AMANTI DI ACIDO E DI PENNA - LE LETTERE DELLA COPPIA DIABOLICA DI MILANO - ALEX: “NON MI HAI MAI CHIESTO SCUSA” - LA RISPOSTA DI MARTINA: “DEVI FIDARTI, TI DIFENDERò SEMPRE” - E LUI: “IN UDIENZA VESTITI BENE, MAGARI SENZA QUEL CAPPUCCIO IN TESTA”
Elisabetta Andreis e Gianni Santucci per il “Corriere della Sera”
«Me la sono strofinata addosso. Così potrai sentire il mio odore». «Poggia qui le labbra e sentirai il mio calore». Lettere in carcere. San Vittore, Milano. In due reparti diversi: Martina Levato, 23 anni, ex bocconiana (dice di voler cambiare università, «per risparmiare») e Alexander Boettcher, 30 anni. Amanti. Sotto processo per l’agguato con l’acido muriatico contro Pietro Barbini, 22 anni.
alexander boettcher in tribunale
L’ultimo capitolo della storia torbida e deviata della coppia è nelle 6 o 7 lettere che i due si sono scambiati in prigione, fogli scritti a mano, «intercettati» e ora acquisiti agli atti. In un passaggio Boettcher dice: «Per la prossima udienza in cui ci vedremo vestiti bene, mettiti carina, magari senza quel cappuccio in testa». L’impressione: la deriva psicotica in cui era sprofondata la coppia non sembra intaccata da un mese in cella. Esistono solo loro due: «C’eravamo solo io e te».
Nelle lettere che il Corriere ha potuto leggere non c’è una parola per la vittima. E nello scorrere questo agghiacciante carteggio bisogna tener presente, in parallelo, gli altri documenti dell’inchiesta: le foto del viso martoriato di Pietro, deturpazioni drammatiche, l’occhio destro e il naso macerati, il futuro calvario di operazioni chirurgiche.
alexander boettcher e martina levato
E Boettcher chiede: «Come va con il bambino?» (Levato è incinta di 10 settimane). Martina gli scrive: «Soffro da morire non per essere qua, ma per essere lontana da te che sei l’uomo della mia vita». Ecco, per chi conosce il dramma di Pietro e della sua famiglia, queste frasi sono fuori dalla realtà. Grondano disinteresse, orrenda banalità, nessuna coscienza del disastro.
le armi trovate a casa di alexander boettcher
Ma poi c’è dell’altro. Dopo l’arresto, il 28 dicembre, Martina e Alexander si sono incontrati solo in Tribunale. Gli unici messaggi, dal vivo, se li sono scambiati con il labiale. In una lettera lui dice: «Ho visto i tuoi baci e sulle tue labbra ho percepito tante parole bellissime, i tuoi “ti amo”, ma non l’unica parola importante, e cioè “scusa”». Che significa? La ragazza ha lanciato l’acido; Boettcher è stato bloccato dai poliziotti dell’Ufficio prevenzione generale, guidato da Maria Josè Falcicchia; secondo il pm Marcello Musso, che lavora in coordinamento col procuratore aggiunto Alberto Nobili, l’inchiesta si fonda su «prove granitiche».
Alexander ha inseguito Pietro con un martello in mano. Martina però l’ha scagionato («Ho fatto tutto da sola») e lui, difeso dall’avvocato Ermanno Gorpia, proclama la sua innocenza. A quella richiesta di scuse, Martina risponde: «Ho appena ricevuto la lettera in cui mi rimproveri di non averti chiesto scusa. Devi avere fiducia in me, non accusarmi».
E poi: «Non avere paura dei miei gesti futuri perché sono consapevole di aver sbagliato e non lo farò ancora. Hai ragione, dovevo renderti partecipe. Ti chiedo perdono. Purtroppo abbiamo un problema di comunicazione, ma tu devi confidare in me. Tu non meriti di stare qua, solo io lo merito».
Martina Levato Alexander Boettcher
Confidare, avere fiducia. Come dire: manterrò la mia versione, che ti salva. Secondo qualcuno queste frasi, con il rimprovero immesso in un’affilata schermaglia psicologica, sarebbero state quasi sollecitate da Boettcher: per sfruttare ancora la soggezione di Martina, che sconfina in disponibilità al sacrificio. «Nessuno può impedirmi di provare dei sentimenti. Ti difenderò sempre».
Secondo questa ipotesi, lei sembra ancora immersa nel suo ruolo di devozione, percorsa solo da un minimo dubbio: «Dove è finita tutta la tua dolcezza delle prime due lettere? Mi manca».