LA CUCINA DELL’INFERNO - LO STRESS DI NON FARCELA E LA PRESSIONE CONTINUA, L’OSSESSIONE DELLA PERFEZIONE DELLA GRANDE CUCINA CHE DIVENTA MANIACALE RICERCA DEL PIATTO PERFETTO – LA MORTE DI VIOLIER A LOSANNA È SOLO L’ULTIMO SUICIDIO DI UNA LUNGA LISTA
Angela Frenda per il “Corriere della Sera”
Un fucile da caccia. Un colpo sordo sparato nel cuore della notte. Per una morte certa.
È così che Beonoit Violier, 44 anni, chef franco-svizzero dell’ Hotel de Ville di Crissier, a Losanna, si è suicidato. Scegliendo una modalità tragicamente simile a quella di Bernard Loiseau. L’altro grande chef tre stelle Michelin che il 24 febbraio del 2003 decise di porre fine alla sua vita. In quel caso la spiegazione ufficiale fu che la guida Michelin voleva togliere una stella a La Cote d’Or , il suo ristorante in Borgogna. Cosa che, per una coincidenza quasi simbolica, è avvenuto ieri. Tanto che la vedova Loiseau si è definita «scioccata da questo declassamento avvenuto dopo 25 anni».
benoit violier e la mogliebenoit violier 2
Perdere una stella per Loiseau era un pensiero insopportabile. La sua vicenda è stata descritta nel romanzo di Rudolph Chelminsky Il Perfezionista . Tutto doveva essere «tre stelle», alla Cote d’Or , anche il pavimento e i rubinetti in bagno. Ma quella che per tanti professionisti è una costante ricerca dell’eccellenza, per Loiseau (probabilmente affetto da depressione bipolare) era fonte di angoscia. La paura di non farcela, di non riuscire a diventare il numero uno al mondo. L’ossessione della perfezione, della «musica in bocca», dell’estasi della grande cucina che, sempre più spesso, diventa maniacale ricerca del piatto perfetto.
Certo, per Violier si parla di un cuoco all’apice della carriera, pieno di progetti, da poco nominato miglior chef al mondo da La Liste , versione francese dei «50 best». Appassionato di caccia, due libri scritti sulla selvaggina, lascia la moglie Brigitte, che dirigeva con lui il ristorante, e un figlio.
Nel cordoglio generale dei big della cucina (da Paul Bocuse a Ann Sophie Pic, al minuto di silenzio della Guida Michelin ieri mattina), le ipotesi sulla sua morte sono diverse: allievo di Philippe Rochat, da poco scomparso per un malore in bicicletta, era forse depresso per questo? O per la morte di suo papà in aprile? Lui aveva confessato: «Ho perso nello stesso anno due padri». Secondo gli amici però era anche «molto stressato per la gestione del ristorante».
Ed è il lato oscuro dei grandi chef che, forse, va indagato. Tre anni fa Gordon Ramsay, lo chef britannico protagonista del reality americano «Kitchen Nightmare», durante la sua trasmissione aveva predetto: «Caro Joseph Cerniglia, il tuo ristorante finirà dentro il fiume Hudson. Non sai guidare il tuo ristorante Campania». Pochi mesi dopo Cerniglia si butta dal George Washington Bridge.
Lo stress e la pressione continua, insomma, spesso devastano i grandi chef. È di pochi giorni fa il racconto-intervista del Guardian al cuoco bistellato Phil Howard, che ha svelato la sua storia di angoscia «sedata» dalla cocaina. Confessando: «Pensate che noi grandi cuochi abbiamo esistenze eccitanti? La verità è che sono degli inferni in terra».
BENOIT VIOLIER benoit violier 3Joe Cerniglia con Gordon Ramsay
Più o meno gli stessi inferni descritti da Anthony Bourdain nel suo libro Kitchen Confidential. O da Pierre-Marco White, il più giovane chef ad aver vinto le 3 stelle Michelin, nell’autobiografia White Slave: droga, sesso e cucina perfetta. Esempi di una dicotomia evidente tra l’ansia da prestazione nell’alta cucina e il senso profondo della cucina.
Quello che, ad esempio, cercò di recuperare Charlie Trotter, considerato il Michael Jackson degli chef. A Chicago, con il suo Charlie Trotter raggiunse le 2 stelle. Ma nell’agosto 2012 chiuse: «Troppo stress. Voglio tornare a vivere». Nel novembre 2013 fu trovato morto nella sua casa di Lincoln Park. Aveva 54 anni.