LA CRISI E’ UNO STATO MENTALE - CI SONO 114 MILIARDI DI EURO DI LIQUIDITÀ AGGIUNTIVA ACCUMULATI DAGLI ITALIANI DALL’INIZIO DELLA CRISI, CHE NON VENGONO INVESTITI PER PAURA DEL FUTURO O PER MANCANZA DI UN PROGETTO - MA SE GLI ANZIANI SI ARROCCANO SULLE RENDITE, I GIOVANI SONO PIU’ POVERI E SENZA ORIZZONTI
Rosaria Amato per “la Repubblica”
Una società di anziani arroccati su patrimoni e redditi ancora più che consistenti e di giovani sempre più marginali, intrappolati nel limbo del lavoro "quasi regolare". Il cinquantesimo Rapporto Annuale del Censis fotografa un' Italia che non riesce e che forse non vuole uscire dalla crisi, e che si accontenta di "reggersi" in qualche modo.
Eppure le risorse per un cambio di passo non mancherebbero: il Made in Italy va benissimo, i turisti stranieri affollano gli alberghi a quattro e cinque stelle, l'enogastronomia è sempre più apprezzata. In più, il contante abbonda più che mai: ci sono 114 miliardi di euro di liquidità aggiuntiva accumulati dall' inizio della crisi, che non vengono investiti per paura del futuro, per mancanza di un progetto, di un collante che tenga unita questa complessa "macchina molecolare" dentro la quale ognuno si muove lungo un suo percorso individuale, ignorando tutto il resto.
È il sommerso "post terziario": «È molto diverso dall' economia sommersa di lavoro e d' impresa degli anni '70. Spiega il presidente del Censis Giuseppe De Rita - Questo è piuttosto un sommerso di redditi, di gente che cerca in tutti i modi di ottenere liquidità attraverso un uso attivo del patrimonio».
È il nero dei casolari in affitto, degli appartamenti che diventano case per vacanze, «dove impera la transazione cash»: un sommerso che permette al Paese di rimanere in piedi in un «continuismo» privo di prospettive. Si riflette infatti in un lavoro sempre più precario, meno qualificato e meno produttivo: scompaiono gli impiegati, gli operai, gli artigiani, esplode il numero dei voucher.
L'Italia rentier, la definisce il Censis, ma non tutti riescono a vivere di rendita. Sicuramente non i giovani: le famiglie con persone di riferimento che hanno meno di 35 anni hanno un reddito più basso del 15,1% rispetto alla media della popolazione e una ricchezza inferiore del 41%. Al contrario, la ricchezza degli anziani è superiore dell' 84,7% rispetto ai livelli del '91. E nulla si muove, l' incidenza degli investimenti sul Pil è scesa al 16,6% nel 2015 contro il 21,5% della Francia e il 19,9% della Germania.
Gli anziani se ne rendono conto: il 57% ritiene che i figli e i nipoti non vivranno meglio di loro, tra i benestanti la percentuale sale al 60,2%. Il problema è che i nipoti già adesso vivono peggio di loro, e agiscono di conseguenza: le relazioni di coppia diventano fluide, a loro volta precarie, e tutto sommato minoritarie.
I Millennial sono per l' 80,6% celibi o nubili (il 71,4% solo dieci anni fa), mentre i coniugati sono il 19,1% (erano il 28,2%). Non è che i giovani siano contrari al matrimonio per principio, ma il 71,9% ritiene che prima sia indispensabile avere un lavoro e un reddito stabile, il 49,9% avere risparmi accantonati, il 30,4% avere convissuto per un po' di tempo con la persona scelta, il 27,5% avere portato a termine gli studi.
Anche il boom degli smartphone e del digitale viene letto dal Censis nell' ottica di questa società che si muove in ordine sparso, e che non ha fiducia in alcun tipo di "corpo intermedio" (solo l' 1,6% dichiara di aver fiducia nei partiti politici e il 6,6% nei sindacati): usare Internet significa infatti "fare da sè", soprattutto per gli under 30 che vantano una percentuale di "collegati" del 95,9% contro una media della popolazione del 73,7%. Ognuno per sè in attesa che il "corpo politico", suggerisce De Rita, decida finalmente di tornare ad essere quello che è stato in passato, una cerniera tra le varie componenti del corpo sociale.