1 - LA BATTUTA DI PIERACCIONI
Da “la Stampa” - C'è caso che il film filippino di 4 ore fra qualche mese se lo ricordino meno della "smutandata" che ha fatto il red carpet per 4 minuti».
2 - VANZINA: SCELTE COSI’ ELITARIE RISCHIANO DI ALLONTANARE IL PUBBLICO DALLE SALE
Fulvia Caprara per “la Stampa”
A Venezia ha vinto il film del filippino Lav Diaz, «The Woman Who Left», esempio di un cinema d' autore molto elitario, difficilmente proponibile al normale pubblico che frequenta le sale. Che cosa ne pensa?
«La premessa è che non ho visto il film e quindi non posso formulare nessun tipo di giudizio specifico. Però, sulla vicenda, ho una mia precisa opinione che potrebbe farmi apparire molto antipatico, anche nei confronti del direttore Barbera che apprezzo e stimo...».
E cioè?
«Da anni la Mostra di Venezia è considerata un appuntamento molto importante, che ha il grande vantaggio di concentrare su di sé, per settimane, un' enorme attenzione da parte dei media. Un privilegio di cui bisognerebbe tenere conto, cosa che, invece, non mi sembra avvenga».
Perché?
«Chi organizza la Mostra dovrebbe avere uno sguardo più generalista, mettersi anche dalla parte di chi si occupa dell' evento, pubblicizzandolo, dandogli uno spazio così grande, quindi parlando per giorni e giorni di film. Premi come quello di quest' anno non aiutano, anzi....».
Che tipo di effetto possono provocare?
«Invece di fare bene al cinema finiscono per funzionare al contrario, e cioè per allontanare il pubblico. Il pericolo è che la gente vada a vedere l'opera che ha vinto il Leone d' oro a Venezia e che, dopo averla vista, non metta più piede in una sala per due mesi. E questo nuoce, ovviamente, anche ai film italiani. Insomma, una riflessione andrebbe fatta».
Che cosa, secondo lei, dovrebbe cambiare?
«Prima di tutto bisognerebbe fare scelte meno rigorose, premiando film che davvero meritano riconoscimenti. Ho letto di La La Land e ho capito che dev'essere un film bellissimo, perché non ha avuto il Leone d' oro?».
E dire che quest'anno il presidente di giuria era Sam Mendes, regista di campioni di incassi come «Skyfall» e «Spectre», che conosce bene le ricette del successo al botteghino.
«Appunto. Ho l'impressione che dare premi di un certo tipo serva a mettersi la coscienza a posto nei confronti della critica più esigente. È buffo, si fanno film da grandi incassi, poi si va a Venezia e si diventa tutti Eisenstein».
Quest' anno, al Lido, sono tornati in gran numero i film americani e, con essi, i divi che li interpretano. Un segno positivo?
«Sì, ma per salvarsi non basta far arrivare una star da tappeto rosso».
Qual è il maggior rischio che la Mostra, continuando su questa linea, può correre?
«Chi ha la guida della rassegna deve capire che, se non recupera il rapporto con il cinema visto dal pubblico, la Mostra finirà per diventare come il festival di Locarno, ovvero una rassegna di nicchia».
Quale cinema italiano potrebbe andare alla Mostra e invece non ci va?
«Sono convinto che potrebbero essere selezionati tanti film di registi considerati più commerciali, che però sono anche capaci di crescere e di mostrare altre qualità. Il problema è che gli italiani a Venezia non ci vogliono più andare».
In effetti è tradizione veneziana che il film italiani vengano spesso massacrati.
«Infatti, il talebanismo di quel tipo di pubblico mette paura, nessuno può aver voglia di affrontarlo»
3 - BARBERA: LEONE D' ORO LUNGO? SI PUÒ VEDERE IN STREAMING
V.Ca. per il “Corriere della Sera”
Il giorno dopo si discute ancora della vittoria alla Mostra di Venezia del filippino Lav Diaz con The Woman Who Left , quasi 4 ore, in bianco e nero, ancora senza distribuzione. «Mi stupirei se non uscisse nelle sale - dice il direttore Alberto Barbera -. È un autore riconosciuto, certo non è facile e accomodante».
Premiando un film così c' è il rischio di perdersi il ritorno di divi e major americane?
«La durata non è il punto e si può sempre vedere in streaming. Gli americani hanno capito che venire a Venezia è un gioco che vale la candela. Abbiamo avuto film che poi hanno vinto l'Oscar, Gravity, Birdman e Spotlight. Considerano la Mostra una piattaforma per la corsa alle Statuette». «Non credo che premiare un film radicale sminuisca il nostro lavoro. Abbiamo conquistato tutto ciò mantenendo il rigore» dice il presidente della Biennale Baratta.