1. OK, RENZI È UN ASFALTATORE PROFESSIONISTA, CHE SI È FATTO UNA DIREZIONE BULGARA IN CUI IERI HA PRESO L’80% DEI CONSENSI CON 130 VOTI A FAVORE. MA CHE TRISTE SPETTACOLO, LE MINORANZE DEL PARTITO. D’ALEMA, BERSANI, FASSINA E CIVATI PROMETTEVANO SFRACELLI E ALLA FINE COM’È ANDATA? I “TURCHI” DI ORFINI HANNO VOTATO CON LA SEGRETERIA, 11 “OPPOSITORI” TRA CUI EPIFANI SI SONO ASTENUTI E CONTRO HANNO VOTATO SOLO IN VENTI TONDI TONDI. UN’OPPOSIZIONE FATTA PIÙ DI GENERALI E COLONNELLI CHE DI TRUPPE 2. ADESSO LA BATTAGLIA SI SPOSTA IN SENATO E LÌ È TUTTA UN’ALTRA STORIA. SULLA CARTA IL GOVERNO HA SETTE SENATORI DI VANTAGGIO, MA UNA QUARANTINA SONO DI OSSERVANZA DALEMIAN-BERSANIANA. SE SI METTONO DI TRAVERSO RISCHIANO DI COSTRINGERE RENZIE A CHIEDERE IL SOCCORSO AZZURRO DELLE TRUPPE BERLUSCONIANE, CHE NON ASPETTANO ALTRO PER POI APRIRE IL PROBLEMA DELLA VERA MAGGIORANZA DI GOVERNO (AVVISATE NAPOLITANO)
Colin Ward (Special Guest: Pippo il Patriota) per Dagospia
1. AVVISI AI NAVIGATI
matteo renzi a chetempochefa 3
Ok, Matteo Renzi è un asfaltatore professionista, che si è fatto una direzione bulgara in cui ieri ha preso l’80% dei consensi con 130 voti a favore. Ma che triste spettacolo, le minoranze del partito. I vari D’Alema, Bersani, Fassina e Civati hanno usato toni forti e promettevano sfracelli e alla fine com’è andata? I “turchi” di Orfini hanno votato con la segreteria, 11 “oppositori” tra cui Guglielmo Epifani si sono eroicamente astenuti e contro hanno votato solo in venti tondi tondi. Un’opposizione fatta più di generali e colonnelli che di truppe.
Renzie può ben festeggiare per come sono andate le cose ieri sera: controlla saldamente il partito e contro ha dei leader che fanno la voce grossa, ma poi non sembrano in grado di condizionarlo davvero. Adesso la battaglia si sposta in Senato e lì è tutta un’altra storia. Sulla carta il governo ha sette senatori di vantaggio, ma una quarantina sono di osservanza dalemian-bersaniana.
Se si mettono di traverso rischiano di costringere Renzie a chiedere il soccorso azzurro delle truppe berlusconiane, che non aspettano altro per poi aprire il problema della vera maggioranza di governo. E’ per questo che anche ieri Giorgio Napolitano ha chiesto cautela a Renzie. Certo è che dopo il voto di ieri in direzione del Pd, nessuno può scommettere sulla compattezza delle minoranze piddine. E questo per Renzie è una buona notizia.
2. RENZI LO SCHIACCIASASSI
Dunque Pittibimbo supera agevolmente lo scoglio della direzione del partito e ora si può concentrare sulla battaglia in Senato. “Scintille nel Pd. Ma Renzi ha l’80%. In direzione gli attacchi di D’Alema. E Bersani: no al metodo Boffo. Il segretario non cede, aperture sul Jobs Act. Alla fine i no sono solo 20” (Corriere, p. 2). “La vecchia guardia è spianata’. Così il leader spacca i dissidenti” (p. 3). Il Corriere comunque ricorda che “in Senato la maggioranza è appesa a 7 voti. La conta sul Jobs Act e la carta del soccorso azzurro” (p. 6).
Repubblica titola a tutta prima: “Articolo 18, vince Renzi” e dentro spiega: “La sinistra cerca la rivincita. Ma il premier: ‘Con me l’80%. La partita è chiusa, adeguatevi” (pp. 2-3). Anche il giornale diretto da Ezio Mauro, però, ammette che le firme sotto gli emendamenti al Jobs Act sono tra le 30 e le 40, “una cifra in grado di mandare abbondantemente in minoranza l’esecutivo, costringendolo a cercare i voti di Forza Italia”. Mentre sul fronte dei “poteri forti”, sempre Repubblica racconta che D’Alema avrebbe incontrato nei giorni scorsi due renziani pentiti come Diego Della Valle e Oscar Farinetti.
La Stampa salta alla prossima battaglia: “Articolo 18, dal Pd sì a Renzi. ‘E adesso sfido i sindacati” (p. 2). Il Messaggero giustamente titola: “Art. 18, vince Renzi: sinistra in tilt” e poi spiega la strategia del premier: “offrire argomenti in grado di dividere organizzazioni sindacali e sinistra” (p. 2). Il Cetriolo Quotidiano mastica amaro e per la prima sceglie: “Renzi sfascia il Pd e vince”. Il Giornale la fa tragica e spara: “Morte del Pd in diretta tv” (p. 1).
3. E NEPPURE I SINDACATI SONO COMPATTI
Come le minoranze del Pd, i sindacati marciano in ordine sparso di fronte alla riforma del lavoro di Renzie. “Cgil-Cisl-Uil, mobilitazione in ordine sparso. Vertice senza accordo finale. Le tre organizzazioni non andranno in piazza insieme contro il Jobs Act e la riforma dell’articolo 18. Renzi le convocherà la prossima settimana: presenterà l’”agenda Landini” con il Tfr in busta paga e un progetto sulla rappresentanza sindacale” (Repubblica, p. 9).
Per la Stampa, “Sindacati divisi, ma Renzi non convince. Cgil e Uil scettiche sulle aperture del premier. La Cisl invece trova ‘interessanti segnali di dialogo’. D’accordo solo nel non barattare le modifiche all’articolo 18 con meno contratti precari” (p. 5). Più drastico il Giornale: “Troppi contrasti: Cisl e Uil mollano la Cgil. Bonanni e Angeletti non andranno in piazza il 25 ottobre contro il Jobs Act. Camusso: “Renzi vago e contraddittorio” (p. 4).
4. L’ABBRACCIO DEL CAINANO
L’ex Cavaliere aspetta al varco l’amico Renzie e prepara la sua strategia: “Berlusconi chiede cautela ai suoi: l’opposizione sia intelligente. Il compleanno e le telefonate di auguri: lunga chiacchierata con Putin. Resta intatta l’offerta di collaborazione al governo sulla riforma del lavoro. Il leader non esclude che la crisi nel Pd porti al voto, ma gli azzurri sarebbero impreparati” (Corriere, p. 13). Sul Giornale l’interpretazione autentica: “Berlusconi non si fida: prima di dire sì al Jobs Act aspetta il testo definitivo. La battuta: non ho colpe se Renzi si è berlusconizzato. Toti perplesso: riforma vaga” (p. 7).
5. IL PASTICCIACCIO BRUTTO DELLA CONSULTA
Questa settimana le Camere riproveranno a eleggere due giudici costituzionali, ma al momento è notte fonda. Repubblica: “Consulta, è ancora stallo su Bruno e Violante. Il Pd vota scheda bianca. Possibili nuove sedute a oltranza. Oggi il voto al Csm: Legnini verso la vicepresidenza, la Bene rischia di uscire” (p. 11).
Intanto il presidente della Consulta, Giuseppe Tesauro, si fa intervistare dal Corriere per dire che “lo spettacolo che stanno dando in Parlamento si riverbera in modo molto negativo sull’immagine della Corte, come se fosse diventata terreno per scorribande politiche” (p. 11). Finge di dimenticare che è sempre stato così.
6. E ALL’ISRALETICO OGNI RIMBORSO ERA UNA (MASTRA)PASQUA
Guai seri per l’ex presidente dell’Inps, il lettiano doc Antonio Mastrapasqua: “Ospedale israelitico, truffe allo Stato. Roma, rimborsi gonfiati in ortopedia e oncologia: una biopsia costava fino a dieci volte di più. I pm acquisiscono le cartelle cliniche, perquisita la Regione. Mastrapasqua è indagato per falso. A maggio, secondo gli inquirenti, il manager aveva saputo in anticipo di un’ispezione” (Corriere, p. 18). Per il Messaggero, “Ospedale Israelitico, lo scandalo si allarga. Perquisizioni dei Nas a Roma: falsificate almeno 2000 cartelle per una truffa di circa 15 milioni ai danni del Servizio sanitario. Nuova inchiesta dopo quella dello scorso febbraio: 10 indagati, coinvolto ancora il direttore Mastrapasqua, ex presidente dell’Inps” (p. 13).
7. ULTIME DA MEDIO-SBANCA
Nuovo cda per piazzetta Cuccia. Ecco come lo racconta il Sole 24 Ore: “Consiglio più snello per Mediobanca. Esce Carlo Pesenti ma il padre Giampiero resta nel patto. Nel 2015 cambio di governance. Più spazio alle donne con la nomina di Comneno alla vicepresidenza. Nagel completa il riassetto di Piazzetta Cuccia. Il board non rispecchia più la storica divisione in gruppi (banche, industriali, soci esteri) ma registra il peso dei singoli azionisti”. A cominciare da Bollorè (prima pagina dorso Finanza & Mercati).
Lettura tutta politica sul Giornale: “Il salotto della finanza decide di restare fuori dalla politica. Mediobanca conferma l’amministratore Nagel: affari e Palazzo non verranno mescolati. Neutrali tra governo e Della Valle. All’istituto interessa che le riforme utili al Paese vengano complicate. Senza la mediazione della banca al Corriere più invidie e litigi” (p. 5).
8. AGENZIA MASTIKAZZI
Paginata della Stampa: “Amal, da sposa perfetta a nuova icona di stile. Clooney e signora hanno lasciato Venezia dopo il sì in municipio, ma c’erano occhi solo per la fascinosa avvocatessa anglo-libanese” (p. 19).
9. MA FACCE RIDE!
Spettacolare autogol dell’ex Garante della Privacy Francesco Pizzetti, che mette su Twitter un messaggino amoroso e poi lo cancella. Ma troppo tardi. Come racconta il Cetriolo Quotidiano, si sprecano i commenti. Da “è anziano e ha fatto casino su Twitter” a “Ma come è possibile che abbia fatto il garante della Privacy?” (p. 8). Già, come è possibile?