1. I MAGISTRATI COMINCIANO A DARE CREDITO AL FOTOGRAFO CHE DICE DI ESSERE IL TELEFONISTA DEL RAPIMENTO DI EMANUELA ORLANDI, MARCO FASSONI ACCETTI 2. SE COL DNA SI SCOPRISSE CHE IL FLAUTO CHE HA FATTO RITROVARE È PROPRIO QUELLO DI EMANUELA, LA SUA POSIZIONE, SI FAREBBE DIFFICILE, E SI APRIREBBE UN NUOVO FILONE DI INDAGINE, ALL’INCROCIO DI SERVIZI SEGRETI, VATICANO, RAPIMENTI MIRATI 3. IERI A “CHI L’HA VISTO” HA RACCONTATO DI QUANDO INVESTÌ UN BAMBINO, FIGLIO DI UN FUNZIONARIO URUGUAYANO DELLE NAZIONI UNITE, E DELLA SUA CONDANNA PER OMICIDIO

Marco Lillo per "Il Fatto Quotidiano"

L'inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi è a una svolta. Questa frase è stata scritta e ascoltata troppe volte per crederci ancora, ma effettivamente c'è qualcosa di strano e di nuovo nell'ultima accelerazione dell'indagine: c'è un uomo di 57 anni - Marco Fassoni Accetti - che si autoaccusa di avere avuto un ruolo nel sequestro. Poi, visto che nessuno gli crede, porta come prova il flauto di Emanuela e comincia a raccontare trame senza capo né coda che coinvolgono i servizi segreti e il Vaticano.

Ora però dalla sua biografia, grazie all'inchiesta giornalistica che sta conducendo la trasmissione Chi l'ha visto di Federica Sciarelli, si scoprono particolari inquietanti. Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo ieri è andato con la Polizia agli stabilimenti cinematografici De Paolis, il luogo nel quale è stato fatto ritrovare a Chi l'ha visto, da Marco Accetti, a distanza di 26 anni, un flauto identico a quello che la studentessa portava con sé all'uscita dalla sua scuola di musica quando è sparita a Roma.

I pm cominciano a prendere sul serio un personaggio che a prima vista li aveva lasciati perplessi. Lunedì sono cominciati gli accertamenti della Polizia Scientifica per accertare se sul flauto vi siano tracce del Dna di Emanuela. Se davvero si scoprisse che quel "Rampone e Cazzani" è proprio il flauto di Emanuela, la posizione di Accetti, indagato con l'accusa di sequestro di persona aggravato dalla morte dell'ostaggio, si farebbe difficile. Fassoni Accetti ha raccontato di avere avuto un ruolo, quello del telefonista, nel sequestro di Emanuela Orlandi.

All'inizio né i pm né i giornalisti lo stavano molto a sentire e per questo si è fatto accompagnare agli stabilimenti De Paolis facendo ritrovare il flauto. Ieri la trasmissione Chi l'ha visto è tornata a occuparsi della sua personalità istrionica e inquietante. Fassoni Accetti è stato arrestato (e poi condannato per omicidio colposo e omissione di soccorso) perché ha investito con un furgone un bambino di 12 anni, José G., figlio di un funzionario uruguayano dell'organizzazione delle Nazioni Unite, Ifad.

La novità è che il fotografo in quel periodo - poco prima di essere arrestato - contattava anche ragazze dell'età di Emanuela Orlandi per proporre loro servizi fotografici a pagamento.

Accetti il 20 dicembre 1983 era uscito di casa per fare un servizio fotografico. E il piccolo José venne colpito dal furgone, secondo le perizie depositate nel fascicolo, sulla schiena. Accetti è stato condannato solo per omicidio colposo non per omicidio all'esito di un sequestro, come inizialmente si era ipotizzato. Emanuela Orlandi sparisce a giugno, sei mesi prima la morte di José, Mirella Gregori a maggio. Accetti ancora oggi coltiva la sua passione per l'immagine, il cinema, le frasi ad effetto. Sul suo sito c'è la foto di un bambino acciuffato da un adulto a testa in giù.

Il titolo è "Rapimento di M.F.A. (Marco Fassoni Accetti, ndr) ad opera di lavorante nel giardino di un ricco". Poi, tra mille scatti, ci sono anche la foto di un viandante assalito con un coltello e quella di una ragazza che somiglia un po' a Emanuela Orlandi, stesa all'interno di una tomba. E poi scritti come "Mamma! Gridava mamma! Gridò mamma come quando nacque. E la sabbia lo allattò".

Foto e frasi artistiche che oggi gli investigatori scrutano con interesse. Accetti si accusa di avere avuto un ruolo nel sequestro Orlandi e sembra quasi giocare con gli investigatori, come nei film americani stile Seven con Brad Pitt.

Quando aveva 17 anni ha partecipato a un assalto al liceo Tasso di Roma insieme a un estremista di destra, Sergio Mariani, poi diventato famoso perché è stato il primo compagno di Daniela Di Sotto, ex consorte di Gianfranco Fini. La sua partecipazione all'assalto era stata estemporanea. Accetti non c'entrava nulla con Mariani e non faceva parte del Fronte della Gioventù eppure era lì.

Aveva poi militato nei Radicali e secondo il padre (un imprenditore che aveva fatto fortuna in Libia dove Accetti è nato) aveva anche avuto qualche contatto con Lotta Continua. Comunque una testa calda. Grazie alla sua somiglianza con Roberto Benigni, nel 1999 Accetti compare a Domenica in e gli investigatori continuano a studiarlo. Accetti riferisce particolari che difficilmente un estraneo alla famiglia Orlandi potrebbe conoscere e non si riesce a capire come abbia fatto a trovare un flauto identico a quello di Emanuela.

Una cosa è certa: ha ucciso con il suo furgone un bambino sparito a dieci chilometri di distanza, sei mesi dopo la sparizione di Emanuela Orlandi. José, un ragazzino che frequentava l'esclusiva St George school, esce di casa all'Eur alle 18 per tagliare i capelli lunghi e fare contenti papà e mamma. I genitori lo rivedranno con i capelli corti solo all'ospedale Sant'Agostino di Ostia, già morto. Alle 20 un autista dell'Atac lo aveva avvistato sul ciglio della strada che taglia la pineta di Castel Porziano, vicino a Ostia.

Era pieno di sangue, con le ossa fratturate. Marco Fassoni Accetti lo aveva investito e non si era fermato a prestare soccorso. Aveva invece parcheggiato il suo furgone Ford Transit lontano, a Casal Palocco e con calma era tornato in piena notte con la sua ex fidanzata sul luogo del reato. Alla ragazza in realtà aveva detto di avere un'urgenza: voleva recuperare la sua attrezzatura fotografica nascosta nella pineta, chissà perché. Non le aveva detto nulla dell'investimento del bambino. Accetti aveva sangue sul giaccone ed era tornato con delle grandi buste.

Diceva che un masso gli aveva rotto il parabrezza e le buste servivano per evitare che la pioggia penetrasse nell'abitacolo. Intanto a pochi chilometri da lì il piccolo José stava spirando. Ieri a Chi l'ha visto, Accetti ha fornito una versione diversa da quella finora offerta durante il processo negli anni Ottanta. Sì, si era reso conto di avere travolto il piccolo José, ma quando era sceso dal furgone per controllare, lo aveva toccato alla giugulare scoprendo che era già morto. Ed era scappato. Parole senza alcun rischio. Non può essere più processato. Almeno non per quell'omicidio.

 

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