Dagoreport
“Credo che guardare Gomorra e poi emulare le gesta dei personaggi sia profondamente improbabile. Ma per una ragione: quei fatti già avvengono. Guardare alle serie televisive come a un ufficio stampa del male è uno sguardo un po' superficiale. Possono al massimo dare spunti a chi ha scelto di essere un criminale. Si torna sempre al punto di partenza: alla realtà che ha fatto fare una scelta del genere.
Il film non può mai essere un'educazione al crimine. La realtà è già oltre, non è la fiction che può indurre qualcuno a intraprendere la strada del crimine nella vita. La materia su cui intervenire è quella realtà, non il film che la racconta. In 'Gomorra - La Serie' noi raccontiamo la realtà così com'è. La nostra finzione perché ovviamente la serie è una finzione, fatta da attori. Non è un documentario”.
gomorra la serie salvatore esposito e marco d'amore
Così pontificava, il 29 aprile scorso, Roberto Saviano presentando alla stampa di mezzo mondo la fiction tratta dal suo bestseller. Ma che cosa dice, oggi, che la Cassazione ha accolto il ricorso della Procura di Napoli contro il “no” alle misure cautelari nei confronti di Matteo De Laurentiis, uno dei produttori della serie tv “Gomorra”, indagato per favoreggiamento al clan Gallo nell'ambito della vicenda del pagamento del “pizzo” per le riprese nella villa del boss Francesco Gallo a Torre Annunziata?
gomorra la serie salvatore esposito alias genny savastano
Resterebbe sempre dell'opinione che “la realtà è già oltre, non è la fiction che può indurre qualcuno a intraprendere la strada del crimine nella vita”? Giusto per chiarire un po' i termini della questione: la Seconda sezione penale della Suprema Corte ha annullato con rinvio al tribunale di Napoli “per nuovo esame” l'ordinanza con la quale il tribunale della libertà, il 20 novembre 2014, aveva negato le misure coercitive per De Laurentiis ed altre cinque persone.
Anche per questi ultimi, la Procura di Napoli ha reclamato in Cassazione contro il “no” all'arresto, ma questa parte del ricorso non è stata accolta dalla Suprema Corte. Riguarda il location manager della società di produzione “Cattleya”, Gennaro Aquino, il produttore Gianluca Arcopinto e tre vigili urbani di Torre Annunziata che avrebbero accettato una mazzetta di cento euro per chiudere una strada e facilitare le riprese.
De Laurentiis era stato sentito dal pm e secondo l'accusa, avrebbe svelato l'indagine sul “pizzo” al clan Gallo pregiudicando li buon esito dell'inchiesta. Ad avviso del gip, però, gli indagati avevano solo lo scopo di proseguire le riprese e mandare avanti la produzione, e non quello di favorire il clan. Per questo il gip non aveva dato il via libera alle misure coercitive giudicando questo comportamento non penalmente rilevante. Con il verdetto dei Supremi giudici, adesso, è da riesaminare la posizione del solo De Laurentiis.
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