''MI SONO FATTA ROMPERE LE OSSA PER 500 EURO, MI SERVIVANO PER I MIEI FIGLI'' - I RACCONTI DI CHI SI FACEVA FRANTUMARE GLI ARTI CON DISCHI DI GHISA PER TRUFFARE LE ASSICURAZIONI. INDAGATI ANCHE INFERMIERI E AVVOCATI - A TOSSICI, BARBONI E DISPERATI PROMETTEVANO DECINE DI MIGLIAIA DI EURO, IN REALTÀ GLIENE DAVANO POCHE CENTINAIA MENTRE LORO INCASSAVANO 10 MILIONI DI EURO. ''DAMMI UN PORCELLINO D'INDIA E IO LO ROMPO TUTTO''

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  1. «MI SONO FATTA ROMPERE LE OSSA PER 500 EURO, MI SERVIVANO PER I MIEI FIGLI»

Da www.giornalettismo.it

 

frattura frattura

«Mi sono fatta rompere le ossa, per mio figlio di due anni e la sua sorellina. Perché voglio uscire da qua e dare una casa a loro. Mia figlia il tribunale già me l’ha tolta». È il drammatico racconto (in un’intervista a Repubblica di Romina Farceca) di Francesca Calvaruso, 27 anni, una delle vittime consenzienti dell’organizzazione che a Palermo mutilava braccia e gambe per simulare incidenti stradali e truffare le assicurazioni. La ragazza, che risulta indagata, ha denunciato la sua terribile esperienza poco dopo aver subito due gravi fratture.

 

Francesca, che vive in comunità e lavora in un panificio, giura di essersi fatta rompere le ossa «per bisogno». «Mi hanno spiegato – è la ricostruzione della giovane – che se mi facevo procurare delle fratture mi avrebbero dato subito 800 euro, e poi altri 34mila con il risarcimento dell’assicurazione. Un sogno per me che sono sola e rischio di non vedere più i miei figli. Alla fine ne ho avuti subito 500».

 

La 27enne descrive anche il momento del dolore fisico. Dice di essere stata accompagnata in un capannone a Bagheria. Lì è stata fatta distendere e ha ricevuto iniezione di anestetici. Un uomo le ha tappato la bocca. Un altro le ha messo una mano sugli occhi. «Mi dicevano di stare tranquilla, io tremavo – racconta la ragazza – . Mi hanno fratturato prima il piede perché dicevano che era più doloroso. E infatti così è stato. Ma non dovevo urlare perché c’era il pericolo che qualcuno sentisse. Dopo è stata la volta del braccio».

 

palermo palermo

Le fratture venivano procurate con alcuni dischi di ghisa, quelli utilizzati in palestra per il body building, «di almeno 50 chili». «Mi scendevano le lacrime dagli occhi – ha continuato Francesca – ma ho resistito per i miei bambini». Dopo le fratture la ragazza è stata caricata in auto e portata in una strada di Bagheria. Dove c’era il falso investitore del falso incidente.

 

 

  1. ARTI SPEZZATI PER INCASSARE ASSICURAZIONI - `PALERMO, 11 FERMATI: INDAGATI ANCHE INFERMIERI E AVVOCATI

Sara Menafra per ''Il Messaggero''

 

IL CASO

Raccattavano le vittime negli strati più bassi della società: tossicodipendenti, giovani con problemi psichiatrici, immigrati che vivono di lavoretti. E a loro proponevano di far parte di una truffa dell' orrore alle principali compagnie assicurative, simulando gravi incidenti stradali: 500 euro per una gamba rotta, 300 per il braccio, 1000 per chi si rompeva tutto con la promessa di un 30% sul premio da centinaia di migliaia di euro che, però, le vittime non ricevevano mai. Ieri la Polizia di Palermo ha deciso di fermare undici persone per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, una ricercata. Ma il giro d' affari, ha spiegato il questore Renato Cortese, era molto più ampio.

 

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L' OMBRA DELLA MAFIA

Gli indagati dell' operazione «Tatalo» sono in tutto 60 tra cui l' infermiera Antonia Conte, 51 anni, e l' avvocato Graziano D' Agostino, 42 anni. A capo di ben due organizzazioni parallele, secondo le accuse, c' era Michele Caltabellotta, 43 anni, titolare dello studio di infortunistica Mce, capace di mettere a disposizione tutto, dai testimoni finti al personale sanitario compiacente. Ma le verifiche coordinate dalla procura dicono che nell' affare sarebbe coinvolta anche Cosa nostra: i boss locali, in particolare quelli del mandamento di Brancaccio, come vere e proprie strutture finanziarie, proponevano al gruppo un «derivato». Avrebbero rilevato i debiti con le compagnie assicurative in cambio di un pagamento in tempi rapidi e in contanti.

 

LA MORTE DI HADRI

L' inchiesta parte, a gennaio del 2017, dalla morte del tunisino Yacoub Hadri. L' immigrato si era prestato al gioco e si era fatto spezzare tibia e perone, ma poi era morto per un arresto cardiaco seguito alle fratture. Un decesso apparso subito sospetto agli investigatori che hanno incaricato un esperto: le fratture non erano compatibili con la modalità dell' incidente che, secondo i testimoni, era stato provocato da uno scontro tra un' auto e lo scooter guidato dalla vittima. Sul cruscotto e a terra, però, solo segni blandi. «Hanno le prove ma... mi hanno fatto vedere la fotografia hanno le prove ma...», diceva uno della banda, Francesco Faija, terrorizzato, avendo capito di essere indagato per la morte di Hadri.

 

Ora è accusato, insieme a due complici, anche di omicidio preterintenzionale. Dopo il decesso i tre contattarono la compagna dell' uomo proponendo, in cambio dell' avvio delle pratiche di risarcimento, il 50% dell' incasso.

Alle vittime le due bande promettevano significative quote dei risarcimenti, ma dei soldi garantiti gli invalidi vedevano ben poco.

 

studente mano fratturata studente mano fratturata

La gestione del sinistro veniva curata dai criminali che dovevano ricostruire la scena del sinistro (a volte piazzando fisicamente i mezzi sui luoghi, a volte attraverso testimoni compiacenti). Nelle intercettazioni il gruppo parla anche della possibilità di «mandare ambulanze» con infermieri giusti sui luoghi dei finti scontri. Ricostruito il falso incidente, le «vittime» venivano portate in luoghi nella disponibilità dei malviventi, per essere affidati alle «cure» dei più violenti e pericolosi che spezzavano loro braccia e gambe. Ai finti incidentati promettevano anestetici, procurati dall' infermiera Conte.

 

I pm, nel provvedimento di fermo, hanno descritto accuratamente quel che avveniva: «Gli arti venivano appoggiati in sospensione tra due blocchi di pietra o cemento e con violenza, sulla parte dell' arto sospesa, veniva gettata una borsa piena di pesi in ghisa o di grosse pietre, in modo da provocare fratture nette, e possibilmente scomposte (perché davano risarcimenti maggiori)». In preda a lancinanti dolori, le vittime venivano trasportate in ospedale e lì entravano in gioco altri membri della banda incaricati di vigilare sui ricoverati per provvedere alle loro necessità, ma soprattutto per evitare denunce. La gestione delle pratiche veniva assunta dai vertici dell' associazione che curavano la presentazione delle richieste di risarcimento e la successiva suddivisione delle «quote».

 

 

  1. «CERCHIAMO UN PORCELLINO D' INDIA SE MI DICONO CHI È, LO ROMPO TUTTO»

Sara Menafra per ''Il Messaggero''

 

LE CARTE

Non uomini ma «porcellini d' India» da fare a pezzi rapidamente, pur di incassare i soldi delle compagnie assicurative che solo in pochi casi si accorgevano della messinscena e avviavano accertamenti. Nelle intercettazioni raccolte dalla polizia di Palermo, gli «spaccaossa», come scrive il pm «mostrano una natura brutale e spietata» e non si fermano mai: ieri mattina, il blitz è scattato mentre l' organizzazione stava rompendo il braccio ad un uomo.

 

È l' agosto 2016, prima che l' indagine, con la morte di Yacoub Hadri, arrivi ad una svolta, ma i numeri di una delle organizzazioni guidate da Michele Caltabellotta, titolare di una società antinfortunistica, sono già sotto intercettazione. Ad aver accettato di farsi rompere il piede è un uomo di trent' anni. Salvatore «Totò», La Piana, uno dei presunti organizzatori dei finti incidenti, lo accompagna in ospedale dandogli istruzioni di dire che è stato investito a piedi sulle strisce.

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La promessa, per lui, è del 30% di un premio assicurativo di almeno 200mila euro, anche se già sanno che gli daranno al massimo 500 euro. Poi tra loro commentano: «Il piede perso ce l' ha», dice La Piana e l' altro:«Come l' aveva, forse tre pezzi ha, tibia, perone e malleolo». In ogni caso, pochi rimorsi: «A me mi devono dire solo: rompi ad un altro, io te lo rompo tutto».

 

10 MILIONI DI UTILI

Secondo le verifiche della Polizia, nel corso dei soli ultimi due anni, le due organizzazioni avrebbero raccolto almeno 10milioni di euro. Le vittime convinte a farsi rompere le ossa sono state decine, molte delle quali ancora non identificate. Il meccanismo, che al telefono con le moglie gli autori definivano «lavoro», era sempre lo stesso. Cercare finti incidentati ai margini della società. E' solo il 2 luglio scorso, quando La Porta manda uno dei suoi alla stazione centrale di Palermo e poi si informa: «Ne abbiamo porcellini d' India?».

 

La rottura delle ossa, l'«allisciatura» la chiamano nelle intercettazioni, procede poi con modalità estremamente violente. Come si legge nelle 269 pagine di decreto di fermo, sono i racconti delle vittime che hanno accettato di raccontare i fatti a far venire i brividi: «Rosario mi diceva che mi avrebbero rotto entrambe le braccia, ma che non avrei sentito alcun dolore poiché mi avrebbero messo del ghiaccio per addormentare le parti da colpire.

 

IL PESO DA PALESTRA DOPO L INTERVENTO DEI VIGILI DEL FUOCO IL PESO DA PALESTRA DOPO L INTERVENTO DEI VIGILI DEL FUOCO

Dopo aver messo il ghiaccio mi ha fatto mettere in ginocchio ed ho riposto prima braccio sinistro tra due mattoni e dopo avermi fatto girare la faccia per non guardare mi ha colpito con un corpo contundente che io non ho guardato, subito dopo mi faceva poggiare anche l' altro braccio e dopo avermi fatto girare nuovamente lo sguardo mi colpiva violentemente in quest' altro arto. In quei momenti ho sentito un fortissimo dolore al punto che ho perso quasi i sensi». In cambio di questa tortura, il 30% del premio non è mai arrivato.

 

Una vittima donna, ha raccontato che prima di agire, «mi hanno precisato che avrebbero fratturato prima il piede, che era più doloroso. Hanno sollevato un peso da palestra e me lo hanno lanciato sul piede, subito dopo con la medesima operazione mi hanno fratturato il braccio».

 

I CASI DI MILANO E TORINO

Una delle vittime ha anche raccontato che la truffa non si limitava a Palermo: «Anche che io sappia a Milano, Torino ed in Sicilia anche in altre città in provincia».

 

 

 

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