1. NULLA SARA' COME PRIMA. ALTRO CHE ELEZIONI LOCALI, ALTRO CHE TEST LIMITATO A DUE SEMPLICI REGIONI. IL VOTO IN EMILIA E IN CALABRIA CAMBIA I CONNOTATI A TUTTI I PARTITI 2. IL FAMOSO PATTO DEL NAZARENO NE ESCE A PEZZI: FORZA ITALIA IN EMILIA ROMAGNA NON HA PRESO NEPPURE IL 9%. IL PARTITO DI BERLUSCONI PAGA UN PREZZO ALTISSIMO ALLA COLLABORAZIONE CON RENZI SULLE RIFORME E ALLA RINUNCIA A FARGLI OPPOSIZIONE 3. L’EX CAVALIERE, ANCHE PER LA SICUREZZA DELLE SUE AZIENDE, NON VORREBBE ROMPERE IL SODALIZIO CON IL PREMIER, MA RISCHIA DI PERDERSI PER STRADA IL PARTITO 4. E RENZIE STESSO POTREBBE DECIDERE DI LASCIAR NAUFRAGARE IL PATTO PERCHÉ È INUTILE LEGARSI A UN BERLUSCONI CHE NON CONTROLLA LE SUE TRUPPE PARLAMENTARI 5. E RENZI ACCELERA SUL VOTO PER NON DARE TEMPO AL “PARTITO CGIL” DI ORGANIZZARSI
Colin Ward (Special Guest: Pippo il Patriota) per Dagospia
1. AVVISI AI NAVIGATI
renzi con la bandana in testa come berlusconi
Altro che elezioni locali, altro che test limitato a due semplici regioni. Il voto di domenica in Emilia e in Calabria ha dato la scossa a tutti i partiti e rischia di cambiare l’agenda politica nazionale. Il famoso Patto del Nazareno ne esce a pezzi per il motivo forse meno prevedibile, quando fu stretto: l’implosione di Forza Italia, che in Emilia Romagna non ha preso neppure il 9%. Il partito di Berlusconi paga un prezzo altissimo alla collaborazione con Renzie sulle riforme e alla rinuncia a fargli opposizione.
L’ex Cavaliere, anche per la sicurezza delle sue aziende, non vorrebbe rompere il sodalizio con il premier, ma rischia di perdersi per strada il partito. E Renzie stesso potrebbe decidere di lasciar naufragare il Patto perché è inutile legarsi a un Berlusconi che non controlla le sue truppe parlamentari. Tanto è vero che Pittibimbo ripete ai suoi che i numeri per l’Italicum, al Senato, ci sono comunque, grazie a un manipolo di ex grillini.
Sarà un caso, ma da domenica sera è anche tornata la voglia di elezioni anticipate dalle parti di Palazzo Chigi. Renzie è pronto a votare con l’Italicum alla Camera e con il “Consultellum” al Senato, in primavera. Lo scopo dell’accelerazione è duplice: non dare tempo al “partito della Cgil” di organizzarsi e sfruttare Matteo Salvini come avversario ideale, visto che al Sud il leader della Lega è quasi assente.
Poi, con un nuovo Parlamento, Renzi affronterebbe con maggiore serenità l’elezione di un nuovo capo dello Stato. Certo, bisogna vedere come la pensa Napolitano su un calendario de genere, ma senza lo scudo del Patto del Nazareno le votazioni per il prossimo capo dello Stato rischiano di essere un calvario e Re Giorgio di sicuro non vorrà lasciare il Parlamento nel caos.
2. FUGA PER LA VITTORIA
Renzi dunque si fa i suoi calcoli e accelera la corsa verso le urne. Repubblica racconta: “Il patto del Nazareno ora rischia di saltare. Renzi: ‘Avanti anche soli, alla palude dico no’. Dopo le elezioni regionali Berlusconi non garantisce la tenuta. Contatti con il premier. Ritorna l’ipotesi del voto anticipato” (p. 2).
Per la Stampa, il premier già si frega le mani all’idea di avere come avversario Salvini: “Renzi canta vittoria e non teme il confronto: ‘E’ l’avversario ideale’. Tra i suoi spunta l’idea di dimezzare le Regioni per ridurre i costi” (p. 3). Anche il Giornale fiuta aria di voto anticipato e scrive: “Senza rivali, cresce la voglia di elezioni anticipate” (p. 3).
I maggiori problemi, Renzie li ha sul fronte sinistro. “Bersani al premier: ‘Accendi troppi fuochi’. L’ex segretario del Pd sfida Renzi sulle cause dell’astensionismo. E alla Camera la minoranza affila le armi sul Jobs Act. Diciassette deputati dem votano un emendamento di Sel sull’articolo 18. Civati: a bocciare la riforma saremo una trentina” (Repubblica, p, 4). Il Corriere analizza il voto così: “La Fiom contro, i pensionati delusi. L’Emilia rossa a caccia dei ‘disertori’. Il partito scosso dal crollo dei votanti. Il commento di Prodi al risultato del voto: ‘Come ti fai il letto, così dormi’” (p. 11). Sul Cetriolo Quotidiano esulta il segretario della Fiom emiliana, Bruno Papignani: “Ci hanno ascoltati, il premier è stato rottamato” (p. 4).
3. ULTIME DA FARSA ITALIA
Situazione fuori controllo nel partito berlusconiano. Corriere: “Berlusconi: ‘Il leader resto io’. Duello con Fitto. Forza Italia nel caos. L’ex premier: non mi faccio condizionare. L’ex ministro: errori clamorosi, azzerare le nomine. Il leader studia il piano di rinnovamento ma i giovani di Villa Gernetto non lo hanno convinto” (p. 8). E nel retroscena di giornata, il giornale diretto da Ferruccio De Bortoli scommette: “Il Cavaliere ‘tradirà’ il Nazareno. In Parlamento il no all’Italicum” (p. 8).
Anche su Repubblica: “Partito in rivolta contro Berlusconi. Risultato sotto ogni aspettativa, non raggiunti nemmeno duecentomila voti. Fitto e decine di parlamentari chiedono l’azzeramento delle cariche. Oggi l’ex Cavaliere alla resa dei conti nel comitato di presidenza.
Il fondatore ha ormai perso il controllo dei gruppi di Montecitorio e Palazzo Madama. Nel mirino degli oppositori sempre il patto con Renzi. Brunetta: ‘Bisogna rivederlo’” (p. 6). La Stampa riporta un virgolettato di Denis Verdini: “Sul Nazareno bisogna prendere una decisione definitiva” (p. 4). Messaggero quasi drammatico: “Forza Italia crolla. Fitto all’attacco. Ira di Berlusconi: sarò più cattivo” (p. 6).
Al Giornale è il momento della fermezza: “’Barra dritta’, la sconfitta non spaventa Berlusconi”. Seguono toni sprezzanti su Fitto: “Nuova puntata del caso Fitto ma i colonnelli fanno quadrato” (p. 2).
4. RUBLI ANTI-EURO
Esplode il caso dell’oro russo dopo il prestito di una banca moscovita al Front National di Marine Le Pen. “Il bancomat di Putin per i nazionalisti d’Europa. In fila anche la Lega. ‘Ogni aiuto ben accetto’ Gli analisti: dall’Ukip all’Afd, strategia per far implodere la Ue. Matteo Salvini è già stato ricevuto: ‘Ma la nostra amicizia con i russi è del tutto disinteressata’”.
Il tesoriere del Front National: “Credito solo da Mosca, in Francia tutte le banche ci hanno chiuso la porta” (Repubblica, pp. 18-19). Interessante anche questa storia che racconta la Stampa: “Alfiere della cristianità. L’ultima mossa di Putin per aggirare l’Occidente. Mosca regala a Parigi l’albero dinanzi a Notre-Dame. ‘Nessun gioco politico distruggerà la nostra amicizia” (p. 15).
5. UN ESPERTO DI TASSE A BRUXELLES
Il presidente della Commissione, Jean Claude Juncker, è alle prese con un voto di sfiducia sul “Luxleaks” che non passerà, ma che gli sta procurando parecchie ammaccature. “Juncker affronta il ‘processo’. La difesa: ‘Ora basta insultarmi’. Il presidente Ue promette il piano grandi opere alla vigilia del voto di sfiducia. L’eurosocialista Pittella: niente dimissioni per non far saltare gli investimenti promessi. ‘Combatterà l’evasione? E’ credibile come Al Capone’, dice Marine Le Pen” (Corriere, p. 13).
La Stampa segnala una convergenza interessante: “Europa, la strana alleanza tra Salvini e i Cinque Stelle. Insieme contro Juncker, ma non è solo un caso” (p. 5).
6. LE MANI DI RENZIE SULLA RAI
Antonio Verro, il consigliere Rai di area Forza Italia che ha scatenato la bufera del ricorso contro il governo, si fa intervistare dal Giornale e lancia l’allarme: “Attenzione al premier, si sta prendendo la Rai. I tagli del governo sono un atto d’imperio. Se si indebolisce il Parlamento è a rischio l’indipendenza di viale Mazzini” (p. 10). La battaglia è appena cominciata e, caso strano, va di pari passo con le urne anticipate.
7. COMPAGNI CHE SBAGLIANO
Lo scandalo delle tangenti Empam nel Lazio minaccia sempre di estendersi. Oggi, pezzo sul Messaggero: “Di Stefano, mazzette per altri politici’. Le indagini sulle tangenti a Di Stefano, l’autista racconta: le borse piene di contanti non erano destinate soltanto al parlamentare Pd. Il fratello di Alfredo Guagnelli, l’uomo di fiducia sparito nel 2009: ‘Mi mostrò un milione, disse che era un prestito dell’assessore’” (p. 17).
8. NON FA SOSTA LA SUPPOSTA
“Una stangata sulle bollette dell’acqua. L’Autorità decide rincari di quasi il 10% nel 2014-2015. L’Adusbef: in media 130 euro in più per famiglia. Il garante Bortoni riconosce più introiti alle aziende di settore ma solo in cambio di investimenti per 4,5 miliardi. Un Paese diviso a metà. Aumenti per 34 milioni di persone, mentre 6 milioni pagano meno” (Stampa, p. 22).