LA VENEZIA DEI GIUSTI - E ANCHE LEOPARDI È SBARCATO A VENEZIA: “IL GIOVANE FAVOLOSO” È UN RITRATTO SERIO E SENTITO, MA È DIFFICILE NON SFIORARE L’ACCADEMICO, IL BANALE, IL GIÀ VISTO - PER ELIO GERMANO UN CORPO A CORPO MOLTO FATICOSO
Marco Giusti per Dagospia
Venezia 71. Piove e fa freddo. E' arrivato anche il terzo film italiano, "Il giovane favoloso", serio e sentito ritratto di Giacomo Leopardi ideato e diretto da Mario Martone, che lo ha scritto con Isabella de Majo. In qualche modo derivativo del piu' complesso e strutturato, ma non meno ambizioso "Noi credevamo", e' un altro viaggio nella nostra identita' culturale dell'800, che scava sia nei nostri buoni studi liceali e nella memoria collettiva di un paese che, almeno fino agli anni 70, conosceva a mente e amava profondamente i versi di Leopardi.
Al cinema, se dobbiamo riandare con la memoria al giovane favoloso, non possiamo certo scordare il libretto delle sue poesie che il "professore" Georges Wilson si porta dietro nel suo viaggio con Ugo Tognazzi ne "Il federale" di Luciano Salce. Libretto che verra' utilizzato pagina dopo pagina per comporre le sigarette del camerata Tognazzi. Ma non possiamo nemmeno scordare le citazioni della luna leopardesca nel personaggio del poeta Roberto Benigni in "La voce della luna". Per non parlare di Carlo Verdone, che oggi e' chiamato a giudicare il film in giuria, che insegnava "A Silvia" agli extracomunitari all'inizio di "Acqua e sapone".
Difficile mettere in piedi una vita di Leopardi che non sfiori l'accademico, il banale, il gia' visto, e rendere credibile il suo personaggio nella deformita'. Credo che Martone, e il suo meraviglioso direttore della fotografia, Renato Berta, abbiano fatto il possibile per una ricostruzione attendibile, civile, commossa della vita di Leopardi, anche se non e' facile far scivolare questa storia in una macchina di cinema oggi, cosi' lontani dal cinema letterario di un Poggioli o epico di Blasetti.
Anche perche' i tentativi di renderlo moderno di Martone, con la musica del dj tedesco Apparat, Sascha Ring, a volte stridono con le immagini di Berta e l'arrivo del sempiterno Rossini sembrano piu' che provvidenziali e giuste. Per non dire dei sogni e delle situazioni oniriche e fantastiche, la statua di sabbia della Natura Matrigna e l'apparizione dell'ermafrodita napoletano, che non aiutano granche' il film.
E invece proprio la narrazione piana, la gran costruzione della casa paterna a Recanati, la presenza di attori come Massimo Popolizio come padre, il conte Monaldo, e di Isabella Ragonese come sorella, la dolente Paolina, sviluppano quello che tutti cerchiamo, cioe' una vita di Leopardi da studi liceali che ce lo riporti in vita. E capiamo nella sua lotta contro la mediocrita' della vita di provincia quanto la rivoluzione di Leopardi abbia toccato la prima Nouvelle Vague italiana, "Prima della rivoluzione", "I pugni in tasca".
elio germanO giacomo leopardi UN GIOVANE FAVOLOSO
Elio Germano ha il peso di costruire un personaggio difficile, di rendere la sua malinconia e la sua fisicita' via via sempre piu' terribile, all'interno della costruzione visiva di Martone e Berta. Magnifico quando recita senza eccessi teatrali le poesie piu' celebri, si cala in un corpo a corpo col personaggio e con l'italia dell'800 molto faticoso.
Martone lo circonda dei migliori attori teatrali del momento, da Valerio Binasco a Massimo Popolizio, da Michele Riondino, ottimo come l'amico Ramieri, mentre la bellissima Anna Mouglalis e' l'amica Fanny, che non gli dara' speranze. Compare anche, nel suo ultimo film, Veronica Lazar, volto storico del cinema di Bernardo Bertolucci e Michelangelo Antonioni. L'800 e il 900 sembrano oggi cosi' vicini.