Non si può accusare un magistrato di essere "politicizzato". A meno che - ma questo è ovvio - non lo si dimostri con prove concrete. È per questo che l' editorialista del Corriere della sera Pietro Ostellino è stato condannato dal Tribunale di Brescia a risarcire 140 mila euro a due magistrate del collegio giudicante del "caso Ruby".
In un paio di articoli pubblicati a luglio 2013, infatti, il giornalista aveva criticato la condanna ai danni dell' ex premier Silvio Berlusconi (7 anni in primo grado per concussione e prostituzione minorile, poi è stato assolto in Appello e in Cassazione). Nel farlo, tuttavia, aveva semplicemente parlato di "ostilità antropologica di fondo, quasi ai confini del razzismo, da parte di un establishment reazionario, e dai costumi non sempre propriamente esemplari, nei confronti di un outsider sociale e politico discusso, e discutibile quanto si vuole per i propri stili di vita, ma pur sempre votato da milioni di italiani".
In pratica, Ostellino accusava di eversione le giudici che secondo lui avrebbero con quella sentenza, per ragioni politiche, provato a eliminare in via giudiziaria un personaggio contro il quale nutrivano dei preconcetti. Esattamente la stessa argomentazione ripetutamente utilizzata dallo stesso Berlusconi che da vent' anni ritiene di essere vittima di un complotto giudiziario ordito dalle cosiddette "toghe rosse".
Secondo il Tribunale di Brescia, affermazioni di questo tipo non possono rientrare nel diritto di critica poiché non si trattava di semplici valutazioni sull' operato dei magistrati ma di attribuzione di fatti molto gravi. Quindi, sostengono i giudici, il giornalista avrebbe dovuto dimostrarli per poterli utilizzare come presupposto delle opinioni espresse.