1 – VERCELLI, FIGLIO ADOTTIVO UCCIDE LA MADRE PAOLA MERLO: NON GLI DAVA PIÙ SOLDI
Da www.leggo.it
Gli accertamenti della Squadra Mobile e l'autopsia hanno svelato la verità sulla fine di Paola Merlo, 66 anni, trovata morta in casa a Vercelli martedì scorso. Caleb Ndong Merlo, 30enne originario del Camerun, affetto da ludopatia e con problemi economici ha ucciso la madre adottiva che non voleva soddisfare le sue continue richieste di soldi.
A dare l'allarme era stato lo stesso figlio adottivo, che aveva sostenuto di averla trovata morta dopo una caduta.
La vittima era una insegnante in pensione, molto conosciuta a Vercelli perché attiva anche nel mondo del volontariato e del sindacato.
A far scattare le indagini, giovedì scorso, è stata una fonte confidenziale, che ha segnalato agli investigatori della Squadra Mobile alcune «incongruenze» sul decesso della donna.
Il figlio adottivo aveva detto al personale medico del 118 di avere trovato la madre in bagno con delle vistose ferite al capo e al corpo, come se fosse caduta in modo accidentale mentre effettuava dei lavori domestici.
La versione dell'uomo è stata però sconfessata dalle «numerose evidenze probatorie» ottenute attraverso le indagini e le attività tecniche effettuate. L'autopsia ha confermato che la donna è stata vittima di una «brutale aggressione».
2 - MALATO DI SLOT MACHINE AMMAZZA LA MADRE PERCHÉ NON GLI DAVA IL DENARO PER GIOCARE
Andrea Zanello per “la Stampa”
La febbre del gioco, le suppliche di prestiti alla madre e agli amici. E davanti al no della donna, Caleb Merlo ha ucciso la persona che aveva visto del buono in lui, decidendo di adottarlo nonostante fosse già maggiorenne.
Secondo la Procura e la squadra mobile di Vercelli non ci sono dubbi: è stato il trentottenne originario del Camerun a uccidere Paola, insegnante di 66 anni che lavorava al centro provinciale per l' istruzione degli adulti, occupandosi soprattutto della formazione degli stranieri.
La donna è morta dopo una brutale aggressione nell' appartamento nel quale vivevano a Vercelli. Secondo gli investigatori è stata colpita con un corpo contundente, con ogni probabilità il soffione della doccia: è l' opzione più accreditata, ma sono ancora in corso accertamenti.
La ricostruzione
L' inchiesta ha completamente ribaltato il quadro iniziale, poiché sulle prime si era pensato a un incidente domestico.
Ma Caleb era l' unico erede e dopo la morte della madre la polizia si è insospettita per il suo interesse verso il testamento.
Martedì scorso il trentottenne ha dato l' allarme, dopo aver trovato la mamma in un lago di sangue. Secondo la sua versione la donna sarebbe caduta da una scala facendo le pulizie.
Ma l' autopsia ha certificato la presenza di segni da difesa sulle mani, di lividi, di ferite al capo e sul corpo dell' insegnante. E a distanza di qualche giorno è scattato il fermo. Caleb Merlo si trova in carcere accusato di omicidio aggravato.
Oggi è attesa la convalida del suo arresto: non è ancora stato interrogato, la sua versione è quella fornita nei giorni scorsi. Un castello di bugie, costruito per garantirsi un alibi che nell' arco di tre giorni si è sgretolato.
Caleb secondo gli investigatori ha mentito, potrebbe aver premeditato tutto e sono diversi gli indizi raccolti in questo senso. Una settimana prima della morte di Paola Merlo si era presentato in questura a Vercelli, raccontando di essere stato sequestrato da due persone: «Hanno minacciato di uccidere mia madre - le sue parole farneticanti - se non porto loro dell' uranio dal Camerun».
Nel giorno della morte della donna, inoltre, i vicini hanno raccontato di aver sentito urla provenienti dall' appartamento dove Paola e Caleb abitavano. Lui ha dichiarato di non essere in casa, ma la cella che aggancia il suo telefono in quel momento risultava nell' area dell' abitazione.
I depistaggi
Nell' opinione di chi indaga, ha ucciso la madre per poi andare al bar. Da lì ha fatto tre telefonate ad amici suoi e della vittima, raccontando come il giorno precedente lei fosse già caduta mentre faceva le pulizie.
Ma nonostante le sue pressioni per portarla in ospedale, si sarebbe opposta. Tutti i conoscenti dell' insegnante hanno però ribadito di non essere a conoscenza di quest' episodio.
E non è neppure stata trovata traccia dei messaggi che lei, secondo il suo assassino, avrebbe scritto nei giorni del mistero. Per gli uomini della Mobile si trattava solo d' una ragnatela di alibi maldestri, nella quale il killer è rimasto imprigionato.
Il ritratto dell' uomo schiacciato tra ludopatia e bisogno di contante, tracciato dagli inquirenti, è molto diverso da quello del ragazzo che Paola aveva conosciuto poco più che ventenne.
Lo stesso cui aveva dato il proprio cognome, adottandolo dopo che la richiesta di asilo era stata rifiutata. A Vercelli Caleb era stato anche presidente dell' associazione «Valori dimenticati», che si occupava d' integrazione e immigrazione.