Fulvio Abbate per Dagospia
Ho scoperto una straordinaria linea di profumi, Serra & Fonseca. Un prodigio olfattivo di cui dirò ogni bene a breve, ma intanto è bene ascoltiate una minuscola premessa che inquadra colui che la “firma”, Michele Serra.
Ecco, sarebbe per me davvero meraviglioso andare in viaggio insieme a lui, proprio con Michele; penso che se davvero accadesse ne nascerebbe una grande amicizia, e questo nonostante lui assimili la mia persona a una natura da “estremista”(sic), così come, lo confesso, i miei occhi vedono in lui ciò che un tempo si sarebbe detto un “complessato”, rovinato, insomma, dal moralismo di matrice Pci, dove, fin dal segretario di cellula, nessuno avrebbe mai osato pronunciare neppure nei momenti peggiori della giornata esclamazioni salvifiche, se non apotropaiche, quali “sborra” o “bocchino”, e questo in quanto parole ritenute “sporche”, nocive rispetto alla costruzione del consenso e del galateo “civile” da casa-sezione-giornale-comizio.
Eppure sognerei ugualmente di trovarmi in viaggio con Michele, insieme per le strade del mondo. Un po’ come Verlaine e Rimbaud un tempo, pur escludendo l’opzione omosessuale, è certo che ci completeremmo, perfino ridendo d’ogni cosa.
Da parte mia, è certo che cercherei di liberarlo dalle inibizioni, dai ricatti del moralismo, dal Super-io che presso gli ex-comunisti si manifesta ancora adesso con la faccia di Berlinguer che chiede “sacrifici”, sempre lì a dominarlo; nel frattempo, sicuramente, lui porgerebbe a me il rosario della sua ironia, il talento di narratore comico, sostanza in cui resta davvero insuperabile, irresistibile fin dal tempo di “Cuore”.
serra & fonseca -profumatore d'ambiente
Un talento che intendiamoci non si è mai spento e infatti riaffiora settimanalmente nella sua rubrica di “Satira preventiva” su L’Espresso. Immagino perfino noi, lì in camera d’albergo, mentre ci prepariamo al mattino in attesa di raggiungere, metti, cattedrali e mercatini.
A un certo punto, vedendogli tra le dita, cito testualmente, un “prezioso scrigno in legno di noce a forma di ciotolo, ‘firma’ della maison e ulteriore evocazione di rive, fondali e onde che levigano la pietra”, chiederei di cosa si tratti, e lui, a quel punto, amichevolmente mi porgerebbe la confezione del profumo “solido” che ha creato con Giovanna Zucconi, meglio, griffato, Serra&Fonseca, “Ombra”, il nome.
Un istante dopo non potrei fare a meno di informarmi meglio circa le prerogative, metti, di quell’altro profumo che prende invece nome “Eau de Moi”, acqua di me, e questo mentre Michele è ancora sotto la doccia. Temo che dopo avere terminato la lettura del sito della “maison”, la nostra conversazione si arricchirebbe di nuovi interrogativi, ma giudicate voi stessi dopo avere preso atto della prosa che accompagna la fragranza, meglio, la offre all’attenzione di un potenziale acquirente tutt’altro che sprovveduto culturalmente, cominciando, metti, dalle basi minime, da un Bruce Chatwin: “Un nuovo profumo, che è anche una nuova maniera di usare il profumo. Di vivere il profumo, di giocare con il profumo. Eau de Moi è una magnifica fragranza unisex”.
Fin qui tutto normale, pura prosa da “Vanity Fair”, il brivido giunge infatti adesso: “Eau de Moi racconta in maniera ipnotica una natura dalle vibrazioni ancestrali. È insieme rullo di tamburi e canto mistico, è opulenza e astrazione. È materia primigenia (i legni, le terre, il fuoco, il mare) ma ha anche la grazia del paesaggio italiano che le generazioni hanno trasformato in un’opera d’arte”.
Devo confessare che neppure l’inarrivabile spot del bagnoschiuma “Compagnia delle Indie”, con le incantevoli ragazze sotto gli spinnaker a mostrarsi nella danza dei parei, l’asciugamano batik innalzata come “muleta” in attesa dell’ideale fregno nella parte del toro, era riuscito a colpire la mia attenzione in modo così acuminato, allo stesso modo delle istruzioni di questo profumo imperdibile, “d’autore”, ancor meno, per chi ne ha memoria, l’antico “OBAO” o il leggendario “Pino Silvestre Vidal”, con il cavallo bianco al galoppo sulla battigia della libertà.
D’altronde, se così non fosse, la fragranza Eau de Moi non sarebbe, leggo ancora, “costruita tradizionalmente (testa-cuore-fondo): le sue note legnose e ozoniche si diffondono e si rincorrono per onde successive. È Eau de Moi perché ciascuno può ascoltarne a modo suo la musicalità…”.
Ecco, adesso Michele è definitivamente uscito dalla doccia, sta davanti a me, in accappatoio bianco, le iniziali del nostro hotel griffate sul taschino, lo guardo negli occhi e vorrei dirgli chissà quante cose del nostro passato, di quando si diceva “Veniamo da lontano e andiamo lontano…”, mi tornano intanto in mente le rubriche del suo “Cuore”, cominciando da quel “Mai più senza” che idealmente orinava in testa a ogni genere di proposta commerciale, e ancora le foto dedicate ai negozi con i nomi più del cazzo che si potessero concepire, “Botteghe oscure”, rammentate?
Insomma, Michele, cosa è accaduto perché il tuo nome finisse in lizza accanto a brand non meno eponimi come “Eau Sauvage” e perfino “Arrogance”? Davvero il tempo, l’amore, l’amaca, il senso di responsabilità possono fare dono di un così evidente precipizio dei freni inibitori rispetto al senso del limite? E ancora: davvero un profumo, leggo sempre dal sito, come “Macaia” mostra “Note di Testa e Note di cuore”? Contemplando “Alghe Marine, Accordo acquatico, Limone di Sicilia, Timo Bianco”? E perfino “Note di Fondo: legnoso poudré Patchouli, Muschio Bianco, Fava Tonka, Bacche di Vaniglia”?
Michele mio, tu lo sai cosa ci risponderebbe un ragazzo, magari studente d’IPSIA, cioè d’istituto professionale, o piuttosto del “Nautico”, lo stesso che tu incidentalmente hai ritenuto potenzialmente più fragile rispetto al galateo di quell’altro che sa cosa sia esattamente un aoristo, se solo gli chiedessimo se conosce la Fava Tonka? Te lo dico subito, Michele, risponderebbe con un immenso “E ‘sti cazzi?”. E da quel momento il sorriso del mondo intero sarebbe suo, compresa la memoria del tuo, del nostro trascorso “Cuore”. Sia detto con sincera stima e immutato affetto, tuo Fulvio.
P.S.
GIOVANNA ZUCCONI E MICHELE SERRA
Mi segnalano adesso queste parole di tua moglie Giovanna, apparse su “Vogue”: “Mio marito Michele Serra, che ama scherzare, sostiene di essere per Serra&Fonseca quello che George Clooney è per Nespresso. In effetti, fatte le debite proporzioni, è un testimonial. I primissimi libri-profumo contenevano, in effetti, un suo racconto scritto appositamente e intitolato Eau de moi”. E qui anche ogni possibile “E ‘sti gran cazzi”, pronunciato a gran voce da ogni allievo d’avviamento tecnico commerciale, risulterebbe perfino insufficiente.