Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, uno che stia guardando (e ascoltando) un talk-show televisivo, e anche se ha fatto gli studi tecnici anziché quelli classici, non può avere dubbi. Non può avere dubbi che se il conduttore dello show, il giornalista Massimo Giannini, usa in quel determinato contesto l’aggettivo “incestuoso” _ e questo nel far riferimento alle connessioni possibili tra il governo Renzi e la Banca Etruria di cui è vicepresidente il padre di un ministro del governo _ lo fa in senso metaforico e senza alcuna implicazione offensiva tra le persone.
E a non dire, in punta di fatto, che lo sta facendo non da un qualche piedestallo “michelesantorista” ma nel mentre di una conversazione e di un confronto televisivi in cui gli sta innanzi un deputato del Pd. Il quale, se davvero avesse ritenuto quell’espressione lesiva dell’onore di alcune persone, avrebbe potuto saltargli alla gola. Ciò che non ha fatto minimamente.
E dunque perché questa tempesta in una chicchera del caffè, questa ennesima brutta figura di alcuni uomini del Pd che si mettono a braccare un giornalista, quello che novantanove volte su cento è un atteggiamento suicida e autolesionista? Che ci sta aspettando Matteo Renzi a dire che la sua (eventuale) stima per Giannini (o per un altro che fosse al suo posto) non è scesa di un etto?
Ne sta parlando uno che si dovesse votare altre duecento volte in una situazione politica in cui devi scegliere Renzi aut Salvini aut Grillo aut Meloni aut Civati, duecento volte sceglierò Renzi. Non ho il piacere di conoscere di persona il ministro Boschi. Per quel penso di lei, che sia una donna seria e intelligente, non ci posso davvero credere che lei si sia sentita offesa sul piano personale dall’espressione usata da Giannini. Non ci posso credere che l’una o l’altra paroletta usata in tv possa scatenare una rissa in cui ciascuno recita rigorosamente la propria parte, renziani e antirenziani. La propria prevedibilissima parte in commedia. Tutti. Da morire di noia.
Sono il primo a dire che quando sei in tv devi indossare i guanti bianchi e misurare al millimetro tutto quello che dici. Nessun piedestallo, nessuna scritta sulla fronte a manifestare quanto sei “de’ sinistra” o l’inverso. Michele Santoro era molto bravo ma non era il mio genere; come non lo sono quelli cui si gonfiano le vene del collo mentre straparlano e inveiscono.
E’ la terza volta in una settimana che ci aggrappiamo a una paroletta esibita dalla tv, e come se noi italiani non avessimo sufficienti sciagure con cui fare i conti. Neppure un secondo ho pensato che l’a suo modo elegante toscanaccio Sarri ce l’avesse con “i finocchi”. Gli è scappata una parola dalla gola, e forse era un segno della sua rivalsa sociale nei confronti di un collega azzimatissimo cui tutto è andato bene nella sua vita di giocatore e calciatore, il grande Roberto Mancini.
PIER LUIGI BOSCHI FLAVIO CARBONI
Sono propenso a credere gli volesse dire “fighetto”, poi la lingua è inciampata (sì, si certo, Freud c’entra). Neppure un secondo ho pensato, pur da grande ammiratore (bianconero) di “Marione” nostro Mandzukic che De Rossi ce l’avesse con zingari, e a parte il fatto che Mandzukic zingaro non lo è. Solo che De Rossi non tiene sul suo tavolo da lavoro, come del il resto il 95 per cento dei giornalisti italiani, il “Dizionario dei sinonimi” di Niccolò Tommaseo, un libro sacro che comprai nei miei vent’anni. Propendo a credere volesse dire “nomade”, di un giocatore che è trasmigrato da una squadra all’altra (a differenza di De Rossi) ma non è questo che conta.
La loro era una normalissima baruffa sul campo di due pezzi d’uomini che durante il match se n’erano dette e fatte di tutti i colori. Normalissime baruffe, normalissime malevolenze suscitate dall’adrenalina del campo, normalissimi conduttori che stanno facendo il loro lavoro. Porca miseria, e lo dico in particolare a quelli del Pd, ma ci vuole tanto a capirlo?
Giampiero Mughini