EXPO, DR. JEKYLL E MR SGARBI – “L’AMBASCIATORE PER L’ARTE” CI TORMENTA CON LO SPOSTAMENTO DEI BRONZI E DELLA PRIMAVERA DEL BOTTICELLI, MA POI SFODERA UN GRAN PROGRAMMA PER MILANO
Tomaso Montanari per “Il Fatto Quotidiano”
gerald bruneau e la performance con i bronzi di riace 6
L’Expo 2015 sarà dedicata (se sarà organizzata in tempo, se non finiranno prima tutti in galera) a un singolo argomento: Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita. “Un evento unico – dice il sito ufficiale – che incarna un nuovo concept di Expo: tematico, sostenibile, tecnologico e incentrato sul visitatore”. Domanda: cosa c’entrano i Bronzi di Riace, la Venere di Botticelli, Leonardo o Giotto? Ovviamente nulla di nulla. Ma questo Paese è divorato dalla coazione a esibire sempre e comunque (anche a sproposito, anche mettendoli a rischio) i resti di un passato glorioso: e dunque da giorni il dibattito sull’Expo riguarda solo opere d’arte. Anche se dovremmo parlare di cibo, territorio, sostenibilità, tecnologia.
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Il regista scanzonato e infantile di quello che ieri lui stesso ha definito il “teatrino dei Bronzi” è stato naturalmente Vittorio Sgarbi, appena nominato “Ambasciatore dell’Expo per l’Arte” da un incauto Roberto Maroni. Sgarbi conosce a menadito le regole della comunicazione e sa che in agosto i giornali sono alla disperata ricerca di un tormentone: dunque ha tirato fuori i Bronzi, pur sapendo che la cosa non stava né in cielo né in terra. E quando il teatrino dei Bronzi iniziava a languire, ecco che ha sparato in orbita la richiesta della Venere di Botticelli, che vorrebbe spostare dagli Uffizi alla Venaria Reale di Torino, sempre per l’Expo (peccato che Milano, in termini di tempo, sia equidistante dai due palazzi).
Ovviamente il presidente del consorzio di Venaria, che è Fabrizio Del Noce (sì, proprio lui) si è spellato le mani dagli applausi: d’altra parte, nel 2012, aveva chiesto di avere... i Bronzi di Riace! E mentre il direttore degli Uffizi diceva che non era cosa, la sua soprintendente dichiarava che per 800mila euro (quota degli incassi), beh, se ne poteva parlare. Lanciando la moda del capolavoro in franchising.
A questo punto Sgarbi ha presentato il suo programma per l’Expo: che è sorprendentemente pieno di buon senso. Archiviata la sceneggiata dei capolavori viaggianti dello Sgarbi-Mr. Hyde, ecco che lo Sgarbi-Dr. Jekyll propone di fare ciò che, dal ministro per i Beni culturali fino all’ultimo assessore, si dovrebbe davvero fare: smetterla con il luna park delle mostre e degli eventi, e concentrarsi sul patrimonio monumentale permanente, che nessuno conosce.
Così lo Sgarbi-Jekyll immagina un Padiglione Bramante che è formato idealmente da due chiese legate all’architetto rinascimentale, un Padiglione Leonardo che è il Cenacolo, un Padiglione Michelangelo che è il Castello Sforzesco con la Pietà Rondanini del Buonarroti, un Padiglione Futuristi che è il Museo del Novecento e così via, in una specie di guida rossa del Touring raccontata in termini di comunicazione di massa, e infiorettata dalla (opportuna) esposizione di alcune opere in prestito. Certo, Mr. Hyde a un certo punto rifà capolino: quando Sgarbi propone di esporre a Palazzo Litta la sua stessa collezione privata! Ma si sa, l’uomo è così: è uno che, se lo inviti a fare il giudice a Miss Italia, si mette in costume e va a sfilare.
Nonostante questo, il progetto di Sgarbi fa apparire ancora più imbarazzanti gli altri eventi storico-artistici. Non parlo della mostra di Giotto, che ancora non è stata presentata: anche se bisogna notare che – mentre ha un senso che chi viene all’Expo a guardare esposizioni legate al tema del cibo, poi visiti Milano – il povero Giotto con tutto questo carrozzone c’entra come il cavolo a merenda. Parlo invece della kermesse leonardesca, presentata qualche giorno fa a Pietrasanta, dove “i due curatori della mostra, Pietro C. Marani e Maria Teresa Fiorio, hanno annunciato che è già stato chiesto al Maestro Fernando Botero di realizzare ad hoc una sua personale interpretazione della Gioconda”. Finalmente il nesso con il cibo: la Gioconda grassa di Botero! Ma non c’è purtroppo molto da ridere.
Siamo sempre alla penosa, usuratissima idea di esporre i classici con accanto le derivazioni contemporanee. L’annunciata “Grande Mostra di Leonardo” si ridurrà all'esposizione di 30 disegni e 4 dipinti affiancati dalle opere di 8 artisti contemporanei “che rappresentano un Leonardo riletto e rivisitato dalla sensibilità moderna”. Insomma, una mostra da località balneare venduta con la retorica di Tele Market.
Il colpo grosso, invece, lo sta tentando il Vaticano, per il cui stand quei volponi del cardinal Ravasi e del direttore dei Musei Paolucci stanno provando ad avere le Sette Opere di Misericordia di Caravaggio (c’è dipinto anche uno che dà da mangiare agli affamati!), strappandolo alla sua chiesa di Napoli (che però è italiana, non vaticana!). Zitti zitti, lontani dal clamore, ma offrendo un sacco di soldi. Sarebbe l’ennesima, colossale sciocchezza. E dunque ha ottime probabilità di riuscire.