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L'HARMONY DEL CALIFFO - L'ULTIMO TRUCCO DELL'ISIS: FAR SOGNARE IL JIHAD CON STORIE D'AMORE VIA TWITTER. DECINE DI RAGAZZE EUROPEE PARTONO PER LA SIRIA CONVINTE DI TROVARE L'UOMO DEI SOGNI - LA STORIA DI TAREENA, FAN DELLE SPICE GIRLS, CHE SI È UNITA ALL'ISIS CON IL FIGLIO DI 16 ANNI E POI SI È PENTITA (MA È STATA CONDANNATA)

 

1. L'ULTIMO TRUCCO: FAR SOGNARE IL JIHAD CON STORIE D'AMORE VIA TWITTER

Fausto Biloslavo per ''il Giornale''

 

La minorenne francese fermata in tempo a Trieste, che stava per raggiungere la Siria dopo essersi innamorata via Skype di un aitante mujahed. Maria Giulia Sergio, la prima Lady Jihad di casa nostra, che si è sposata in Italia un jihadista albanese per andare in Siria. La diciassettenne austriaca usata come ragazza pon pon della guerra santa, che dopo pochi mesi di matrimonio a Raqqa ha cercato di fuggire e sarebbe stata uccisa a martellate. Ed i sensuali guerrieri di Allah usati come esche in rete, che in gergo si chiamano «Jihotties».

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Il Califfo ha lanciato una specie di agenzia matrimoniale on line. Attraverso i social network vengono attirate giovani ragazze che vivono in Occidente, spesso convertite all'Islam. Non mancano foto e inserzioni accattivanti in rete, come barbuti e sorridenti mujaheddin, che si fanno coprire gli occhi dalle mani, rigorosamente coperte da guanti neri della futura sposa. Miliziani in mimetica e kalashnikov, che ammiccano su Facebook in cerca di moglie.

 

Oppure il devoto compagno barbuto che accenna un fugace bacio alla sua dama totalmente coperta dal burqa. In primo piano il comandamento: «Sposa la persona che ti potrà elevare moralmente ricordandoti sempre che per te Allah è sufficiente». Sembra una versione in salsa jihadista della collana Harmony.

 

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La Cnn ha scoperto un account di twitter, poi cancellato, che serviva da agenzia matrimoniale dello Stato islamico. Una misteriosa donna, già arruolata nel Califfato, descriveva l'incontro con l'amore: «Dopo pochi minuti, ho sollevato il mio niqab (il velo, nda). Lui mi guardò. I nostri occhi si catturarono gli uni con gli altri». E poi aggiungeva con un tocco di romanticismo: «Ho avuto delle palpitazioni più veloci della luce». L'aitante, dolce metà, è un seguace delle bandiere nere in cerca di moglie.

 

In gergo li chiamano «Jihotties» ovvero attraenti mujaheddin, che spezzano i cuori di molte musulmane nate e cresciute in Occidente. Dopo l'adescamento on line, il secondo passo è illustrare i benefici del Califfato: «Ti danno una casa, dove puoi vivere con tuo marito e crescere dei figli, che verranno arruolati nella guerra santa».Una minorenne francese fermata lo scorso giugno a Trieste sulla via della Siria si è infatuata via Skype. «Le avevano addirittura inviato la foto di un miliziano, giovane ed armato, presentandolo come futuro sposo» spiega Luca Carocci, il dirigente della Digos nel capoluogo giuliano.

 

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La napoletana di 27 anni, Maria Giulia Sergio diventata Fatima Az Zahra, ha sposato in Lombardia l'albanese Aldo Kobuzi per poter arrivare in Siria con il marito ed arruolarsi nel Califfato. Shannon Maureen Conley, un'adolescente di Denver convertita all'Islam, è stata bloccata sulla scaletta dell'aereo dall'Fbi, mentre tentava di raggiungere il suo amore in Siria, un tunisino di 32 anni conosciuto via Skype.

 

Sorte ben più triste per la diciassettenne austriaca Samra Kesinovic. Dopo il matrimonio con un mujahed Samra ha tentato la fuga, ma lo scorso novembre sarebbe stata scoperta e brutalmente uccisa. Si calcola che siano 500 le ragazze «occidentali» attirate dalle sirene del Califfato. A Raqqa hanno aperto una specie di agenzia matrimoniale.

 

L'aspetto più assurdo è che le spose di Allah vengono «riciclate». Se il compagno muore in battaglia un altro mujahed è pronto a risposare le vedove della guerra santa. Umm Layth, una delle adescatrici on line, è riuscita a twittare: «Allah è grande. Non c'è modo di descrivere l'emozione che provo seduta accanto ad una sorella (musulmana) in attesa della notizia che suo marito è diventato un martire».

 

 

2. PORTÒ IL FIGLIO DI 16 MESI IN SIRIA CONDANNATA DA UNA CORTE INGLESE

Fabio Cavalera per il ''Corriere della sera''

 

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Andava matta per la soap opera televisiva che è conosciuta in Inghilterra col diminutivo di «Towie». Amori e drammi nell' Essex. Ne era così entusiasta, Tareena Shakil, mamma del piccolo Zaheem, che qualche giorno prima di volare verso il fortino dell' Isis, Raqqa, si era fatta 200 chilometri per comperare alcuni vestiti nel negozio gestito da alcuni fra i protagonisti dello show di Itv . Poi il 23 ottobre 2014, carina e in minigonna, spingendo il passeggino col figlioletto di 16 mesi e ripresa dalle telecamere dell' aeroporto delle East Midlands, si era imbarcata verso la Siria.

 

«Volevo vivere sotto la legge della sharia e credevo che le atrocità raccontate sull' Isis fossero un' invenzione dei media occidentali».

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L' ex studentessa con voti vicini all' eccellenza in un liceo di Birmingham parla in un' aula della corte suprema. Sei giudici uomini e sei donne l' hanno già condannata per avere appoggiato le attività terroristiche, il jihad, la guerra santa. Tareena Shakil aspetta di sapere quanto dovrà restare in carcere. Domani il verdetto. E' la prima mamma inglese (ha 26 anni) che finisce dietro le sbarre per essersi arruolata con l' Isis. Ma si è pentita.

Era fuggita col bimbo. «Desidero morire da martire».

 

Aveva pubblicato le sue immagini col mitra in mano. E' tornata sui suoi passi, dopo appena tre mesi e mezzo, inorridita. E, nel febbraio 2015, l' hanno arrestata e ora processata.

 

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«Non chiedo comprensione, la decisione di andare in Siria è stata soltanto mia». Papà pachistano e mamma australiana, ceto medio. «Non credenti». Tareena Shakil è cresciuta senza velo con le mode e i consumi occidentali, con la musica occidentale. Era abbagliata dalle Spice Girls.

Difficile immaginare che la potessero reclutare fra i «soldati» e fra i tagliagole dello Stato Islamico.

 

Eppure un giorno è capitato. Forse complice un cedimento psicologico, certamente suggestionata dai falsi profeti della guerra santa, Tareena Shakil ha pensato che la sua missione fosse quella di posare con il mitra in Siria.

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Aveva una storia d' amore alle spalle, finita nel peggiore dei modi. Un uomo, un somalo, che lei, dopo il matrimonio, aveva scoperto sposato e con due mogli. Era già nato Zaheem. Divorziarono.

 

Chissà, forse la delusione l' ha spinta in mano ai terroristi. Iscrittasi a un corso di management alla «London School of business and finance», aveva cominciato a immergersi nei siti Internet del radicalismo islamico. Senza abbandonare le soap opera televisive.

«Vado in Spagna, porto mio figlio al mare». In questo modo, il 23 ottobre 2014 Tareena si è congedata dai genitori.

 

Col bambino nel passeggino.

Ha dato notizia di sé dopo qualche giorno con un cinguettio su Twitter: «E' il mio jihad». La Turchia e da qui, accompagnata dal «contatto», a Raqqa. Nell' inferno. L' hanno rinchiusa nell' edificio dell' ex governatore di Raqqa, assieme ad altre trenta donne, «francesi, filippine, arabe», in attesa di essere «assegnate a un militante». «C' era una padrona alla quale dovevamo obbedire». Schiave sotto i bombardamenti, «ogni notte». L' infatuazione di Tareena per l' Isis è durata poco.

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Il 6 gennaio 2015 ha pagato 50 dollari a un taxista siriano.

«Portami al confine». Ha scavalcato il filo spinato col bambino in braccio, ha abbandonato lo Stato Islamico. E ha scritto ai suoi genitori. «Aiutatemi, venite a prendermi». Il padre l' ha presa in Turchia ma il 6 febbraio a Heathrow l' hanno arrestata. Ha provato a inventare una scusa: «Mi avevano rapito». Niente scuse: carcere, processo, colpevole. La prima mamma dell' Isis pentita dovrà frequentare corsi di «deradicalizzazione» in carcere. Poi ritroverà la libertà.

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