ALFREDO DANESI GIULIO OCCHIONERO
Chiara Giannini per “il Giornale”
Negli ambienti vicini all' intelligence italiana sembra lo sappiano tutti: «Giulio Occhionero era un collaboratore della Cia». Insomma, se non un agente, almeno qualcuno che aveva rapporti costanti con l' agenzia Usa, che lo avrebbe usato per ottenere informazioni. L' ingegnere, nel campo dell' hackeraggio informatico, è pressoché sconosciuto. Lo conoscono molto bene, invece, in certi ambienti legati al mondo americano a Roma.
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Che ci sarebbe dietro a quello che è balzato agli onori delle cronache come un genio del cyber crimen? Pure e semplici questioni di controspionaggio. Ogni Paese ha le sue mele marce, persino all'interno dei servizi nostrani, si dice. La spia tra le spie, insomma, quella che finge di fare il bene del Paese e poi passa informazioni al nemico. Ma sono semplici questioni di scacchiera internazionale. Vedi l'interesse per Enav, l ente che si occupa delle rotte dei voli, compresi quelli di Stato e militari, oppure per Finmeccanica, che molto ha a che vedere con gli Usa, visti gli scambi commerciali.
Una parola dice tutto: F35. E poi ci sono interessi importanti delle multinazionali americane nel nostro Paese. La lista di chi potrebbe aggiudicarsi appalti o chi, in passato, lo ha fatto, è lunga. I nomi di queste realtà si possono trovare su tutte le cronache: dall' attenzione sui porti, sugli stadi, persino nella realizzazione del ponte sullo stretto di Messina figurano soggetti che arrivano da Oltreoceano.
Ecco perché c' è chi dagli Usa avrebbe avuto un vantaggio nel tenere d' occhio il nostro Paese e, soprattutto i suoi movimenti economici e politici: l' Italia fa gola. Ci sono stipendi bassi, disoccupazione alta: la Nazione ideale in cui investire. Si parla di centinaia di investimenti esteri nello Stivale solo nel 2016. Ed è ovvio che qualsiasi azienda, prima di buttare i soldi in una gara d'appalto o decidere se acquistare servizi, vendere pezzi o aprire una succursale in un Paese estero, voglia informarsi.
Quale migliore fonte della principale agenzia investigativa del Paese? E quale miglior «infiltrato» di un soggetto che in Italia abita, che vive talmente defilato e sottotono da apparire in pubblico solo in rare occasioni? Chi ha avuto modo di conoscerlo ne parla come di un «tipo schivo e strano», uno che in vacanza si affittava ville intere da solo, che aveva pochi amici, quasi tutti legati a certe realtà, che frequentava gente dell'alta finanza e della società bene americana trapiantata in Italia.
Di fatto, c' è chi ha definito Occhionero uno «smanettone», uno che ha messo la sua capacità informatica e qualche pizzico di fortuna per raggiungere obiettivi di un certo tipo. La realtà è che dietro a questa facciata ci sarebbe un vero e proprio genio, uno che ha fatto i conti con l'oste, tanto che già si vocifera che tutto finirà in una bolla di sapone. Insomma, oltre ad avere le spalle parate da contatti di alto livello, avrebbe già preparato e con netto anticipo, un piano di fuga. «Non lo incrimineranno mai - dicono i bene informati - e lo faranno passare per uno sfigato con la mania del dossieraggio».
L'arresto di Occhionero e della sorella è avvenuto proprio nei giorni dell'addio di Barack Obama e dell' insediamento di Donald Trump. L'ipotesi è che l' amministrazione uscente abbia cercato di coprire in ogni modo lo scandalo sull'«amico» Renzi, ma con il cambio della guardia questa sorta di «protezione» sia venuta meno.Intanto i palazzi romani tremano, perché si teme che all' interno dell' intelligence italiana qualche falla ci sia.