AFFONDATA LA “NAVE SCUOLA” - TRENT’ANNI DI GALERA ALLA PROF CHE FACEVA SESSO CON TRE STUDENTI MINORENNI A KAYSVILLE, NELLO UTAH - I RAPPORTI VENIVANO CONSUMATI NEL PARCHEGGIO O A CASA DELLA DONNA - LA PROFESSORESSA, SPOSATA E CON DUE FIGLI, SI E’ DIFESA: “AVEVO PROBLEMI DI AUTOSTIMA”
Alessandro Gonzato per “Libero Quotidiano”
Trent' anni di carcere. A tanto l' ha condannata la giustizia americana, giudicata colpevole di abusi sessuali nei confronti di tre suoi alunni minorenni, due di diciassette anni e uno di sedici. È stato quest' ultimo, dopo che i sospetti della scuola si erano fatti pressanti e che la polizia aveva ricevuto una soffiata, a confessare tutto per primo alle autorità.
Ha raccontato che spesso i rapporti venivano consumati nel parcheggio della chiesa di Kaysville (ventimila abitanti nello Stato dello Utah), ma che i due si erano incontrati più volte anche nell' appartamento della donna, abitazione di cui il ragazzo ha descritto nei minimi particolari le stanze e l'arredamento.
L'adolescente ha riferito anche di altri particolari, che col mobilio non c'entrano proprio nulla: in tribunale ha descritto con estrema precisione tutti i tatuaggi che l' insegnante ha sul corpo, anche quelli che durante una lezione in classe, coi vestiti addosso, proprio non si possono vedere. I fatti risalgono al 2013. L'arresto al 2015. L' altro giorno è arrivata la sentenza.
La professoressa, Brianne Altice, è scoppiata in lacrime di fronte alla corte di giustizia. Ha ammesso le sue colpe e ha spiegato che aveva deciso di fare sesso coi propri studenti perché da tempo aveva problemi di autostima. E dire che a guardarla non se ne comprende il motivo: trentasei anni, capelli lunghi e biondi, uno sguardo ammaliante e un corpo sinuoso. Insomma, non è esattamente l' insegnante che ci viene in mente quando ripensiamo ai tempi del liceo. Al contrario, è quella che tutti noi maschietti avremmo voluto avere. Brianne era sposata, e col marito aveva avuto anche due bambini.
Ora l'uomo ha ottenuto il divorzio e l' affidamento dei figli. «Ho chiaramente perso di vista tutti i miei valori e i miei principi. Sono consapevole di ciò che ho fatto, andare con quei ragazzi mi faceva sentire bene» ha detto la donna singhiozzando in tribunale. «Ho sbagliato. Non ci sono giustificazioni per quello che ho fatto. È solo colpa mia, non c' entra nessun altro». Il suo avvocato aveva chiesto alla corte di tenere in considerazione l'assunzione di responsabilità e l'atteggiamento dimesso tenuto in aula dall' assistita, ma la sentenza è stata esemplare.
In America, di fronte a reati di tipo sessuale, i giudici sono inflessibili, soprattutto in Stati considerati storicamente bigotti come quello dello Utah. Non fanno sconti. Un reato, soprattutto se commesso nei confronti di un minore, va perseguito con fermezza, ci mancherebbe. Va però anche detto che la vittima non era un bambino. A sedici anni un ragazzo è capace di difendersi dalle pulsioni sessuali di una donna. Immaginiamo che non avrebbe avuto grandi problemi a scansarsi.
Non parleremmo certo in questi termini, ovviamente, se l'aggressore fosse stato un uomo e una ragazzina fosse stata obbligata da un adulto ad avere rapporti sessuali - perché, inutile negarlo, modalità e violenza dell'atto sono in questo caso diversi, anche dal punto di vista della possibilità di opposizione fisica. Se poi paragoniamo la sentenza che ha condannato Brianne a trascorrere trent'anni in un penitenziario americano a certe decisioni dei nostri tribunali, ecco che allora la pena pare ancora più esagerata.
Basti pensare al pensionato barese che la settimana scorsa è stato condannato a sei anni di reclusione per avere abusato ripetutamente di un dodicenne disabile. Ma scusate: un pedofilo si becca sei anni e una professoressa che, pur sbagliando - lo ripetiamo ancora una volta - fa sesso con degli adolescenti, merita di passare buona parte della propria vita dietro le sbarre?
E che dire di quell' altro pedofilo di Savona - e stiamo elencando veramente i primi casi che ci capitano sottomano - condannato a nemmeno nove anni di prigione per violenza sessuale aggravata nei confronti di una bambina di cinque anni? Sbaglia la nostra giustizia o in questo caso, forse, esagera quella americana?