i racconti di viterbury di mario caiano mario caiano un treno per durango mario caiano mario caiano i due gladiatori mario caiano la svastica nel ventre i racconti di viterburi mario caiano i racconti di viterburi mario caiano il mio nome e shangai joe mario caiano