Giancarlo Dotto per ''Diva e Donna''
valentino con isabelal biagini
La porta della casa romana di Isabella Biagini nata Concetta è sempre aperta. Senso dell’ospitalità? No, serratura guasta. Non ha i soldi per farla riparare. Settecento euro al mese di pensione le bastano appena per nutrire se stessa e Richard Gere, un barboncino bianco dalle dimensioni di una borsetta per signora, l’estensione trafelata della padrona, la figlia che non ha più, l’amico fedele e testimone di un abisso che non potrà mai raccontare, il mondo da proteggere, il suo bisogno d’essere protetta. I due, una cosa sola. Lei che lo culla, gli parla, lo imbocca, se lo mette per cappello o come scialle. E quando lo vede triste, quasi sempre, gli canta “La vera età ti fa male lo sai…Nessuno ti può giudicare”.
Lei che, a settantadue anni, fa la pagliaccia solo per lui, mentre aspetta di essere sfrattata, l’affitto da pagare, di una casa che non è più una casa, ma la grandiosa discarica di un’anima che perde i pezzi. Attraversare quella porta è un’esperienza sensoriale unica, uno choc visivo e acustico. Il primo istinto è darsela a gambe, mettere tra sé e quel delirio più distanza possibile. Poi capisci la meraviglia e che la cosa giusta è arrendersi, diventare un pezzo di quel caos. Isabella è nuda anche quando sta nel suo pigiamone rosa, da diciassette anni, da quanto è “andata via” la sua Monica per un fulminante cancro al fegato.
Le sue foto ovunque. Bellissima. Truccata da Brooke Shields stile “Pretty Baby”. Nessuna foto di Isabella. Della pupazza bionda, sogno all’asta della caserma che è in noi e fuori di noi, ma anche lo strepitoso clown, il talento bestemmiato. I resti ammucchiati della sua vita da soubrette, nastri, cappelli, scarpe, stracci, un caos nel quale si orienta solo lei, il suo corpo che non è più un corpo ma una trincea, il campo di una battaglia infinitamente persa.
Come il suo letto, dove se ne sta giorno e notte, a galla tra centinaia di oggetti sparsi, cuscini arancio e coperte leopardate, guanti da chirurgo, collari antipulci, una bottiglia di aranciata “zero”, un portacicche argentato, una lampada da campeggio e un misuratore della pressione. Lei e la sua Monica. Dove tutto si mischia, l’incubo e il sogno, la bambina e la vecchia, le voci di dentro e gli scoppi di lacrime che diventano collera, il cimitero e il Bagaglino, nello stesso passo di danza, lei che parte improvvisa con i suoi piedini da bambola cantando “Zum zum zum” o “Brazil tropical” e Richard Gere che gli scodinzola dietro, felice perché lei è felice e lei che finge di essere felice perché lui sia felice, entrambi che scodinzolano nell’insensatezza grandiosa di una felicità inventata.
Isabella Biagini è un’emozione che non s’interrompe. Un fiume carsico che trascina tutta la materia del suo sottosuolo e non vede l’ora di finire nel grande mare.
(voce baritonale) “Sei un infame! Mi vuoi fotografare così, senza denti? Sei cattivo!...A questa povera disgraziata, a questo talento…
(voce di Wanda Osiris) Se vuoi stuzzicare qualcosa, c’è del tacchino arrosto, l’ho comprato da Bulgari…vado in bagno, devo fare mezzo bidet nella vasca.
E’ l’ottavo di questa mattina, ho preso diuretici, trecento di pressione, duecentoquaranta di minima. la stanza che mi girava, sono caduta dal letto. Incubi. Cado sempre dal letto…Ti ho fatto il sugo amatriciano…
(voce di Carmen Miranda, sculettando) Brazil, Brazil…
(voce di Anna Magnani) Tesoro, damme ‘na mano amore…Lo smalto verde? Le mangio le unghie fino alla pelle, anche quelle dei piedi, ma adesso non ci arrivo più, devo fa’ come D’Annunzio, levamme due costole… Non voglio il ricovero coatto. Non posso vedere la gente sofferente e poi dove lo metto Richard?
Richard mi ha salvato la vita. Mi sono accorta solo dopo averlo preso che aveva un testicolo solo. Quando avrò i soldi gli farò fare un testicolo nuovo, giuro…Li portavo a Monica i cani nel trolley. Dovevo convincerla che stava a casa e non in una clinica (piange)…Andavo con la bocca a cuore truccata, lei sapeva che se io mi truccavo e andavo a lavorare, voleva dire che lei stava bene…Monica è andata via nel ’99. Da allora fumo tre pacchetti di sigarette al giorno.
(voce della madre Poldina, costumista di Luchino Visconti). “Apri quella borsa, voglio la sigaretta!...”. Guarda che mani gonfie. E’ la pressione alta. Non si urina. Deve averla anche Richard Gere, quello vero, ha sempre le mani un po’ tonde…Non le vedo più le facce di una volta …C’è rimasto Giancarlo Giannini, lunga vita al re…I grandi vogliono stare soli. Sto rileggendo la vita di Einstein. Lui amava la solitudine…Sogno spesso Massimo Ranieri che mi coccola come una bimba. Tenero, dolce. Lui, la Magnani ed io nello stesso set…Sono una donna del popolo, ma ho tanta puzza sotto al naso.
Tutto è niente, tutto è brutto. Tutto già visto. Questo mio cigno rosa che sono…Mi viene da piangere quando vedo le mie foto da bambina, questa bambolettina con le mani appalloccolate, che sembrava una da marito con cinque figli, e invece niente, tutto questo bailamme. Troppa sofferenza, troppo dolore, troppo tutto, della serie “sterminatela senza pietà”. Mi hanno fatto nera, il nero si addice a Elettra. Ai funerali ci vado in rosa shocking, al mio no, mi sto facendo un abito bianco. Abito bianco con le paillettes.
Quelle che ho usato mi fanno pena, piangenti, buttate chissà in quale cantina…Quando c’è una depressione cronica… Mi sento nella fossa dei serpenti da quando è andata via Monica. Credimi. Credevo di avere un fratello e invece no. Il mio peggior nemico. Estraneo, anaffettivo, ha sfruttato la gallina dalle uova d’oro…Sono stanca, sognavo la vecchiaia, vedevo queste nonnine che mi piacevano tanto, quando facevo i ricami con loro, seduta sul pianerottolo delle scale. Poi hanno cominciato a cercarmi. Il cinema. Rizzoli. De Laurentiis. Non avevo il sacro fuoco dentro.
Lo facevo per mamma. Ho sempre detto “vabbé mamma”, anche per il matrimonio. Io non mi volevo sposare, ma lei, mamma, si voleva buttare dal nono piano…Quei 197 gradini che facevo avanti e indietro. “Concettina vai a prendere l’olio. Le sigarette”. Lo zio ignorante, l’unico maschio di casa. Nonna mi metteva il cuscino nei mutandoni per proteggermi dalla sua cinghia. E io me lo toglievo. “Zio dammele, non mi piace imbrogliare…”. Lui mi picchiava forte con la fibbia.
(al telefono con Renzo Arbore, la voce di Mara Maionchi)…“Tesoro, ma che cazzo facevi ieri con quel colletto rosa che te lo tiravi sempre su?”
(voce di Tina Pica) “Che m’hai portato a fa n’coppa a Posillipo, se poi m’hai mandata al diavolo? Eri ‘nu babà ieri sera in televisione vestito da lord inglese…”…Questa casa. Un manicomio e una chiesa. Questi elefanti che ho sulle spalle fanno male, e poi me li ritrovo la notte, la notte va in giro in cerca dei suoi perché e ti ritrovi in terra. Da quando mi hanno truffato, portato via tutto, le case…
Mi sento da sempre la mamma di tutti, però della gente grande…Quando stavo a Ischia con mamma e Rizzoli, il produttore, e incontravo sempre Silvana Pampanini con il papà. A me che è tanto mancato…Ho cercato di fare da uomo quando è nata Monica. Mi sbattevo di lavoro. Mi nascondevo i soldi sotto i seni dopo le serate. Arrivavano bagnati di sudore. Tutto liquido. Cash. Nero. M’aspettava il terzo marito di mamma. Per prendermi i soldi che aveva perso ai cavalli...
Camillo Caltagirone è stato il mio unico grande amore. Un signore. E’ la prima volta che lo nomino. Ora non c’è più. Eravamo ragazzini. Lui e Francesco, il fratello, ci aspettavano davanti alla scuola. Camillo arrossiva, timido, introverso, mi piacque molto… Avevo il blocco del sesso. A dieci anni fingevo di dormire per ascoltare i grandi. Ho saputo così come era morto mio padre Armando. Tutto Celentano di viso. Tante cose non mi tornavano. Mi dicevano che papà faceva il pilota. Mia nonna Damiana preparava la cena, le lenticchie, il suo accappatoio.
Scriveva i biglietti finti, s’alzava alle tre di notte per sporcare le posate, mettere le briciole. Pensa che lavoro povera donna, per farmi credere che papà era passato…Poi ho saputo. Voleva altri figli. C’era l’Ogino Knaus allora, la luna giusta. Lui apriva il paracadute sempre all’ultimo. L’ultimo lancio gli aveva fatto male. Si sentiva un piatto rotto. Durante l’amore è rimasto sopra di mamma. Morto così. Aveva 24 anni. Da lì, la mia tragedia. Nascevano le tette, il vitino da vespa, una ragazzina elegante, ma soffrivo se mi guardavano…
richard gere con la sua padroncina isabella biagini
Che il sesso ha portavo via mio padre, il sesso è cattivo, il sesso è morte, ha le mani di forbice… Ho saputo fare solo la mamma nella vita. Il resto solo per portare le lire a casa. Non sono la donna delle notti brave, delle tette al vento. Mi hanno rubato l’iradiddio, anche la Sardegna. Tra un po’ non saprò dove andare a dormire. Devo trovare un po’ di soldi per la persona che mi terrà la mano alla fine. Voglio andare via felice. Non posso stare più in questa vita. Non mi piace niente. Sono stata massacrata. Sono stata brava. Buona.
C’è stato l’equivoco. Non avevo un uomo al fianco perché non lo volevo. Pensavo di potercela fare. Mi hanno messo addosso le pecettina, la “svampita”…Non ci sono più le mie amiche. Anna Magnani, Bice Valori, Nora Ricci, Flora la moglie di Mastroianni. Sì, c’è Franca Valeri, ma ha quasi cent’anni. La Lollo lei sì. Si sarà calmata ora. Mi piace ‘sta ciociara scalza…Dove vado? Se vado al bar qui sotto sono guardata perché mi presento con una scarpa diversa dall’altra… Molto amica di Bedi Moratti, grande donna, una santa. Molto sfortunata in amore. I pianti fino all’alba. Altro che Catherine Spaak, una pazza che parla con la erre, ma non si contano.
giancarlo dotto isabella biagini con l'inseparabile richard gere
Lasciamo stare…Lo vuoi un filetto di baccalà?.... Il terzo marito di mia madre che mi spiava dal buco della serratura. Sentivo il suo alito. Una volta ho infilato il ferro della maglia nel buco, gli ho spappolato l’occhio. “Mamma ci credi adesso?...”. …Mi ha invitato Barbara D’Urso, mi dava del denaro, non ci sono andata, avendone bisogno vitale. Quando ti prende la dignità …Non sono mai stata padrona di nulla. Neanche di scegliere mio marito. Houdinì era più libero di me. Sono legata con il filo spinato.
(piange) C’ha ragione Antoine, Se sei buona te tirano le pietre e se sei cattiva le pietre non te le tirano. Vorrei dire a questo fratellastro, basta farmi stare con la goccia cinese, soffrire minuto per minuto. La depressione diventa bella per come la indosso io. Me la pettino, faccio lo shampoo buono così non si ribella… Quando poi ti prendono i dolori alle ossa, una bestia dentro. Apre la bocca e devi dargli da mangiare. Meno male che non m’è preso con l’alcol. Mi fa senso. Oggi capisco le donne che bevono… Né il toy boy. Paura. Senso.
Sono lo stampo che hanno buttato, di quelle donne che fingendo di dormire si facevano penetrare dal marito per procreare… L’equivoco. Il mio fisico attirava gli uomini. I potenti. Uno di loro se lo tirò fuori. Chiedevo una cortesia per Monica. Sapeva di pesce andato a male. Uno schifo…Mi sono messa a piangere. “Non ce la faccio, è troppo forte per me questo…”…Butto due spaghetti?...A casa dei poveri se magna tanto bene…”Sarà capitata anche a voi d’avere una musica in testa…”
(voce di Ornella Vanoni) La musica è finita gli amici se ne vanno… Je suis la bouche della verità…Quella marcia in più che il Signore mi ha dato me l’hanno strappata… Chiedo scusa se nel bagno o un altro di qualche stazione fuori uso troveranno la faccia mia attaccata a un chiodo di un giornale strappato. Chiedo perdono di fumare da diciassette anni… Potessi io levare un cancro a qualcuno. Potessi dare un occhio, un braccio…
Gli arti, le mani non mi servono più. Non ci faccio niente. Sono come anelli di bigiotteria. Lo giuro su quel che resta di Monica. Due ossetti, un po’ di polvere. Un vestito lacero. Gli occhi non ci saranno più. L’ho vestita di bianco, quello che non ha potuto usare sull’altare. Ancora oggi, quando per strada sento chiamare “mamma” io mi volto e penso: è tutto un sogno. Questa parola, mamma, è tanto bella e non tutte la meritano…
Li sento i profumi di mamma, di Monica, di Camillo. Nonna che mi coccola, il suo pannolone nel cellophane sotto il materasso… Basta con i lustrini. Basta con il viale del tramonto io che non ho mai conosciuto l’alba. Datemi un po’ di saggezza. Quella che mi ha fatto sopravvivere…”.
isabella biagini 2 ISABELLA BIAGINI isabella biagini 15 isabella biagini e giuseppe sansonna