Alessandro Capponi per il “Corriere della Sera”
La motivazione, «scarso rendimento», sembrerebbe quasi benevola: perché i quattro autisti licenziati ieri dall’azienda di trasporto di Roma hanno accumulato, negli ultimi due anni, 900 giorni di assenza. E uno, tra questi infaticabili lavoratori, ha realizzato un piccolo record: dal 2013 al 2015 ha dato forfait in 403 occasioni. Praticamente, considerando che l’anno lavorativo di un conducente dell’Atac è di 260 giorni, negli ultimi due anni è rimasto a casa quattro giorni su cinque. Quando si dice la settimana corta. O il part-time.
Solo che lo stipendio, per i quattro cavalieri dell’assenteismo, correva proprio come quello dei loro colleghi che invece hanno quotidianamente affrontato il traffico di Roma e le proteste dei passeggeri esasperati da ritardi e corse saltate. Si faccia attenzione anche alle motivazione utilizzate per giustificare i 900 giorni di assenza: i due terzi (600 giorni) erano necessari per malattia.
E però — di fronte a una motivazione sacrosanta per non andare a lavorare, le cattive condizioni di salute — l’Atac ha predisposto sia «un lungo periodo di osservazione» con delle periodiche visite mediche per gli assenteisti, sia una statistica che certo aiuta a comprendere il fenomeno: nel 70 per cento dei casi la febbre è arrivata, naturalmente per coincidenza, dopo festività o riposi.
Così, sfruttando l’articolo 27 del Regio Decreto 148/31, i fantastici quattro dell’assenteismo sono stati cacciati. Il sindaco Ignazio Marino dice che non c’è «caccia alle streghe, qui si tratta di migliorare i trasporti che incidono sulla vita di milioni di romani». E cioè dei tanti che, ogni giorno, aspettano l’autobus. Per andare a lavorare.