IL RISCATTO DELLA SCRITTURA E IL CAZZEGGIO DELLA CULTURA - LO SCRITTORE GIUSEPPE MARCENARO RECENSISCE IL LIBRO DI BUSI E PUBBLICA I LORO SMS: "UN LIBRO CHE INDIGNA D'AMMIRAZIONE. DOVRÒ CHIAMARTI MAESTRO?". "MI BASTA TU SCRIVA UNA RECENSIONE"
1. «LO SCRITTORE? CI LIBERA CON LE PAROLE»
Giuseppe Marcenaro per "Il Secolo XIX"
Mettiamola in questo modo. Un libro come riscatto. Il riscatto della scrittura in un tempo di scempi e di svergolatezze chiamate “romanzi”. Riscatto compiuto da Aldo Busi, un dei rarissimi autori in Italia la cui pagina creata è la dignità dello scrittore. Con il recentissimo “Vacche amiche” (ed. Marsilio, p.178, € 15,00) Busi, l’ostinato fustigatore della forma che diventa coscienza estrema della creatività, assesta la randellata giusta alla paludaccia che è oggi l’italica (e non solo) non storia della letteratura.
aldo busi montichiari lacuinphotowien
L’opera di Busi conferisce orgoglio e dignità alla scrittura. La “narrazione” si rigenera qui con lo stile che “inventa” un’aura oltre le righe, oltre la pagina, oltre il libro medesimo. Crea la vertigo, il superbo “fantasma” che mette in comunicazione autore e lettore. Un testo però non si legge, si “risveglia”. E risvegliare un libro è dare forma all’universo. E valli a cercare oggi i libri che abbiano una forza interiore tale da cancellarsi da se medesimi sotto gli occhi mentre si stanno leggendo.
Trovarle le opere che abbiano un piglio stilistico capace di diffondere una dinamica diffusa capace di coniugare pulsioni mentali, emozionali, estetiche, carnali. E questo essenzial miracolo avviene soltanto quando la scrittura è tanto perfetta da non vedersi più. La scrittura si sente. Il trionfo dell’espressività.
Il libro di Aldo Busi è questa cosa qui. Una “autobiografia non autorizzata” - celia l’autore con uno sbarazzino sottotitolo - che sfida con l’arma del talento l’immondezza del mondo nei suoi intrichi più imprevisti e miserabili, nelle invarigolate trucide, nei traffici più censurabili, nelle dolcezze che hanno affinità con efferate delittuosità.
Un di quei tali “amanti della lettura” che sbirciano libri per passare il tempo, esemplari vagheggiatori di insulse fiction bestselleraie, semmai vorrà cimentarsi con “Vacche amiche”, invano cercherà traverso l’abbagliante stile di Busi un plot. Non troverà la montata panna acida di fatti che vengono proposti come storie raccontate. Le trame… Ma va là... La scrittura di Busi, in questo suo libro, storie e non storie ne evoca milioni.
Celebra l’ordito d’ogni umana esaltante demenzialità: sapienti e scandalose effrazioni, stupidere e diffuse criminalità, gaglioffate, pantagrueliche risate… È la biografia dell’uno che è tutte le biografie. Con un unico personaggio. Che vicende-non vicende tutte comprende: il sublime demiurgo: la scrittura. L’“autobiografia della scrittura”. Esemplare. Moralmente esortativa.
“Vacche amiche” è un libro assolutamente sconsigliato alla esemplar tipa (una per tante) che entrando in una libreria di Treviso (confiteor, testimonianza veridicissima) chiese alla commessa: «Un libro facile, non impegnativo, che non faccia pensare». È questo il drammatico leit motiv che guida la gran marmaglia che cerca scriventi, vagolabili carni fresche sortite dalle demenziali scuole di scrittura creativa.
Dilettanti del nulla. Il mucchio selvaggio che sforna oggetti-libro da ingombrabanconi. In questa dannazione di sgangherate apatie libresche, c’è da augurare la fortuna e l’attenzione che al libro di Busi è dovuta. Rispetto anche, supponendo, in termini di vita, a quale struggimento, a quali torture esistenziali l’autore deve essersi autosottoposto per arrivare al “Punto”.
Il “Punto” alto della creatività. Da non confondere con quello che generalmente pone fine a un libro. Ad ogni buon conto nessun punto conclude mai un capolavoro di scrittura. Che per sua sostanza non ha principio e fine. E pretende soltanto d’essere attraversato.
2. MESSAGGI INTORNO A UNA RECENSIONE
Da "Il Secolo XIX"
Pubblichiamo di seguito uno stralcio della chiacchierata elettronica, ovvero lo scambio di sms, intercorso tra Giuseppe Marcenaro, scrittore e critico letterario, e Aldo Busi, il giorno dell’uscita in libreria del suo ultimo libro “Vacche amiche”. La richiesta di recensione del romanzo da parte dell’autore diventa pretesto per una riflessione sulla scrittura, sull’uso della parola, sulla letteratura di genere, sull’etica e sull’estetica.
LO SCAMBIO DI SMS TRA ALDO BUSI E GIUSEPPE MARCENARO
GM Ho cominciato a leggere. Più tardi ti dirò. Non ho resistito. Intanto: scrittura che fa male e indigna d’ammirazione. Dovrò chiamarti Maestro?
AB Mi basta tu scriva una recensione.
GM Se per qualcuno volevi diventare memorabile…Beh…
AB Guarda che quando l’ho letto stampato e ormai lontano, anche a me è successo di sentire un formicolio attorno al cranio, un’aureola di scosse e vertigini, credo sia stato scritto contro la volontà non solo mia ma umana, è una trappola più di vita che di morte e non è certo altra vita che volevo. Ame, infine, fa un po’ di paura e rabbia tanta diabolica perfezione, e non c’è una sola falla di stile né uno spiraglio psicologico per scappare e raccontarti una sola bugia, chissà perché uno fa una vita di merda e poi scrive un romanzo così..
GM Dannato libro. Ho dovuto mollarlo per una scritturazione alimentare. Mentre facevo altro continuava a girarmi in testa. Riprendendolo. Per disintossicarmi della scimmia, ho provato a leggerlo al contrario. Dalla fine, intendo. Anche da quel lato funziona. Palle!
AB Palleee? Anche se non è dato sapere qual è la fine di un libro che si prende sin dall’inizio, e fa avanti e indietro dentro e fuori con intermittenti, improvvise e brutali sveltine magari per settimane, non darti tante arie solo perché ne hai una in più. Arrivi tardi: prima di te c’è stato Bartolomeo Colleoni.
GM Onorato (solo per le palle) dall’essere assimilato al Colleone, tritesticolo. In più, mi stimo, acuta botta di lettore (edonisticamente tignoso!) di aver finalmente tra le mani un libro vero (se fossi un ruffiano direi capolavoro). A onore di una scrittura che è a un tempo personaggio e autore. La “solitudine” dell’opera nella sua imperturbabile bellezza. In più impagabili risate…E dai...
AB Infine, che cosa si intende dire quando si dice che uno scrittore predilige la parola? Che qualsiasi contenuto... personaggi, trama, filosofia, critica sociale, etica civile, “messaggi”…non ha alcuna autonomia e valore acquisiti di per sé, ma che deve ogni volta farsi largo con i gomiti e il loro olio intrinseco per darsi verità e credibilità, che ogni “sostanza” dipende dalla sua forma, che questa forma le dà modernità o le toglie valore, e che non esistono contenuti imperituri, dogmatici, rivelati, se non nella religione e nella presa e mantenimento del potere, mai e poi mai in Letteratura.
La qualità della parola, la sua ricerca e ottenimento estetico mai però estetizzante, prevale sulla aprioristica quantità dei concetti. Non esiste alcuna mistica per uno scrittore, neppure quella della parola che, anche se non ha alcun fine predicatorio e ideologico, non per questo è gratuita e libertina, la parola per la parola si situa dalla parte opposta dalla parte dello scrittore: egli usa le parole per liberare le cose, per dare aria rinnovandola a sé e al lettore, per non ingannare l’umanità né scientemente né inconsapevolmente.
Questo intendo dire quando dico che senza etica non c’è estetica, perché occorre un’etica marziale per non cedere alla tentazione delle frasi fatte e delle parole facili, consolatorie, a carretta di valori e di contenuti tanto portati avanti quanto negletti, schiacciati, traditi, imprigionati nella finta e depistante letteratura di genere.
Bisogna condurre una vita morale integerrima, inattaccabile e irricattabile sin dall’età della ragione per scrivere della vita e degli esseri umani per quello che sono senza fargli né sconti né torto. Comunque, non appena vengo a Genova questi gioielli che il Marcenaro condividerebbe col Colleoni li voglio vedere di persona, anche se probabilmente per allora ne avrà lui stesso organizzato una mostra con catalogo.