DAGOREPORT
Prendete carta, penna e calamaio e segnatevi quanto stiamo per raccontarvi: tanto troverete tutto ricopiato sui giornali nei prossimi giorni, spacciato per scoop e anticipazioni esclusive.
Cosa ha spinto all'accelerazione dell'operazione 'Stampa' - 'Repubblica, di cui oggi assistiamo all'atto conclusivo, con un cda del gruppo ''Espresso'' riunito in fretta e furia per decidere i contorni di una fusione che questo disgraziatissimo sito aveva rivelato mesi fa (novembre 2015)?
In una parola, Marchionne. È l'impulloverato italo-canadese ad aver messo John Elkann – che aspettava valori di borsa più propizi per vendere la partecipazione in Rcs senza perdere troppi soldi – davanti a un bivio: ora o mai più. Da sempre ostile ai giochi con l'editoria italiana dell'erede Agnelli (a che serve a una multinazionale un giornale italiano?), adesso Marchionne ha un motivo urgentissimo: la fusione di Fiat-Chrysler (FCA) con un altro produttore di auto.
La casa automobilistica ha in pancia le quote di Rcs, ovvero una società con un debito da quasi mezzo miliardo che si porta dietro la spada di Damocle di un ennesimo aumento di capitale. Una liability, come dicono in modo formale gli americani di General Motors. Un boulet, come dicono in maniera colloquiale i francesi di PSA Peugeut-Citroen.
Disfarsene ora vuol dire mettere a bilancio una minusvalenza, ma anche liberare i conti da un'attività non-core, proseguendo un processo di alleggerimento e consolidamento che va avanti da un decennio.
IL RIASSETTO DELLA GALASSIA AGNELLI
ANDREA AGNELLI MARCHIONNE ELKANN
Giovedì-venerdì scorso Marchionne ha dato il via all'operazione, ma le trattative sono appena entrate nel vivo. In contemporanea, Elkann prepara il riassetto di Exor e dell'accomandita di famiglia, la Giovanni Agnelli e C. S.a.p.az., un fossile societario che però è ancora fondamentale per tenere insieme l'affollatissimo clan.
Ormai gli eredi con micro-quote dell'accomandita sono troppi, e continuano a disperdersi in rami sempre più piccoli e più lontani dall'originale albero genealogico. Elkann sta costituendo un nocciolo duro tra zii e cugini più attivi e fidati, per consolidare il suo ruolo di capofamiglia, e a loro ha chiesto di quali partecipate siano disposti a fare a meno.
ANDREA AGNELLI E BEPPE MAROTTA
La maggioranza ha risposto in coro: i giornali. ''Stampa'', ''Secolo XIX'' e ''Corriere della Sera'' sono un peso societario e gestionale, con uno scarso ritorno d'immagine o potere.
E il giovane Kaky sta creando una nuova società-fondo dove veicolare tutto quello che non è FCA, Ferrari e Partner-Re, la società di riassicurazione che rappresenta il futuro finanziario e non automobilistico della famiglia. La categoria comprende Itedi (Stampa-Secolo), ma anche la Juventus.
La squadra è un grattacapo non solo per i triangoli amorosi di Andrea Agnelli. È pure spaccata su due fronti: da una parte Elkann con il fidatissimo Marotta, dall'altra Agnelli jr. con Giraudo, che fu grande amico del padre Umberto e rappresenta in pieno la vecchia Juve dell'epoca Moggi, un tempo assai sgradito a Elkann. Ma il destino della Juve è per un altro articolo...
LE TRATTATIVE TRA I GRUPPI
Tornando all'operazione 'Repubblica-Stampa', chi sta gestendo le trattative? Da una parte c'è Monica Mondardini, amministratore delegato di Espresso che manterrà la stessa carica anche dopo l'acquisizione del polo torinese.
Dall'altra c'è Maurizio Scanavino, già al vertice della concessionaria di pubblicità Publikompass, oggi direttore generale di Itedi. Fedelissimo di Elkann, dopo la fusione assumerà il ruolo di direttore editoriale del nuovo gruppo.
carlo de benedetti e monica mondardini
Naturalmente, le trattative avvengono seguendo la regola-Craxi, che De Benedetti ha imparato a memoria: ''Entra nella stanza, spegni le luci e picchia chi hai davanti. Poi, accendi la luce e inizia a trattare''. Una classica tecnica poliziotto buono/poliziotto cattivo: la Mondardini viene mandata in trincea, spara cifre irrealistiche e maltratta la controparte. Poi l'Ingengere-generale entra in campo, apre il suo canale diretto con Elkann, e avvicina l'offerta a soglie più ragionevoli (ma sempre più vantaggiose per lui).
LA DIREZIONE DEL NUOVO GIORNALONE
L'impalcatura del nuovo assetto era pronta da tempo. E gli attori non protagonisti, i giornalisti, si erano già fatti i loro calcoli. Li ha fatti Ezio Mauro, che come abbiamo già scritto è stato accompagnato alla porta prima di quanto si aspettasse, per propiziare l'arrivo di Mario Calabresi, perno di tutta l'operazione e garante degli interessi degli Agnelli a Largo Fochetti.
mario calabresi eugenio scalfari
Ma se li era fatti anche Massimo Gramellini. Il vice-direttore della ''Stampa'' aveva promesso fuoco e fiamme se gli fosse stata scippata la direzione del quotidiano torinese ("la mia uscita vale 50 mila copie"), eppure dopo la nomina di Molinari non ha emesso un miagolio.
Ora è chiaro il motivo: arrivare alla direzione della ''Stampa'' due mesi prima della cessione del quotidiano sarebbe stato uno smacco totale. Maurizio Molinari invece non disdegna il suo ruolo di direttore a tempo. Voleva solo tornare in Italia dopo il lungo peregrinare tra Washington e Gerusalemme.
Addirittura, c'è chi mormora dell'esistenza di una lettera d'intenti tra De Benedetti ed Elkann in cui si garantisce il ruolo di Calabresi come direttore anche dopo la fusione tra i giornali. E, sempre in ottica di un futuro remoto, un altro patto tra i due vincolerebbe Elkann a rilevare il controllo del gruppo dopo l'uscita di scena di De Benedetti. Ma finché l'Ingegnere avrà energie e passione per l'editoria, sarà lui a menare le danze.
CHE NE SARÀ DEI QUOTIDIANI?
Come apparirà, in edicola, il frutto di queste operazioni? Al momento, l'ipotesi è questa: ''Repubblica'' rimarrà il quotidiano nazionale. Chi l'acquisterà in Piemonte troverà allegato l'inserto locale ''La Stampa'', mentre i liguri avranno all'interno il ''Secolo XIX''. Che ne sarà dei giornalisti dei tre cartacei, questa è un'altra storia, tutta da scrivere (e non sarà scritta da loro, purtroppo).
C'è poi un quarto incomodo, molto pesante. E' il ''Corriere'', che sta per essere abbandonato da un giorno all'altro dal suo azionista di maggioranza relativa, FCA, che neanche tre anni fa lo considerava una partecipazione ''strategica''.
Per la vendita della quota, poteva mancare il solito Bazoli, padrino di Via Solferino dai tempi dell'Ambrosiano? Il vecchio Abramo delle mie brame ha incontrato molte volte Elkann, che lo ha investito del ruolo di advisor (informale) dell'operazione.
Bazoli avrebbe trovato un candidato volenteroso e disposto a incollarsi la rogna Rcs: è Gianfelice Rocca, presidente di Techint e Assolombarda, uomo forte di Confindustria. Dell'ipotesi Rocca, e della sua idea di fusione ''Corriere-Sole 24 Ore'' per contrastare il nuovo giornalone, si è parlato nelle settimane scorse.
C'è però un ostacolo, non di secondo piano. Da quando Rocca è al vertice degli industriali lombardi, la sua poltrona in Techint è stata di fatto occupata dal fratello Paolo, che fino a quel momento si era concentrato sulle attività sudamericane del gruppo.
Bene, a Rocca fratello non piace affatto l'ipotesi del ''Corriere'': l'editoria è un terreno lontano dall'acciaio (e dalle cliniche) e rischia di essere un'operazione troppo costosa (e sicuramente non redditizia).
Per concludere, c'è una piccola sorpresa: un personaggio che non gradisce affatto l'unione 'Stampa-Repubblica', diversamente da quello che si potesse pensare. E' Matteo Renzi.
Vero, Calabresi è un super-renziano, ma un giornalone grande e solido è molto più pericoloso e difficile da controllare di tre giornali divisi e più piccoli. Ma prima di esaurire le cambiali con De Benedetti (Sorgenia/Vado Ligure) e Marchionne (FCA/Ferrari) un po' di tempo passerà...