Lettera a Giampiero Mughini a Dagospia
Caro Dago, succede che pressoché negli stessi giorni due dei miei amici più cari, l’architetto/designer Gaetano Pesce e il giornalista/scrittore Aldo Cazzullo, lancino un sonante appello affinché sia riconosciuta la superiorità del Femminile rispetto a un Maschile ormai “stanco e corroso”.
Queste ultime sono le parole che stanno in un cartoncino inviato da Pesce a noi suoi amici, ad annunciarci che il 21 di ottobre in Piazza Santa Maria Novella, a Firenze, sarà inaugurata una sua imponente installazione che ribadisce quella superiorità del Femminile di cui ho detto e che da mezzo secolo fa da congegno motore della smisurata creatività di Gaetano, a cominciare dalla sua celeberrima poltrona “Up” disegnata per la B&B e che faceva da simbolo dell’oppressione dell’uomo sulla donna.
Dal canto suo Aldo (Cazzullo) non ci va di mano leggera quanto all’annunciare quella Superiorità. Ho appena cominciato a leggere il suo Le donne erediteranno la terra, un libro che mi pare vada giù a noi che lo leggiamo come una brioche cotta al punto giusta e inzuppata in un latte fresco al punto giusto.
ALDO CAZZULLO LE DONNE EREDITERANNO LA TERRA
E’ questo nostro il secolo, scrive Cazzullo, in cui le donne attueranno “il sorpasso” sull’uomo, dimostreranno nei fatti e in gran quantità di essergli superiori nella vita e nelle professioni. Le aziende dirette dalle donne vanno già adesso meglio delle altre. Due o tre dei leader politici maggiori al mondo sono donne.
Non c’è categoria, mestiere o contesto sociale in cui le donne non emergano. Un tempo c’erano sì delle sarte brave, oggi ci sono scienziate e qualche astronauta. Ci saranno pure, scrive Cazzullo citando Roberto Vecchioni, “donne stronze” ma non saranno mai “stronze come un uomo”.
E tutto questo tenendo presente che le donne italiane hanno avuto il diritto al voto solo nel 1946, che qui da noi ancora qualche decennio fa “il delitto d’onore” non era reato, e altre porcate “maschiliste” del genere.
Sono arrivato alla pagina 45 del libro di Aldo (entro dopodomani lo finisco), e dovrei solo che tacere. Solo che la sua tesi di fondo – e la sua bravura nell’esporla – mi bruciano dentro così tanto, che non ce la faccio più a resistere alla tentazione di avventarmi sulla tastiera del mio computer e rompere le balle a te, caro Dago.
E’ semplice, io alla Superiorità Assoluta e Totale e sempre e comunque delle Donne non credo affatto. Ho purtroppo i capelli bianchi e dunque ne ho viste più di quante ne abbia viste Aldo.
Giorno più giorno meno sono passati circa quarant’anni dal giorno in cui, al romano centro culturale “Mondoperaio” allora diretto da Paolo Flores, stavo chiacchierando di donne e terrorismo e avevo accanto quattro o cinque donne, di cui non faccio i nomi perché l’esser galantuomo è per me una seconda pelle, altro che inferiorità del Maschio.
Stavo dicendo semplice che in fatto di terrorismo “rosso” e di agguati terroristi contro inermi non è che le donne avessero avuto una loro intima gentilezza che le differenziava dagli assassini maschi. Naturalmente ero lì lì per elencare gli episodi, che conosco a puntino completi di nome, cognome e soprannome. In quel preciso momento il pubblico femminile (la stragrande maggioranza dei presenti) scattò in piedi a opporsi alla mia parola.
maria luisa agnese e lina sotis
No, non a opporsi alla mia parola; a togliermela di brutto, a impedire che parlassi. E sebbene tre o quattro ragazze del pubblico (ciao, Lalli Mannarini) volessero invece che io continuassi il mio ragionamento. Nessuna delle donne sedute accanto a me pronunciò una parola in difesa del mio diritto a dire quello che pensavo. Una di loro, era stata a cena a casa mia poche sere prima.
Niente, non ci fu verso di continuare. La sola volta in vita mia che non ho potuto dire quel che pensavo. A quel punto le giornaliste presenti in sala si raccolsero in gruppo a decidere che l’indomani non avrebbero pubblicato nulla di nulla dell’episodio, ahimé così politically incorrect. E’ un episodio piccolo piccolo, certo. Ma serve a capire che non c’è alcuna Superiorità delle donne come predestinata e che verrà confermata ogni volta.
Ci sono le singole persone, ciascuna con un suo nome e cognome. Ci sono i diversi e più contrastanti episodi, ciascuno (o ciascuna) di noi che una volta è in un modo e una volta in un altro, ci sono uomini volgari e stronzissimi (a caterve) ma ci sono anche donne stronzissime. Ne sta parlando uno che più erano stronze e più mi piacevano. Le adoravo.
carla vistarini mita medici intervitate da gino castaldo
Ma non è questo il punto, di quante siano in percentuali le donne sublimi e le donne stronze. Il punto è che mai nella mia nell’incontrare una persona ho “distinto” se si trattasse di un uomo o di una donna.
Ho lavorato con Carla Vistarini, uno dei più bravi autori televisivi degli ultime trent’anni; ho avuto come direttore in un giornale Marilù Agnese; ho avuto come colleghe giornaliste bravissime, caterve; quando sono stato portato in tribunale perché direttore responsabile di “Lotta continua” o perché, più di recente, avevo scritto che gli assassini di Lugi Calabresi non erano venuti dalla luna e bensì dalle file di “Lotta continua”, e perciò mi avevano querelato alcuni ex dirigenti di Lotta continua, a giudicarmi erano talvolta magistrati donne.
BARBARA PALOMBELLI LUDOVICA RIPA DI MEANA
Ogni volta c’era di tutto, donne magnifiche e donne mediocri. Mai una volta nei miei rapporti professionali e di vita ho distinto tra un interlocutore donna e un interlocutore uomo. Ho distinto tra imbecilli e intelligenti, quale che fosse il loro sesso. Sto leggendo un libro/catalogo in onore di Gae Aulenti, ho nella mia collezione alcuni pezzi da lei firmati.
Conta che un tale genio fosse donna o uomo? Certo che conta, ma non ai fini del discorso che stiamo facendo. Non ai fini del “sorpasso”. Non ai fini della comprensione della società in cui viviamo e conviviamo, noi uomini e le adorate donne che a ciascuno di noi hanno riempito dalla a alla zeta la nostra esistenza.
Ciao Barbara Palombelli, ciao Letizia Lorenzini, ciao Ludovica Ripa di Meana, ciao Fiamma Satta, ciao Barbara Costa, ciao Annalena Benini, e tante altre che hanno lasciato talvolta un marchio e talvolta una trafittura. E a non dire delle due donne, una a quattro zampe, con cui vivo.
Giampiero Mughini