Margherita De Bac per il “Corriere della Sera”
Ora lo riconosce anche l’Oms, l’organizzazione mondiale dalla sanità. Zika, il virus trasmesso da un certo tipo di zanzara, importato dal Pacifico con effetti devastanti nel sud delle Americhe, è una calamità immane. «Si sta diffondendo in modo esplosivo», ha affermato il direttore generale dalla sede di Ginevra, Margaret Chan, una donna che si è già trovata al centro delle polemiche lo scorso anno per la discutibile gestione dell’epidemia di Ebola in Africa.
Allora la cinoamericana fu accusata, con i suoi tecnici, di aver sottovalutato il pericolo quando la febbre emorragica cominciò a propagarsi da un focolaio di contagi divampato in mezzo a villaggi isolati l’uno dall’altro. Poi migliaia di morti, l’economia di Paesi già molto claudicanti dell’ovest, come Sierra Leone, messa al tappeto.
È anche per questo precedente, forse, che stavolta Chan non ha tergiversato nel lanciare l’allarme, sospinta dalle dichiarazioni incalzanti dei presidenti Barak Obama e Wladimir Putin. Zika non si trasmette da uomo a uomo, sembra accertato, non uccide come Ebola, non si propaga in modo altrettanto fulmineo.
Ma produce danni spaventosi perché colpisce i feti durante la gravidanza e fa nascere bambini malformati, con un cranio piccolo e menomato dal punto di vista cerebrale. Il Brasile ha contato circa quattromila casi. In un anno, secondo le stime della massima dirigente internazionale, potrebbero salire fino a tre o quattro milioni nelle aree di centro e sud America interessate.
Si parla di emergenza globale. L’Italia però ha ottime probabilità di restarne fuori: «L’Oms non poteva comportarsi diversamente — dice Gianni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità —. Ormai ogni minaccia è globale a causa della facilità degli spostamenti di persone tra i continenti. L’infezione si manifesta in modo blando, è dannosa solo per le donne in gravidanza. Gli adulti con buone probabilità sono poco esposti».
I pochi casi segnalati da noi finora risalgono al 2015 e sono di importazione. Viaggiatori tornati dall’estero e che hanno smaltito la malattia in pochi giorni, senza cure specifiche. I sintomi sono febbre, indolenzimento, eruzione cutanea.
Il nostro ministero della Salute sconsiglia alle donne incinte di partire per le zone indicate come epidemiche. Già da novembre Zika è entrata a far parte dell’elenco per l’esclusione dei donatori di sangue che si siano recati nei Paesi segnalati. «Noi siamo sempre i primi a metterci al sicuro. Il sistema italiano è fra i migliori al mondo», ne esalta la qualità Aldo Ozzino, membro della commissione ministeriale sangue e trasfusioni.
Durante un incontro informativo con gli Stati membri la direttrice dell’Oms ha ripercorso la storia dell’epidemia. Il virus è stato isolato per la prima volta in Uganda nel 1947 per poi espandersi con i primi focolai nelle isole del Pacifico. La documentazione ufficiale dell’esistenza di queste concentrazioni di infezioni in altri quattro Paesi risale al 2013-2014. «Lo scorso anno ha raggiunto le Americhe dove si sta espandendo in modo esplosivo. Un legame diretto tra Zika e malformazioni e sindromi neurologiche non è stato stabilito ma il sospetto che esista è forte. Una minaccia lieve ha assunto proporzioni allarmanti».
L’Europa sta vivendo l’emergenza con attenzione, prudentemente al sicuro. Non esistono problemi imminenti. Il virus per trasmettersi ha innanzitutto bisogno della zanzara Aedes aegipty che in Italia non c’è e in ogni caso non è l’inverno il periodo in cui è attiva. C’è la sua cugina Aedes albopictus (la cosiddetta tigre) ma non è dimostrato che sia anch’essa una «navetta».
I cittadini devono evitare di farsi contagiare da psicosi, specie in questo periodo di epidemia influenzale, i cui sintomi potrebbero essere scambiati con quelli «brasiliani». Rezza tra l’altro chiarisce: «Il legame tra microcefalia dei neonati e infezione deve essere dimostrato con certezza. Manca la prova regina. Ancora non è stato trovato il virus nella placenta e quindi c’è ancora molto da scoprire».