1. IN BALIA DELLE BANDE BIGLIE CONTRO I BUS E PELLEGRINI DERUBATI
Federica Angeli per la Repubblica-Roma
Due giorni fa la violenta rapina con un’arancia messa in bocca a un turista per non farlo gridare in via Vicenza. Ieri una coppia di argentini accerchiata a San Pietro da 6 borseggiatrici nomadi, poi arrestate e, nel pomeriggio di lunedì cinque autobus della linea 20 presi di mira da lanci di biglie di vetro in meno di un’ora.
Dal centro alla periferia, in una capitale super presidiata da forze dell’ordine e camionette dell’esercito, Roma sembra un far west in balia di bande di criminali. A partire dai danneggiamenti di mezzi pubblici, su cui indagano ora i carabinieri della stazione di Tor Bella Monaca: i responsabili sarebbero gruppi di ragazzini, di 10 anni, che in occasione di Halloween si aggiravano nelle strade.
Per non parlare del fatto che ci sono in giro sempre più bande di manolesta all’assalto di turisti nel centro storico e nelle metro più affollate. Insomma, la percezione del pericolo in città è diventata più alta. Malgrado gli arresti — i tre egiziani della rapina all’arancia sono stati subito presi e le cinque donne rom più una minorenne del campo nomadi della Monachina fermate subito dopo la rapina ai due argentini a San Pietro — poliziotti e carabinieri fanno fatica a stare al passo con l’escalation criminale.
2. ALINA, STAR DEI BORSEGGI: 87 ARRESTI IN 3 ANNI
Federica Angeli per la Repubblica-Roma
«Il problema non è la mancanza di agenti sulle strade, tanto che i numeri degli arresti quotidiani a Roma di borseggiatori parlano chiaro. Il problema è la legge». Ad analizzare il quadro allarmante della capitale, con gang di borseggiatori che assaltano turisti e romani nel centro storico o sulle metropolitane, è Saturno Carbone, segretario generale del sindacato di polizia Siulp.
Per una volta il dito non è puntato contro problemi di sotto organico o di mala gestione delle risorse nella polizia di Stato. Del resto i numeri della Questura sono netti: nei primi 9 mesi del 2016 gli arresti per furto con destrezza e borseggi sono aumentati del 4,2% rispetto all’anno precedente. Un dato che mostra quanto l’impiego di agenti e carabinieri sul campo, come scelta strategica per arginare proprio il fenomeno, ha portato i suoi frutti.
E allora la percezione che nulla sia cambiato e che gang di manolesta siano sempre un passo avanti rispetto a piani di prevenzione, da cosa deriva? Per spiegarlo, ci dice un investigatore prendendo in mano un fascicolo, basta guardare la storia di una nomade (tanto per fare un esempio), arrestata per furto 87 volte in 3 anni. E arrivare alla radice del problema. Che non dipende dal lavoro di poliziotti su strada.
Alina, una rom, tra 20 e 30 anni, con numerose residenze fittizie, ha 87 alias e almeno venti diverse età. La sua identità cambia ogni volta che un agente o un militare la sorprende con le mani nello zaino di un turista, ora in piazza di Spagna, ora in via del Corso, ora sotto il colonnato di piazza San Pietro. Ottantasette identità per altrettanti arresti significa che Alina 29 volte all’anno è finita o in un commissariato o in una caserma della città. E qui arriviamo al nocciolo della questione.
«Emblematico il caso della nomade dalle mille identità e inequivocabile il significato. A Roma gli arresti ci sono ed è falso dire che la città sia in balia delle gang — spiega ancora il segretario generale del Siulp — è la legge che non dà merito dello sforzo di agenti. Spesso non fanno in tempo a compilare la pila di carte per far convalidare un arresto che il malvivente è già di nuovo in strada. Il punto è la certezza della pena, purtroppo oggi tra i vari rivoli delle leggi si trova sempre il cavillo per cui il malvivente è di nuovo in strada. Le leggi non sono chiare e noi spesso assaliti dallo sconforto».
Il senso di insicurezza che ne deriva ai romani quindi è da ricercare a monte, non nell’incapacità di sorprendere e ammanettare i responsabili di assalti a turisti. Ma nell’applicazione della legge.
Non solo però una normativa poco chiara che limita lo sforzo delle forze dell’ordine sul campo, ma anche per una serie di problemi a cascata che ne derivano. «Molti poliziotti durante la cattura di queste bande di microcriminali — conclude Saturno Carbone — vengono feriti, aggrediti, e sono poi costretti a pagarsi le cure da soli. Quindi oltre a creare un danno alla loro salute anche la collettività ne risente perché gli agenti contusi sono costretti a stare a riposo medico». E tutto per vedere poi, al termine dell’operazione, tornare esattamente le cose come prima.
Alina infatti è stata arrestata, racconta il suo fascicolo, anche a distanza di 48 ore e sempre nella stessa via, ma il suo pressocché perenne stato di gravidanza impedisce alla giustizia di mandarla in carcere. E torna all’opera come se il fatto di essere portata in caserma e poi in tribunale davanti a un giudice fosse ormai un passatempo. Una noiosa alternativa alla rincorsa di coppie di turisti da saccheggiare con le tecniche più disparate e ormai collaudate.
BORSEGGIATORE BORSEGGIARE SCIPPARE
Come quella di accerchiare in cinque la vittima di turno e poi alla velocità del suono sfilare il borsellino da zaini e borse; oppure quella di restituire, in metro, il portafoglio all’ignaro turista fingendo di averlo raccolto da terra. Un gesto inconsueto che porta il malcapitato persino a ringraziare il suo carnefice: peccato che il borsello sia svuotato di contanti e carte di credito e che, quando la vittima se ne accorge, il treno è già arrivato alla stazione successiva e del gruppo di borseggiatori ormai non c’è più traccia.