PROVINCIALI PER SEMPRE – NEL 1965 LA TOURNÈE ITALIANA DEI BEATLES NON FU CERTO UN SUCCESSO E LO STESSO VALE PER IL RICORDO DI RAI3 – NON CI SONO RIPRESE DEI CONCERTI PERCHÉ LA RAI DISSE CHE “NESSUNO SI SAREBBE RICORDATO DI LORO” – E ALLA COMMEMORAZIONE DELL’EVENTO CI SI ACCONTENTA DEL FIGLIO DEL SARTO DEI BEATLES
di Aldo Grasso per “Il Corriere della Sera”
Dei famosi concerti italiani dei Beatles, giugno 1965, in Rai non esiste documentazione. Leo Wechter, organizzatore della tournée italiana (poi fondatore del Teatro Ciak), propose alla Rai di riprendere l’avvenimento ma si sentì rispondere: «Non ci interessa, tanto di loro fra quattro mesi non si ricorderà più nessuno».
Adesso, a cinquant’anni di distanza, per ricordare l’evento (a «scaldare il pubblico» c’erano Peppino Di Capri, Fausto Leali, Guidone, i New Dada, le Ombre presentati da Rossella Como e Lucio Flauto) la Rai ha messo in piedi una serata imbarazzante condotta da Fabrizio Frizzi su Rai3, «Chiedi chi erano i Beatles», (giovedì, 21.05).
Ovviamente, il programma ha potuto approfittare della risorsa creativa migliore per queste occasioni, ovvero le immagini d’archivio, di per sé molto evocative e potenti. In assenza di riprese originali, si è fatto affidamento a frammenti conservati dai fan presenti ai concerti, oltre che ad alcuni reportage del periodo dedicati al quartetto di Liverpool.
E questa è stata la parte migliore della celebrazione, l’unica con un qualche senso. Per il resto, grandi dosi di provincialismo e aneddotica (in studio c’era addirittura il figlio del sarto dei Beatles), le cover band di Brescia, Amanda Lear e Catherine Spaak reduce dall’«Isola dei famosi», la conduzione molto generalista di Frizzi, persino Furio Colombo a ricordare il suo incontro con Lennon e McCartney.
Ma Rai3 non poteva inventarsi qualcosa di meglio? In fondo, però, già nel ’65 l’arrivo dei Beatles in Italia ci aveva messo di fronte al nostro provincialismo, con concerti che non furono certo sold out, ben lontani dall’accoglienza di massa ricevuta in altri Paesi.
Nei favolosi Sessanta, mentre il mondo stava cambiando a un ritmo vorticoso, sulla scorta di Londra e New York, in Italia si procedeva a una modernizzazione morbida, timida, al ritmo del Cantagiro. Sembra che ben poco sia cambiato.