ROSSELLA D'ARTE - GOOGLE HA SCELTO ALCUNI DEI MUSEI PIÙ IMPORTANTI AL MONDO PER METTERLI IN RETE. PER L'ITALIA SONO STATI SCELTI GLI UFFIZI (GIÀ FATTO), I MUSEI CAPITOLINI (GIÀ FATTO). LA GALLERIA BORGHESE E PALAZZO BARBERINI NON SI RIESCONO A FARE. PERCHÈ? - PERCHÉ GOOGLE NON RIESCE A FAR FIRMARE IL CONTRATTO AL SOPRINTENDENTE DI ROMA ROSSELLA VODRET? - LE DUE INTERPELLANZE DELL'IDV CONTRO LA VODRET NOMINATA DOPO ESSERE STATA BOCCATA A TRE CONCORSI...

1- DAGOREPORT
Google ha scelto alcuni dei musei più importanti al mondo per metterli in rete. Per l'Italia sono stati scelti gli Uffizi (già fatto), i Musei Capitolini (già fatto). Per il Polo Museale Romano la Galleria Borghese e Palazzo Barberini che non si riescono a fare. Perchè?
Perché Google non riesce a far firmare il contratto al Soprintendente di Roma Rossella Vodret? E perché Mario Resca, titolare della direzione generale della Valorizzazione, nicchia? Forse che non sarebbe una valorizzazione, e tra le più ambite, avere questa possibilità?

E perché invece il Polo Museale di Firenze lo ha fatto? Non sarà che a Roma il Soprintendente non gradisce la visibilità dei propri stessi musei?

E quelle mostre fatte in proprio, solo con strutture esterne e studiosi esterni, però spogliando di quadri tutti i musei romani di propria giurisdizione e le chiese, contro le stesse regole che dovrebbe far rispettare e quindi in palese conflitto d'interesse? Mostre dove il nome del Soprintendente, unico referente, compare anche nelle traduzioni in inglese dei pannelli didattici?

In questo modo sono state realizzate le mostre di Palazzo Venezia ("Roma ai tempi di Caravaggio", per la quale sono stati impegnati tutti i capitoli di spesa, anche quelli per gli impianti dei Musei e del personale, costo 3 milioni di euro); "Guercino" (senza neppure un quadro di Guercino romano!); la mostra di Resca a Cuba, quella voluta da Zanardi Landi a Mosca; e poi quella del Museo del Corso, sempre solo opere prese dai musei romani, che "Rozzella" Vodret ha definito nella classifica del Giornale dell'Arte "I meglio e il peggio", "il migliore museo romano".

Forse perchè in carico al presidente Emanuele Emanuele definito dalla stessa, l'anno scorso sulla stessa classifica "il miglior funzionario d'Italia"? Forse che da lui si aspetta qualcosa - chessò? - le Scuderie del Quirinale?

Esistono comunque due interpellanze parlamentari dell'Italia dei Valori contro questo Soprintendente nominato dopo essere stato bocciato a 3 concorsi.


2- L'ENNESIMO INTOLLERABILE CONFLITTO D'INTERESSI: LA CURATRICE CHIEDE I PRESTITI ALLA SOPRINTENDENTE ED ESSENDO LA STESSA PERSONA LI OTTIENE TUTTI - IL SENATORE LANUTTI (IDV) SI CHIEDE COME POSSA RICOPRIRE QUEL POSTO SENZA AVER MAI VINTO UN CONCORSO...
Tomaso Montanari per il "Fatto quotidiano" - del 2 dicembre 2011

Alto tradimento. Roma al tempo di Caravaggio non è solo l'ennesima kermesse caravaggesca promossa da Rossella Vodret nei due anni che sono passati dalla sua nomina a soprintendente di Roma: è letteralmente un atto di alto tradimento, culturale e professionale.

La frenesia caravaggesca della dottoressa Vodret è tale che, al posto del Bacco di Bartolomeo Manfredi, a Palazzo Venezia c'è un cartello che informa che l'opera arriverà solo il 1° dicembre, al ritorno dalla inconsistente mostra su «Caravaggio en Cuba», sempre realizzata su progetto della Vodret. Insomma, per disciplinare il traffico aereo dei Caravaggio movimentati dalla soprintendenza di Roma ormai ci vuole una torre di controllo dedicata.

Ma la cosa più grave di Roma al tempo di Caravaggio è che quasi quaranta opere sacre sono state strappate dagli altari veri che ancora le accolgono nelle chiese per essere esibite a Palazzo Venezia, rimontate su finti altari di finto marmo, in una specie di galleria cimiteriale per cui davvero non c'era bisogno di scomodare Pier Luigi Pizzi.

In questo momento le chiese di Roma sono dunque ridotte ad un colabrodo, anche perché quello di Palazzo Venezia non è l'unico luna park in attività: la stessa Vodret ha, per esempio, autorizzato l'espianto dalla Cappella Cerasi (in Santa Maria del Popolo) e la spedizione a Mosca della Conversione di Paolo di Caravaggio, un atto che distrugge (pro tempore, salvo incidenti) uno dei pochi ecosistemi artistici del tempo di Caravaggio che ci sia arrivato intatto.

E ai musei non va molto meglio: i pochi caravaggeschi dell'appena inaugurato Palazzo Barberini che non sono a Cuba sono stati deportati in Piazza Venezia, e anche la Galleria Borghese e la Corsini hanno pagato un alto prezzo all'ambizione della soprintendente.

D'altra parte, quale sia la considerazione della soprintendenza per i musei, lo dice lo stato del disgraziatissimo Museo Nazionale di Palazzo Venezia, che sembra sempre il parente povero della mostra di turno nello stesso palazzo: un degrado espresso perfettamente dal busto quattrocentesco di Paolo II ridotto a decorazione del guardaroba della mostra.

E sta proprio qua l'alto tradimento: è la soprintendente stessa a lacerare il fragile e unico tessuto artistico romano che è pagata per difendere. In un conflitto di interessi intollerabile, la Rossella Vodret curatrice della mostra chiede i prestiti alla Rossella Vodret soprintendente: e, non sorprendentemente, li ottiene tutti.

Tutto questo per una mostra che non ha nulla - ma davvero nulla - a che fare, non dico con la ricerca scientifica degli storici dell'arte seri, ma nemmeno con un buon progetto di divulgazione. Il presidente della Fondazione Roma, Emmanuele F. M. Emanuele, scrive in catalogo che l'«assunto scientifico dell'esposizione è il confronto tra le due correnti del naturalismo e del caravaggismo»: che, invece, sono la stessa cosa.

Ma non bisogna fargliene troppo carico, perché è davvero difficile capire quale sia, quel famoso assunto: il "tempo di Caravaggio" (morto nel 1610) viene infatti dilatato fino al 1630, dimenticando un secolo di distinzioni storico-critiche e ammannendo al pubblico un polpettone indigeribile.

Fin dalla prima sala (dove tiene banco un confronto, malissimo impostato, tra un capolavoro di Caravaggio e una tela della bottega di Annibale Carracci), la mostra appare dilettantesca, slabbrata, disinformata: una mostra come la si sarebbe potuta fare nel 1922. E nel 2011, con un tavolo pieno di monografie, tre milioni di euro in tasca e una buona ditta di traslochi a disposizione, l'avrebbe fatta meglio un laureando qualunque dei (pessimi) corsi triennali in Valorizzazione dei Beni culturali.

Ciliegina sulla torta, ecco la strizzatina d'occhio al mercato dell'arte. Finalmente tutti possono vedere il quadro lanciato a giugno come un Caravaggio a prova di bomba. L'esame diretto conferma che il Sant'Agostino è un gran bel quadro: ma dipinto trent'anni almeno dopo la morte del Merisi. A parte la curatrice della mostra, il proprietario e la professoressa Danesi Squarzina (che lo ha pubblicato), nessuno crede all'attribuzione a Caravaggio.

Una pattuglia di specialisti autorevoli (tra cui Ursula Fischer Pace) pensa che sia un'opera del cortonesco Giacinto Gimignani, mentre a me ricorda addirittura le primissime prove di Carlo Maratti nella bottega di Andrea Sacchi (1640 circa). Comunque sia, siamo lontani anni luce da Caravaggio: e ora c'è solo da sperare che non si provi a rifilarlo allo Stato italiano per qualche milione di euro .
Non molti sanno che in Senato giace da mesi un'interrogazione in cui il senatore Elio Lanutti (IDV) chiede al ministro per i Beni culturali perché Rossella Vodret ricopra il posto di Soprintendente di Roma senza esser mai riuscita a superare un concorso da dirigente.

Ebbene, dopo il colossale disastro di «Roma al tempo di Caravaggio», la soprintendente di Roma potrebbe prendere in considerazione una soluzione che farebbe risparmiare tempo al Senato e al suo ministro: dimettersi.

 

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