ROMA VISTA DA FULVIO ABBATE: “IL DAGOSTALE DI ROBERTO D’AGOSTINO È L’UNICO VITTORIALE CHE LA POSTMODERNITÀ POSSA VANTARE A ROMA. UN MUSEO CHE TESTIMONIA CHE IL SACRO NON ESISTE O CHE TUTTO PUÒ DIVENTARE SACRO”
FULVIO ABBATE - ROMA VISTA CONTROVENTO
Estratto dal libro “Roma vista controvento” di Fulvio Abbate
Il Dagostale di Roberto D’Agostino è assai probabilmente l’unico vero Vittoriale che la postmodernità possa vantare a Roma. Un magazzino, un museo, un catasto, un campionario, una piazzale Loreto di oggetti pronti a testimoniare che il sacro davvero non esiste o, in ogni caso, che tutto, ogni cosa, può diventarlo, anzi, lo è: assodato che il mondo è stato rovinato da un farabutto cinico chiamato Andy Warhol, l’inventore della pop art e dunque d’ogni genere di bigiotteria mentale.
Intorno alla sacra presenza del padrone di casa lì intento al lavoro davanti al computer, come in un mondo di stalattiti fantasmagoriche, ecco la riproduzione della Madonna del Riposo accanto alla bambola gonfiabile violata da un dildo a forma di banana. L’antro di D’Agostino racchiude infatti questi e mille altri feticci che a breve proveremo a elencare, se non proprio a descrivere nei dettagli come fossimo in presenza di un diluvio mirabile. Ma intanto un po’ di storia non guasta.
Nel 1987, a Villa Miani, pendici di Monte Mario, dove il leader neofascista Giorgio Almirante aveva già varato la sua “Costituente di destra” insieme ai monarchici e al regista di Mondo cane, Gualtiero Jacopetti, si svolse la festa che, dopo il successo di una trasmissione televisiva, Quelli della notte, incoronava D’Agostino perfino come nuova risorsa editoriale.
Si trattava di un libro di plastica, un cuscino da mare o da piscina. Un libro oggi assai ricercato dai collezionisti, pressoché introvabile. La casa editrice Mondadori, nella persona di Paolo Caruso, già curatore dei libri dell’antropologo Claude Lévi-Strauss, non badò a spese invitando tutto il meglio cittadino. Il titolo esatto del volume che quella sera si presentava era Libidine. Guida sintetica ad una vera degenerazione fisica e morale.
Per trovarlo adesso non resta che ricorrere a Maremagnum, il sito di rarità online, preceduto da questa nota:
“20 pagine non numerate, in plastica, con velina di protezione. Singolare legatura in plastica, ill. a colori da Antongiulio Onofri, torso d’ignuda con due tappi a valvola alle copp. (di cui uno all’ombelico) per gonfiarle. Fascetta in plastica in forma di reggiseno Faber da rimuovere. In apposita tasca di plastica trasparente.
Alla cop. post. la caricatura dell’A. dis. da Greg. Immagina lettere dall’archivio di un ginecologo. Un libro eterno, lavabile, sintetico, afrodisiaco, salvagente, sessualmente degradante, non assorbente. Per chi crede nell’amore. Un giocattolo che si può (anche) leggere. Come nuovo. Prezzo: euro 110”.
La lunga citazione riferita al libro-feticcio degli anni ottanta romani serve soprattutto a segnalare appunto, come fosse una sineddoche, ossia la parte per il tutto, la casa-studio del suo autore, Roberto D’Agostino, un sacello, un cenotafio, un bordello di merci postmodern dove l’inventore del sito bestseller www.dagospia.com ha materialmente raccolto, se non realizzato, l’ideale plastico del proprio mondo: c’è l’opera-mosaico di cioccolatini del pittore dell’Arte povera, Aldo Mondino, che raffigura Moira Orfei, ma c’è anche il presepe napoletano, così come il più celebre divano del designer Gaetano Pesce, Sunset in Manhattan.
La stanza da bagno, che abbiamo avuto modo di frequentare sia pure in una toccata e fuga con contrappunto di sciacquone, s’affaccia su Castel Sant’Angelo, e nelle ore notturne, quando il lungotevere trova il riverbero lucente dei suoi lampioni, è forse una delle posizioni migliori per espletare certe pratiche.
Con Dagospia, da alcuni disattenti ritenuto impropriamente un sito di gossip, Roberto D’Agostino ha fornito uno strumento di comprensione del reale politico, culturale e antropologico, con un occhio ulteriore all’economia e alla finanza, di un paese e di una città che si riassumono alla perfezione nella cifra del suo “Cafonal”, la rubrica fotografica e giornalistica, per molti anni affidata agli scatti di Umberto Pizzi e in seguito di Luciano Di Bacco, e ai filmati di Veronica Del Soldà: sorta di tavola sinottica ulteriore della trasformazione di Roma in una grande e ripugnante Ciampino con innesti di sagace cultura affaristico-criminale venata di neofascismo.
Tornando al catalogo, ecco un ritratto di Pio XII sbalzato nel metallo, memorabilia di anni santi, e subito accanto il volto-souvenir di Dracula, ritratti di santi ancora, e di Berlusconi in tutte le fogge; ecco poi articoli incorniciati che mostrano il padrone di casa accanto allo storico dell’arte Federico Zeri, memorabilia dei Rolling Stones e poi magneti d’ogni genere: dai Non correre papà alla Beata Volpicelli, e mutandine di plastica, ed Elvis, e quadri sovietici con gli eroi dell’Ottobre rosso,
personaggi del presepe napoletano di via San Gregorio Armeno, piatti pubblicitari Jägermeister, un altro divano ancora di Gaetano Pesce, bambole pazze, ex voto, crocifissi, nuovamente Cristo e Marilyn, i Simpson accanto alla finestra che si affaccia sul lungotevere; ecco, dettaglio doverosamente familiare, il ritratto ritoccato all’anilina del bimbo Roberto D’Agostino a soli cinque anni, poi la foto dell’ex presidente Cossiga, caro amico di Roberto, in divisa di appuntato dei carabinieri, il tappeto con il volto di Bob Kennedy, il tappeto con l’effigie di Cristo benedicente, ex voto su ex voto, ancora Elvis, fotografie dell’onnipresente padrone di casa quando indossava un grande paio di occhiali tondi da fanatico della moda e del design, la Madonna del Riposo, Cristo e ancora Cristo,
il casco di Dart Fener, personaggio icona di Guerre stellari, rasoi, un “chiodo”, nel senso di giubbotto, che penzola giù dal soffitto, idoli gonfiabili, bambole gonfiabili, cani gonfiabili, santi gonfiabili, ritratti di Mao a ripetizione, crocifissi, teschi messicani ossia calaveras, altre bambole gonfiabili ancora, carta igienica col volto di D’Alema, un Cristo lucente, i Bronzi di Riace fotografati da Gerald Bruneau.
Ecco poi, in un gomito dello studio, la stanza dove operano i suoi collaboratori, anche questa si affaccia sul lungotevere, mentre dal bagno di servizio si vede invece, laggiù, il Vittoriano, alle pareti, accanto allo sciacquone: ritratti di Padre Pio, Madonna nel senso della cantante pop usa, la foto di una feticista dei piedi che si mostra a seno nudo e senza mutandine, gli occhiali di una oculata ragazza da spot, una madonna ancora, un premio ricevuto, una collezione di vhs a luci rosse, l’intero scibile del porno mai filmato, cominciando da Gola profonda, la Madonna del Riposo bis, Mantegna o Carpaccio, uno scaffale ancora di film classici del cinema a luci rosse, ancora copertine, ricevute, articoli, Cristo quater, Santa Cecilia, cuori, tappeti afgani ricamati a mitra e carri armati, ogni genere di artigianato africano, lustrini, una scala a chiocciola interamente decorata, l’effigie di Freddie Mercury, l’Urlo di Munch gonfiabile,
Andy Warhol con il suo Vesuvio realizzato per la mostra napoletana “Terrae Motus”, di nuovo scheletri, il ritratto di Mao nei giorni dei Cento Fiori, globi oculari, mobili di Memphis, mobili Alchimia, mobili Superstudio, e ancora un pannello di Mao durante la rivoluzione culturale con le guardie rosse esultanti, sprizzanti orgasmo rivoluzionario, ancora fotografie di belle ragazze nude, Aldo Mondino con i suoi dervisci, Aldo Mondino ancora con Moira Orfei, poi, sempre Mondino, con la sua rosa realizzata a mosaico componendo 10 100 1000 zollette di zucchero, Pier Paolo Pasolini fotografato da Umberto Pizzi, un grande ritratto di Moana Pozzi nuda, ancora oggetti, scaffali con la riproduzione della “merda d’artista” di Piero Manzoni, pupazzetti di plastica d’ogni tipo, da Marx a Cristo, un crocifisso-grattugia, una celebre foto di Alice B. Toklas e Gertrude Stein, l’universo mondo... I
nfine, su tutto, come abbiamo già accennato, Roberto D’Agostino al lavoro dietro la sua scrivania quasi come San Girolamo nello studio di Antonello da Messina, il quadro che innalza leoni e pavoni.