PERCHÉ I VIDEO CON I GATTINI CI TENGONO INCOLLATI ALLO SCHERMO? IL SEGRETO E’ NEI “SEGNALI INFANTILI”: SUSCITANO UN DESIDERIO ISTINTIVO DI PROTEGGERE I PICCOLI E AVERNE CURA: “E’ UN MECCANISMO CHE RIGUARDA L’INTERA SPECIE UMANA”
Giuliano Aluffi per “la Repubblica”
SE dovessimo inviare nello spazio un nuovo messaggio per spiegare agli extraterrestri cos’è l’umanità, come abbiamo fatto col Voyager nel 1977, oggi non potremmo evitare di allegare un video con i gattini. È il fenomeno globale per eccellenza: ne esistono oggi su Youtube oltre 2 milioni, che hanno superato in totale i 25 miliardi di visualizzazioni. Dal cartoonistico Nyan Cat (130 milioni di visualizzazioni), all’improvvisato pianista felino “Keyboard Cat” (42 milioni), all’imbronciato Grumpy Cat (oltre 35 milioni di visualizzazioni e da qualche settimana anche una statua al Madame Tussauds).
Ma piacciono molto anche gli animali di altre specie, purché cuccioli come il baby panda che starnutisce (219 milioni di visualizzazioni) o comunque piccoli e teneri, come le star del canale “Tiny Hamster”, veri criceti filmati dentro un mondo in miniatura che riproduce il nostro (passione di oltre 29 milioni di youtubers). Un tale innamoramento collettivo non poteva essere ignorato dalla scienza: cresce il numero degli psicologi che, come Ad Vingerhoets, docente di scienze comportamentali all’Università di Tilburg, cercano nel successo dei gattini le risposte più profonde sul mistero della natura umana.
«Ciò che ci tiene incollati a questi video sono i “segnali infantili” già teorizzati da Konrad Lorenz: le caratteristiche fisiche dei cuccioli - come gli occhi grandi e tondeggianti, la fronte ampia, le guanciotte paffute, la testa grande e gli arti piccoli rispetto al corpo – suscitano negli adulti un desiderio istintivo di proteggere i piccoli e averne cura» spiega a Repubblica Vingerhoets.
«La scienza oggi ci dice che la visione di un bebé, umano o animale che sia, ha il potere di cambiare il nostro organismo: produciamo più ossitocina, l’ormone dell’amicizia e dell’affetto materno, e più dopamina, perché aumenta l’attività nel sistema mesocortico-limbico, ossia il “circuito della ricompensa” che premia quei comportamenti che avvantaggiano la specie. Ecco perché si tratta di un fenomeno universale, che attraversa tutte le culture».
Non solo, ma i video con cuccioli cambiano anche i nostri comportamenti: «L’ossitocina ci rende più altruisti. Inoltre – abbiamo visto - i movimenti si fanno più aggraziati e accurati, e aumenta la capacità di concentrarci. Cala l’attenzione agli aspetti globali di ciò che abbiamo intorno e cresce l’attenzione localizzata: per capirci, passiamo dalla visione della foresta a quella dell’albero» osserva Vingerhoets.
«In pratica vengono potenziate tutte quelle qualità che servono ad avere cura di un soggetto delicato». E quanto più è indifeso, tanto più siamo sopraffatti dalla tenerezza: esperimenti recenti dello psicologo Daniel Kruger dell’Università del Michigan hanno misurato l’attrazione che proviamo per diverse specie di cuccioli, trovando che giudichiamo più “carini” i cuccioli di quelle specie che impiegano più tempo a diventare autosufficienti dopo la nascita. Tra gli effetti collaterali dello sdilinquirsi di fronte a gattini e bebé, uno è sorprendente: l’aumento del rendimento in ufficio.
«Hiroshi Nittono, direttore del laboratorio di psicofisiologia cognitiva dell’università di Hiroshima, ha mostrato che le immagini di cuccioli e bambini rendono più concentrati e produttivi nei compiti di precisione » sottolinea Vingerhoets. «Questo ci offre una buona scusa quando il capufficio ci scopre su Youtube: non stiamo perdendo tempo, ma ricaricandoci di produttività». D’altra parte è difficile resistere ai video “cucciolosi”: i tratti infantili hanno un potere così forte che scatta non solo di fronte a faccine umane o animali, ma anche artificiali, come quelle dei cartoni animati o dei robot: «Per l’evoluzione è più vantaggioso che l’istinto di accudire scatti una volta in più, anche se a vuoto, ossia di fronte a un oggetto inanimato come Hello Kitty, piuttosto che una volta in meno» spiega Vingerhoets.
«Ed è cruciale che questo incanto sia duraturo, ossia che non cali per via dell’effetto psicologico di abituazione. Un neonato necessita di cure per molto tempo: se l’aspetto di uno smartphone può venirci a noia dopo qualche mese, non può succedere lo stesso con i figli, o la nostra specie sarebbe a rischio».
Ecco perché non ci stanchiamo mai dei video di gattini, o di ammirare divertiti BB-8, il robottino dell’ultimo Star Wars, ancora più tondeggiante e grazioso del suo predecessore, il già “infantile” R2-D2. I robot badanti del futuro saranno in grado - grazie a questi studi sui cuccioli, che Cynthia Brezeal del MIT rivisita in chiave tecnologica - di stabilire un legame affettivo con i loro assistiti. Gli indifesi cuccioli di oggi, insomma, ci fanno più umani e ricambieranno, trasformati in robot, le nostre attenzioni in un vicino futuro: quando saremo noi ad aver bisogno di affetto.