1. COME SI È ARRIVATI ALLA CATTURA
Giuseppe Crimaldi per ''il Mattino''
L' operazione scatta alle 15,58.
Con il codice di massima urgenza 150 uomini tra poliziotti, carabinieri e finanzieri vengono mobilitati per un' operazione speciale. Il loro obiettivo è catturare Marco Di Lauro. La presenza del superboss di Secondigliano - primula rossa da ben 14 anni e nella classifica dei più pericolosi latitanti italiani stilata dal Viminale, secondo solo a Matteo Messina Denaro - viene data per sicura in via Emilio Scaglione, a metà strada tra Chiaiano e Marianella.
LA CATTURA
Ed è proprio lì, al piano rialzato del civico 424, in quella palazzina color ocra che si nasconde il figlio 39enne di Ciruzzo o milionario, l' uomo che riuscì a trasformare Secondigliano e Scampia nella succursale del narcotraffico sull' asse Sud America-Italia e nel più imponente supermercato dello spaccio di droga. Si parte a sirene spiegate ma si giunge sul posto senza segnali acustici. Con un' operazione da manuale le forze dell' ordine accerchiano il fabbricato: in quattro si arrampicano raggiungendo un terrazzino, una ventina di loro sale le scale ed entra nel covo.
Marco Di Lauro è senza scampo. Ha appena il tempo di capire che la corsa è arrivata a capolinea: gli agenti lo ammanettano mentre è ancora seduto a tavola, dove ha appena consumato un piatto di spaghetti al pomodoro, a due passi da un angolo adibito a palestra domestica (con tanto di panca, bilanciere e pesi). Non è armato, non ha documenti, ma - soprattutto - non è protetto da guardaspalle e tanto meno da impianti di videosorveglianza. Con lui c' è una ragazza bruna in vestaglia rosa, la sua compagna. «Pensate ai miei gatti, fate che non restino da soli stanotte», è la raccomandazione che rivolge a poliziotti e carabinieri. Fine della latitanza.
L' INDAGINE
l ultimo nascondiglio di marco di lauro
Ma come si è arrivati alla svolta inattesa e improvvisa? Chi o che cosa ha incastrato il superlatitante? A fornire un dettaglio importante sarà lo stesso questore di Napoli, Antonio De Iesu, che in conferenza stampa illustra un particolare importantissimo. Premessa: intorno a mezzogiorno di ieri a Melito si verifica un terribile fatto di sangue. Un ex sorvegliato speciale considerato tra gli uomini più fidati del clan Di Lauro - il 40enne Salvatore Tamburrino - già coinvolto nella prima faida di Scampia - uccide a pistolettate la moglie. Poi, poco dopo, va a costituirsi in Questura con l' avvocato. A questo punto accade qualcosa.
Dichiara il questore: «Nel primo pomeriggio (e cioè subito dopo il femminicidio, ndr) c' è stata una inusuale fibrillazione dell' attività investigativa che ci ha consentito di fare degli intrecci per arrivare all' abitazione dove si nascondeva Marco Di Lauro. Vi posso dire solo questo». Ciò potrebbe voler significare che dopo l' omicidio si è scatenato un vortice forsennato di telefonate tra affiliati alla cosca, che si sarebbero passati la notizia; e poiché nel giro di persone intercettate da polizia e carabinieri c' erano almeno una quarantina di soggetti considerati potenziali fiancheggiatori di Marco, il cerchio si sarebbe chiuso.
l ultimo nascondiglio di marco di lauro
È corsa anche voce che potrebbe essere stata una telefonata compiuta dallo stesso uxoricida a far restringere il cerchio intorno a Di Lauro, mentre si verifica l' ipotesi che un paio di ore prima della sua cattura Marco sarebbe transitato a bordo di un' auto che avrebbe percorso i Colli Aminei e Capodimonte, prima di giungere nel rifugio di via Scaglione.
FACCIA D' ANGELO
Al momento della cattura appariva solo più stempiato rispetto alle foto segnaletiche che lo ritraevano, fino a ieri, con un volto da adolescente. Una «faccia d' angelo», la sua, che gli avrebbe anche garantito di confondersi per anni rimanendo per lo più sempre nei dintorni del villino natìo, Mmiezo all' Arco, nel cuore della Secondigliano antica. Ora - come hanno spiegato il questore e il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Ubaldo Del Monaco - scattano altre indagini: quelle tese a ricostruire la fitta rete di complicità che hanno garantito all' uomo di sottrarsi per tanto tempo ai conti con la giustizia; a suo carico pende una condanna definitiva a 11 anni e 4 mesi per associazione a delinquere e un' ordinanza di custodia cautelare per traffico di droga. Anche la Guardia di Finanza proseguirà a concentrarsi sugli aspetti investigativi patrimoniali.
I COMPLIMENTI
Soddisfazione per l' arresto Di Lauro è stata espressa dal presidente della Camera, Fico, dal premier Conte, dai ministri dell' Interno Matteo Salvini e della Giustizia Alfonso Bonafede, oltre che dal presidente della Commissione antimafia Nicola Morra, dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris e dal governatore della Campania Vincenzo De Luca.
2. LA VITA IN FUGA DI MARCO DI LAURO
Daniela De Crescenzo per ''il Mattino''
Lo chiamano F4 e la sua è stata una vita in fuga. Marco Di Lauro, il quarto dei nove figli di Paolo Di Lauro, che Luigi Giuliano ironicamente soprannominò Ciruzzo O milionario, è diventato latitante a 25 anni. Per quattordici anni è stato un fantasma, ricercato dalle polizie di tutto il mondo, anche se l' accusa più terribile nei suoi confronti, quella di essere il mandante dell' omicidio di Attilio Romanò, vittima innocente della prima faida di Scampia, non è stata confermata dalla Cassazione: condannato in primo e in secondo grado, è adesso in attesa di un nuovo processo che si terrà alla terza sezione d' Assise davanti alla quale la suprema corte lo ha rinviato.
Difeso prima dall' avvocato Vittorio Giaquinto e poi da Sergio Cola, dovrebbe per ora scontare solamente 8 anni di galera per una sentenza passata in giudicato. Ma dovrà affrontare ancora molti procedimenti dall' esito incerto: il futuro che dovrà affrontare non sembra certo luminoso.
VITA NEL MISTERO
Nato nel 1980 diventò latitante nel 2005, e dal 2006 lo ricercavano le polizie di tutto il mondo. La sua è stata una vita avvolta nel mistero: fino a ieri, quando sono riusciti finalmente ad arrestarlo e a interrogarlo, gli inquirenti ritenevano che avesse un figlio a cui avrebbe dato il nome del nonno, Paolo. Poi lui e la sua compagna, Cira Marino, che era presente in casa al momento dell' arresto, hanno spiegato che quel bambino non era mai esistito.
Non ha avuto figli, il boss di Scampia. E non è nemmeno mai andato via dal suo quartiere.
Nei lunghi anni della latitanza c' è stato chi giurava fosse a Dubai, chi lo dava in Sud America, e invece lui abitava a pochi chilometri da Cupa dell' Arco, la casa di famiglia dove vive tuttora la madre, Luisa.
Una cortina di fumo lo ha dunque circondato per quindici anni, probabilmente perché il suo destino è stato segnato nel giro di pochi mesi, quando, arrestati il padre e il fratello maggiore, Cosimo, morto il terzogenito, Domenico, in un incidente di moto, furono lui e Vincenzo (poi finito in manette e successivamente scarcerato per fine pena) a dover prendere le redini di un clan in guerra. A Vincenzo toccarono gli affari, a Marco la gestione delle piazze e dei soldati. Era il 2004, F4 era poco più di un ragazzino, quasi sconosciuto agli inquirenti, anche a quelli che, come la narcotici napoletana, i Di Lauro li seguono da sempre, ma per gli affiliati di Ciruzzo F4, era già un capo.
LA FAIDA
Il giovanissimo boss si era infatti trovato a gestire una situazione drammatica e a fronteggiare la coda della più sanguinosa tra le faide recenti: la prima battaglia di Scampia che costò più di cento vite, e molte vittime innocenti. Nel 2004, nella premiata società Amato-Di Lauro, capace di inondare di droga l' intero Mezzogiorno, si era aperta una crepa importante. Fino a quel momento l' impresa era stata gestita come una Spa con sette soci (Paolo Di Lauro, Raffaele Amato, Rosario Pariante, Raffaele Abbinante, Patrizio De Vitale, Antonio Leonardi, Enrico D' Avanzo) che investivano capitale per comprare e vendere direttamente la cocaina dai narcotrafficanti.
ARRESTO DI MARCO DI LAURO IL QUESTORE DI NAPOLI
Dalla fine degli anni Novanta, in scena entrò Raffaele Imperiale, il booker della cocaina latitante a Dubai, l' uomo che ha consegnato due tele di Van Gogh rubate al museo di Amsterdam: Lelluccio Ferrarelle, come lo chiamano i suoi, comprava droga da uno stoccatore, Erich Van de Bunt, e riforniva uno degli azionisti (Amato) che da quel momento cominciò a governare un canale in proprio creando una holding capace di dominare il mercato facendo fuori tutti i concorrenti.
COSIMO
Paolo Di Lauro, uomo d' affari d' esperienza, si accorse presto che i conti non quadravano: qualcosa si era inceppato nel meccanismo accuratamente costruito in anni e anni di traffici e morti ammazzati. Per mettere Amato nell' angolo chiese di cambiare la composizione societaria della Droga Spa creando una quota per il figlio Cosimo, poi fu costretto alla latitanza per un mandato di cattura e la gestione del business di famiglia passò proprio al primogenito. F1 tentò di trasformare i soci del padre in dipendenti.
E scoppiò la guerra. Con gli arresti del padre e del fratello e la fine delle ostilità, a Marco toccò gestite un clan sempre più in difficoltà, colpito dai pentimenti, le diserzioni, i sequestri dei beni, l' ultimo proprio qualche giorno fa. Di lui si dice che non abbia una mente imprenditoriale come Vincenzo, ma che non sia nemmeno una testa calda come Cosimo.
F4 ha vissuto in fuga, ma Carlo Puca, nel libro Il Sud deve morire, racconta che non si è mai rassegnato alla solitudine. Un giorno a casa della fidanzata Cira Marino, si presentarono tre plenipotenziari del boss per farle un discorso chiarissimo: «Il tuo uomo ti ama, vuole vivere per sempre con te, solo che il suo futuro è segnato: resterà latitante per il resto dei suoi giorni. Sei pronta a nasconderti da tutto e da tutti?». La ragazza disse sì e da quel giorno sparì pure lei. Fino a ieri quando gli agenti sono entrati dalla finestra in un appartamento di via Scaglione.
3. DOPO DUE FAIDE E 69 MORTI AMMAZZATI SECONDIGLIANO È IL REGNO DEI «GIRATI»
Giuseppe Crimaldi per ''il Mattino''
LO SCENARIO
Quattordici anni, eppure sembra ieri. Nella storia che racconta la ferocia criminale di una camorra nera, spietata, servirebbero più capitoli per ricostruire il ruolo del clan Di Lauro. Fino alla fine degli anni 90 Secondigliano e Scampia sono sotto il saldo dominio di Paolo, il capostipite, l' uomo che dietro le attività commerciali di pellame celava lo scettro del numero uno dei narcotrafficanti a Napoli, e non solo a Napoli. Abile, scaltro, Ciruzzo o milionario commise forse un solo errore strategico: quello di consentire a suo figlio Cosimo gli affari di famiglia.
Quelli illeciti, ovviamente.
LA MATTANZA
Il resto è storia Tristemente nota. Con l' esplosione di una terrificante guerra di camorra dichiarata dagli «scissionisti», un tempo fedeli servitori dei Di Lauro, i quali decisero che al banchetto degli affari di droga un posto a capotavola spettasse anche a loro. Ne scaturì un bagno di sangue, con tanto di omicidi che colpirono anche degli innocenti. Due faide a distanza di poco tempo. Omicidi, ma non solo. Per riconquistare una piazza di spaccio, gli scissionisti della prima ora usarono le bombe, le micidiali «ananas», armi in dotazione agli eserciti della ex Jugoslavia, Armi che avrebbero potuto provocare una strage.
Stando alla ricostruzione fatta dalla Dda di Napoli, in tutto erano sei gli ordigni a disposizione del cartello formato dagli Abete-Abbinante-Notturno, per dare inizio alla riconquista della piazza del Lotto G nelle case celesti. In meno di dieci anni furono 69 gli omicidi.
I «GIRATI»
RIONE TERZO MONDO SECONDIGLIANO NAPOLI
Parliamo di un decennio perché nell' ottobre del 2010, quando cioè i Di Lauro apparivano relegati nella enclave del «Rione dei Fiori» ad un ruolo quasi marginale rispetto ai nemici scissionisti, scoppia la seconda faida di Scampia. Inizialmente vi fu una guerra interna tra gli scissionisti: gli Amato-Pagano da un lato, e gli Abete-Abbinante-Notturno-Aprea dall' altro.
La nuova faida vide quindi contrapposto il cartello degli scissionisti a una sua fazione interna, i cui componenti venenro ribattezzati i «Girati» (cioè traditori). Ed ecco comparire il gruppo della Vannella Grassi (dal nome della zona di Secondigliano dove il neonato clan aveva il suo quartier generale). Con il tempo i boss della compagine criminale - Petriccione, Magnetti e Mennetta - fecero una scelta di campo, alleandosi con i Di Lauro. Alla fine, gli scissionisti furono costretti ad abbandonare le Vele di Scampia riparando su Melito.
Sarebbero dunque i Girati, a gestire gli affari sporchi - droga ma anche racket - nei quartieri della periferia nord di Napoli. A riprova di ciò, proprio due giorni fa, la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Napoli ha sequestrato al solo Magnetta beni per oltre 400mila euro.
Le indagini patrimoniali proseguono. E adesso - dopo la cattura di Marco Di Lauro - c' è chi si chiede chi comanderà a Secondigliano e Scampia.