Fabio Cavalera per il “Corriere della Sera”
L’avvocato Ben Emmerson, senza giri di parole, fa capire chi è il killer (ovviamente secondo il suo pensiero): «Vladimir Putin è, né più e né meno, un criminale comune vestito da capo di Stato».
Siamo solo all’antipasto, prima udienza della commissione pubblica che deve immergersi nelle trame internazionali del delitto di Alexander Litvinenko, la spia eliminata (per Scotland Yard) da due agenti russi con il polonio 210, una «bomba radioattiva», versatagli nel tè verde allo Sheraton il 16 ottobre 2006 e al sushi bar dell’hotel Millennium a Mayfair, il primo novembre sempre 2006.
Chi ha ordinato l’esecuzione? E perché? È da otto anni che questo thriller, non si tratta di una fiction, mette a dura prova le relazioni fra Londra (che accusa formalmente di omicidio gli ex agenti del Kgb Andrey Lugovoy e Dmitry Kovtun, mai estradati dalla Russia) e Mosca. La ragione è che sul numero uno del Cremlino pende il sospetto di avere dato direttamente il via libera all’avvelenamento.
Il governo britannico, per non peggiorare le cose, ha provato in mille modi a impedire che una commissione pubblica si mettesse in moto per scandagliare i segreti mai ufficialmente scardinati dalle inchieste dei giudici. Ma la vedova Litvinenko l’ha avuta vinta: sapere chi le ha ucciso il marito è suo diritto.
La commissione dunque ha cominciato a lavorare, leggerà documenti top secret, convocherà 007 e testimoni (compreso Mario Scaramella, strano personaggio, ammanicato coi servizi di sicurezza italiani, già arrestato, comunque uno degli ultimi a parlare con Litvinenko poche ore prima dell’avvelenamento).
Sede dell\'MI5 servizi segreti inglesi
Gli imbarazzi che questa commissione potrebbe creare, sebbene non abbia ruolo e funzioni di tribunale, sono venuti fuori da subito. Il seguito rischia di essere dirompente. Per Londra, per Mosca. E forse anche per altre capitali. Non si tratta di sapere solo chi lo ha ammazzato ma in modo particolare chi è stato il mandante, poi per quale ragione e per quali motivi si è cercato di deviare la verità.
Le battute di avvio, udienza di ieri, hanno surriscaldato da subito la trama. E non tanto perché l’avvocato Ben Emmerson (affianca la vedova Litvinenko) ha puntato l’indice contro Putin. Quanto per certi dettagli nascosti a doppio mandato.
Alexander Litvinenko, ex spia del Kgb poi del Fsb l’agenzia che ne ha raccolto l’eredità, era fuggito da Mosca accompagnato da un pacco di rivelazioni sui rapporti del Cremlino con certi boss della criminalità russo-ucraina, uno su tutti Semion Mogilevich che l’Fbi inserisce nella lista dei fuggitivi più pericolosi al mondo. Col nome in codice «Martin»,
L’intelligence britannica (l’MI6) aveva reclutato Litvinenko, gli aveva versato contributi mensili su conti svizzeri, ne aveva ottenuto lunghe confidenze, gli aveva consentito di parlare con gli 007 di altri Paesi (Spagna e Italia, ecco il motivo della convocazione di Scaramella al quale si promette immunità). Troppo, evidentemente, per Mosca.
mario scaramella caso mitrokhin2
Così nell’ottobre 2006 scattò la trappola. A Londra erano presenti i due agenti del Kgb, Luganov (oggi deputato russo) e Kovtun. Entrambi si dicono innocenti. Le telecamere li immortalarono nella capitale britannica. Fatto sta che l’avvelenamento col polonio 210 avvenne in due appuntamenti di Litvinenko coi i due agenti Kgb, e non uno come si riteneva: il primo all’hotel Sheraton, il 16 ottobre, il secondo l’1 novembre.
Tracce di polonio 210 (che è radioattivo) furono rinvenute negli alberghi ma pure su autobus e persino all’Emirates Stadium dell’Arsenal. «Migliaia di vite furono messe a rischio dal polonio trasportato dai killer», ha detto l’avvocato Robin Tam che collabora con la commissione.
berlusconi con vladimir putin e medvedev
Alexander Litvinenko morì pochi giorni dopo in ospedale. «È stato Putin», riferì a Scotland Yard. Vendetta? O fandonie? Si è scoperto che nei poligoni di addestramento dei servizi segreti russi nel 2006 l’immagine da mitragliare era proprio quella di Litvinenko. Che strano. In calendario nove settimane di udienze. E forse di imbarazzanti scoperte.