Caterina Maniaci per “Libero Quotidiano”
Messaggi lanciati nella notte dall'Inghilterra all' Egitto, e poi Giulio Regeni scompare. Il suo corpo, orrendamente torturato, viene ritrovato, qualche giorno più tardi, lungo una strada fuori Il Cairo. Tra le mille piste di questo caso senza ancora risposte convincenti si fa più chiara quella di una spy-story che avrebbe coinvolto il povero ragazzo e lo avrebbe «sacrificato».
VIGNETTA GIANNELLI - AL SISI COLLABORA SUL CASO REGENI
Il 25 gennaio scorso, tra le 19.30 e le 20.30, orario compatibile con la scomparsa al Cairo di Regeni, da un telefono inglese partirono tre sms diretti ad altrettanti cellulari egiziani agganciati alle stesse celle attraversate in quel momento dal ricercatore friulano. E all' una e 45 della notte tra il 2 e il 3 febbraio, da un'altra utenza inglese partì un messaggino diretto a un cellulare egiziano agganciato nel quartiere "6 Ottobre", dove qualche ora dopo fu ritrovato il cadavere di Giulio.
Partono quindi da questi contatti, finora inediti, i nuovi accertamenti della Procura di Roma che pochi giorni fa ha finalmente ottenuto dall' autorità egiziana una parziale sintesi del traffico delle celle telefoniche, più volte sollecitato nelle due rogatorie. Gli esperti di Ros e Sco, i massimi livelli investigativi di carabinieri e polizia, sono ora al lavoro per dare un nome ai titolari delle due schede telefoniche inglesi, attività che l' Egitto non può fare non avendo un rapporto di collaborazione giudiziaria con Londra.
Torna in campo, quindi, l' ipotesi di un coinvolgimento diretto dell'intelligence britannica nel caso del ricercatore friulano. Ipotesi già sostenuta da varie fonti di stampa, e non solo, proprio nei mesi scorsi. Tra le altre ricostruzioni, c'è quella secondo la quale l' intelligence britannica, l' Mi6, avrebbe infiltrato il Mukhabarat, il servizio segreto egiziano, ordinando a una sua cellula di sequestrare il giovane, torturarlo e ucciderlo, per poi farlo ritrovare orribilmente martoriato.
Conseguenza immediata: una crisi diplomatica tra Roma e il governo di Al-Sisi, vittima del complotto inglese, insieme all'Italia e soprattutto al povero Regeni. Tutto per tenere sotto pressione il governo egiziano e far traballare i rapporti tra Roma e Il Cairo, soprattutto in vista dell' intervento in Libia. Certo il governo egiziano non ha brillato per chiarezza e collaborazione... Dietrologia, roba da romanzi di spionaggio? Fatto sta che ora ci sono questi tabulati telefonici e i dubbi sono mpiù concreti.
E sono dolorosamente concrete le reazioni della famiglia di Regeni, che esprime «dispiacere e delusione per il rifiuto opposto dai professori di Cambridge» di rispondere alla domande inviate dalla Procura italiana. «Alla comunità universitaria di Cambridge», dichiarano i Regeni, «avevamo affidato con fiducia e sacrificio nostro figlio Giulio e da questa comunità accademica ci aspettavamo la massima solidarietà e dunque la totale collaborazione nelle ricerca della verità circa le circostanze del suo sequestro e della sua atroce uccisione avvenuta al Cairo mentre svolgeva attività di ricerca per l' università».
Paola e Claudio Regeni rinnovano il loro appello affinchè «tutti, senza omertà di sorta, s' impegnino sinceramente e fattivamente per fare emergere la verità sul barbaro omicidio di Giulio e collaborino a tal fine con la procura di Roma nella quale ripongono la massima fiducia». Con la convinzione che «chi crede nel rigore della ricerca, nel dovere della solidarietà, nella tutela dei diritti umani non può sottrarsi al dovere morale e civile di contribuire alle indagini».