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SI SONO ESTINTI I DINOSAURI, MA NON LA STUPIDITÀ WEB – IL DEMENZIALE DILUVIO DI INSULTI PIOVUTI SULLA TESTA DI SPIELBERG, “ASSASSINO” ALL’EPOCA DI ‘’JURASSIC PARK’’ DI UN TRICERATOPO VISIBILMENTE FINTO

Paolo Di Stefano per il Corriere della Sera

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Si sono estinti i dinosauri, iguanodonti e triceratopi compresi, ma non la stupidità. Questa è la prima morale che si può trarre dal demenziale diluvio di insulti piovuti sulla testa del regista Steven Spielberg colpevole di essersi fatto fotografare, nel 1993, cioè all’epoca di Jurassic Park , sorridente con alle spalle un triceratopo visibilmente defunto.

 

La fotografia, postata su Facebook qualche giorno fa da un certo Jay Branscomb per vedere l’effetto che faceva, ha avuto l’effetto (sperato?) di sollevare le proteste furibonde degli animalisti: «disgustoso» è l’aggettivo più pacato. Per il resto il repertorio di improperi spazia dallo sfumato «uomo spregevole» al più discutibile «assassino». 

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Va da sé che si contano fiumi di interventi: oltre 30 mila condivisioni e seimila commenti. Se il successo (come ormai pare assodato) si misura dai clic e dal numero dei visitatori, non si può negare che l’iniziativa di Branscomb è andata felicemente a segno. Ma quest’ultimo «evento» social-mediatico sintetizza bene un grave problema della comunicazione web: un esempio da antologia di quell’intreccio di ferocia, stupidità e ignoranza che la Rete alimenta quotidianamente, creando un rumore di fondo ormai pressoché assordante per la capacità di diffondersi a cascata nei media. 

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Lasciamo stare per un momento la violenza verbale gratuita a cui rischiamo tristemente di fare l’abitudine. Nel caso (particolare e insieme emblematico) della reazione alla fotografia di Spielberg, si tratta di una stupidità virale talmente vistosa da entrare nella sfera dell’assurdo patafisico.

 

Ennio Flaiano, un sismografo vivente della dabbenaggine universale, lamentava qualche decennio fa i progressi enormi della stupidità, diventata un «Sole che non si può più guardare fissamente», perché grazie ai mezzi di comunicazione si nutre continuamente di nuovi miti ridicolizzando il buon senso e spandendo il terrore intorno a sé.

STEVEN SPIELBERG FOTO DI CHUCK CLOSE PER VANITY FAIR STEVEN SPIELBERG FOTO DI CHUCK CLOSE PER VANITY FAIR

 

Non c’era ancora Internet. Sarebbe interessante averlo tra noi, Flaiano, per sentire la sua opinione di fronte a certe manifestazioni becere su Facebook. In particolare quella di cui stiamo parlando. Perché la sollevazione (pseudo)animalista mostra di non prevedere la regola biologica del passaggio di ere, che comporta la conseguenza banale, per quanto atroce, dell’estinzione dolorosa ma inevitabile di migliaia, forse centinaia di migliaia, forse milioni, di specie animali, vertebrati e no.

 

E di fronte alla ricostruzione cinematografica di un (finto!) ceratopside morto si comporta esattamente come se si trattasse di un criceto o di un cucciolo di panda. 
Insomma, il sacro fuoco della battaglia per la natura si capovolge (per fortuna non sempre) nella negazione del ciclo naturale di lunghissima durata, al punto da proiettare la propria indignazione in un eterno quanto improbabile presente che ignora ogni profondità temporale.

STEVEN SPIELBERGSTEVEN SPIELBERG

 

Come se la bellezza (o la bruttezza) di milioni di anni non fosse passata. Un disturbo cognitivo di massa più che un semplice disorientamento cronologico. Oppure, peggio, per limitarsi a una costatazione più terre-à-terre , crassa ignoranza, vulnus nell’apprendimento elementare, che produce un rapporto surreale con il mondo? 


Di fronte a tanto devastante offuscamento delle minime facoltà critiche, passano in secondo piano un paio di fattori che sarebbero in sé risolutivi nell’ottica del più semplice buon senso. Primo, anche nella vita, come nella letteratura, esiste la fiction ed esiste la non-fiction: lo slittamento da un piano all’altro è un ulteriore preoccupante segno di deficit culturale.

 

Secondo, anzi primo: l’«assassino» Spielberg non ha ucciso nessun animale (e come avrebbe potuto, anche volendo, dare la caccia a un dinosauro?). E questa ovvietà già basterebbe a invitare gli amici su Facebook a misurare le parole, oltre ad aggiornarsi sulle distanze geologiche: il che è indubbiamente più difficile, perché prevede la pratica, vetusta, della lettura e dell’apprendimento. Almeno un’occhiatina meno rapida del solito a Wikipedia. 


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