CALIFFATO VENETO – A VENEZIA CINQUE INDAGATI PER TERRORISMO. AVREBBERO RECLUTATO JIHADISTI DA MANDARE IN SIRIA - E NEI FORZIERI DELL’IS DUE MILIARDI DI DOLLARI
1. JIHAD, CINQUE INDAGATI PER TERRORISMO - AVREBBERO FAVORITO CHI VOLEVA COMBATTERE IN SIRIA
Andrea Priante per il “Corriere del Veneto”
sostenitori di isis festeggiano in siria
C’è un ponte invisibile che unisce la Siria al Veneto. Ed è costituito da quella trentina di «sospetti » che il Ros e la Digos tengono sotto stretto controllo, perché uomini considerati troppo vicini al fondamentalismo islamico. L’allerta era stata lanciata nei giorni scorsi dal ministro degli Interni Angelino Alfano e la conferma arriva dalle ultime informative dei servizi segreti: il rischio che tra i fedeli di Allah, soprattutto tra gli immigrati meno integrati, possano attecchire le idee dell’Isis (Stato islamico dell’Iraq e del Levante) è concreto.
E allora non resta che affidarsi alle indagini di polizia e carabinieri, chiamati a fermare le «schegge impazzite» che identificano la religione islamica con la Guerra Santa. Dalle periferie delle grandi città, come Padova, ai centri islamici dei paesini di montagna: la lotta agli aspiranti jihadisti si combatte anche qui, ogni giorno, a 2.500 chilometri da Damasco. Lo dimostrano le inchieste che, negli anni, hanno portato a individuare cellule di Al Qaida e di altre organizzazioni terroristiche in diverse città del Veneto.
esercito israeliano sulle alture del golan al confine con la siria
E lo confermano le indagini avviate negli ultimi mesi, quando gli inquirenti hanno notato una certa fibrillazione tra predicatori e fanatici che vivono nella nostra regione, dovuta alle tensioni che si registrano in Africa e Medio Oriente. I principali fronti sui quali si muovono le forze dell’ordine italiane sono due: quello del rischio di attentati interni e quello – altrettanto pericoloso - del proselitismo promosso da chi cerca di chiamare i fedeli alla Guerra Santa da combattere sui diversi campi di battaglia sparsi per il mondo.
esercito israeliano sulle alture del golan al confine con la siria 2
Quest’ultimo aspetto è al centro di un’indagine delicatissima che da mesi, in assoluto riserbo, sta impegnando la procura distrettuale di Venezia, competente per fatti di terrorismo. Il reato ipotizzato è il 270bis, l’articolo del codice penale che punisce le associazioni eversive. Sarebbero almeno cinque le persone iscritte nel registro degli indagati e finite nel mirino del Reparto operativo speciale (Ros) di Padova. Si tratta di stranieri, quasi tutti residenti in Veneto. Bocche cucite da parte degli investigatori, ma a rendere ancora più importante questa inchiesta è il fatto che le persone finite nel mirino dei carabinieri non sarebbero terroristi ma i loro fiancheggiatori.
alture del golan tra siria e israele
Tra gli indagati figurano infatti alcuni presunti «reclutatori »: fanatici che per settimane hanno operato nella nostra regione con l’obiettivo di scovare aspiranti jihadisti da arruolare e inviare nei teatri di guerra, a cominciare proprio dalla Siria. E in almeno un caso ci sarebbero riusciti. Il loro ruolo è cruciale, per le milizie fondamentaliste. I reclutatori devono individuare le persone giuste – in genere si tratta di disperati che non hanno più nulla da perdere – istruirle e favorire l’organizzazione del lungo viaggio che li condurrà fuori dall’Italia.
UNO JIHADISTA OCCIDENTALE IN SIRIA
Dopo una serie di tappe intermedie, che servono più che altro a far perdere le tracce complicando il lavoro dell’antiterrorismo, i futuri jihadisti finiscono nei campi di addestramento, ultimo approdo prima di imbracciare le armi e combattere per la costituzione di uno Stato islamico. Secondo i servizi segreti sono cinquanta gli italiani – in genere di origini arabe, ma anche slavi e africani – che avrebbero sposato la causa della jihad e che ora combatterebbero in Siria.
Si contano sulle dita di una mano, invece, i veneti che sarebbero direttamente collegati alla Guerra Santa, per aver fatto parte di milizie o per aver dato la propria disponibilità a partire. Uno dei centri di reclutamento indicato dall’intelligence è Padova. Ora la conferma, indiretta, che arriva dall’inchiesta affidata agli uomini del Ros che punta, nel cuore del Veneto, a smascherare proprio alcuni di questi «trafficanti di jihadisti ».
2. PETROLIO, RISCATTI, RACKET COSÌ IL «CALIFFATO» RIEMPIE I SUOI FORZIERI - UN BOTTINO STIMATO IN 2 MILIARDI DI DOLLARI
ribelli minacciano due ostaggi
Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
Abu Bakr al Baghdadi, il leader dell’Isis, non solo è una stratega raffinato ma sa far bene i suoi conti. Il movimento estremista siro-iracheno è bene armato e con le casse piene di denaro. Che usa con sapienza, fa fruttare e investe in molte attività. Se la fazione ha certamente ricevuto finanziamenti dai Paesi del Golfo, ha poi messo in piedi una struttura autonoma. Il Califfo vuole evitare che i donatori pongano dei limiti, cosa che starebbe avvenendo in questi giorni.
Stime, non scientifiche, redatte da Stati Uniti e iracheni sostengono che il budget dell’Isis è di circa 2 miliardi di dollari, tra cash e «proprietà». Magari anche qualcosa meno. Un tesoretto ben gestito e diversificato, in modo da non correre rischi.
Supporto esterno
Per gli americani l’Isis ha goduto di una «catena d’oro» di solidarietà creata nel Golfo Persico. Associazioni, privati, figure vicine ai governi ma non legate direttamente hanno pompato petrodollari. Grandi sospetti su figure residenti in Qatar, Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati. Un rapporto molto forte all’inizio e poi ridottosi man mano che gli uomini del Califfato hanno allargato la loro base. L’appoggio esterno è valutato nel 5 per cento. Un punto sul quale, però, si litiga e si discute. C’è chi crede che lo sforzo degli sceicchi sia maggiore. Un ministro tedesco ha indicato apertamente il Qatar come grande pagatore, la Merkel lo ha corretto senza però riuscire a cancellare i sospetti. E come potrebbe.
Il petrolio
L’Isis si è impossessato di impianti petroliferi e vende il greggio sotto costo. La produzione è di 8 mila barili al giorno che rendono bene. La cifra oscilla tra 1 e 2 milioni di dollari. I mujaheddin non hanno problemi a fare affari, grazie agli intermediari cedono il greggio anche al nemico, il regime di Assad. Per il trasporto si affidano a colonne di autocisterne, create anche pipeline rudimentali. Una vecchia mappa del gruppo, pubblicata prima della cavalcata trionfale, mostrava chiaramente il piano di al Baghdadi: l’area sotto controllo doveva includere il maggior numero di pozzi possibile.
Racket
Nelle zone sunnite i militanti hanno imposto tasse rivoluzionarie, estorto denaro ai commercianti, lucrato su attività illegali. Agli albori — periodo 2005-2006 —- si erano dedicati al traffico di auto rubate, oggi viaggiano su livelli più alti. Secondo fonti irachene i jihadisti raccoglievano quasi 1 milione di dollari al mese, negli ultimi mesi questa cifra sarebbe diventata molto più alta. Redditizio il pedaggio imposto ai camion pieni di merci che attraversano la regione: 200 dollari a veicolo.
Crimine
iraq anche bambini tra i terroristi dell isis
Quando l’Isis ha conquistato Mosul si è impadronito di molte banche e dei loro forzieri. Bagdad ha denunciato la perdita di oltre 420 milioni di dollari in contanti. Vagonate di soldi utili ad altre imprese. Sembra anche che gli islamisti si siano dedicati al contrabbando di vecchi manoscritti, reperti archeologici e tutto quanto abbia un valore sul mercato dell’arte. Poi i sequestri di persona. Con i riscatti degli ostaggi «stranieri» ha incassato 25 milioni di dollari, ai quali si somma il prezzo per prigionieri siriani o iracheni.
Raccolto
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Nell’ultima avanzata nella regione di Ninive, i combattenti hanno catturato enormi depositi di grano. Secondo le autorità circa il 30 per cento della produzione nazionale «è andata». Con questi prodotti l’Isis può sfamare bocche, distribuire pane a chi non ne ha, venderlo a chi può pagare. La gestione dei forni gli ha portato consensi in Siria dove gli islamisti si sono dimostrati più «giusti» e meno ladri di altri gruppi. Non è poco.
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La contabilità
Documenti sequestrati dagli americani e risalenti a un periodo antecedente al 2010 hanno rivelato l’amministrazione dell’Isis. Al Baghdadi ha imposto un controllo pignolo, tutto deve essere registrato. Entrate, uscite, spese di guerra. Ogni gruppo locale è tenuto a versare alla casa madre il 20% del denaro raccolto con le estorsioni o altre attività. Pochi sgarrano, anche perché è nota la pena per chi ruba. Il taglio della mano o anche la fucilazione.
Stipendi
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Sempre le carte scovate dalle forze Usa rivelano che fino al 2010 la paga del militante era piuttosto bassa: non più di 40-50 dollari al mese. Nell’ultimo anno sarebbe cresciuta in modo netto. Dati inverificabili dicono che il mujahed locale riceve 400 dollari al mese, più i contributi se ha moglie e figli. Un volontario straniero avrebbe il doppio.
Questi numeri, per certi aspetti sorprendenti, vanno letti con prudenza. Sono delle indicazioni. Possibile anche che vi siano delle esagerazioni, la propaganda «negativa» è parte di ogni conflitto. Tuttavia confermano il profilo dell’Isis. Brutale, spietato, capace però di una grande pianificazione. Se è arrivato alle porte di Bagdad non è solo per gli errori dei suoi avversari .
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