INCROCI PERICOLOSI – ALLE PORTE DI ANCONA LA BRETELLA FERROVIARIA PIÙ PAZZA DEL MONDO: E’ SU UN’AREA A RISCHIO ESONDAZIONI E COSTEGGIA L’AEROPORTO – I CONVOGLI DOVRANNO FERMARSI PER I DECOLLI
Antonello Caporale per “il Fatto Quotidiano”
Sei chilometri di ferrovia a binario unico, 174 milioni di euro di spesa preventivata, i piloni del viadotto ben piantati nell’area a più alto rischio idrogeologico e – soprattutto – trasversali alla pista di decollo dell’aeroporto. Quando un aereo si alzerà in volo il treno sosterà in attesa. Gentilezze tra vettori.
C’è voluto talento, ma alla fine Rfi, padrona dei binari d’Italia, ce l’ha fatta. Alle porte di Ancona, nel Comune di Falconara Marittima, sta per avviarsi l’appalto che contiene in sé, come una matrioska delle cattive notizie, più controindicazioni possibili, tutte però quotate al rialzo del rischio. È una storia calunniosa per l’intelligenza collettiva, ma nel solco consueto delle performance pubbliche.
Questa storia modello della vecchia e nuova Italia inizia nel 1997 e si conclude ai giorni nostri. Inizia quando si decide di rimediare alla traiettoria della linea ferroviaria che attraversa i serbatoi dell’Api, le grandi raffinerie che chiudono a ovest l’orizzonte di Ancona. Si decide dunque il bypass che servirà anche a evitare la corsa interrotta dei treni della direttrice adriatica Nord-Sud obbligati a cambiare alla stazione di Falconara.
Nel ’97 si stanziano 63 miliardi di lire per cinque chilometri di binari alternativi. Nel 2001 la Regione Marche affida a Rfi il progetto e paga mezzo miliardo di lire per vederlo redatto. Arriva Berlusconi e il bypass che deve scongiurare il pericolo viene inserito tra gli interventi strategici di preminente interesse nazionale nella legge obiettivo. Nessuno nasce lepre, perciò solo all’alba del 2003 la corsa burocratica ha inizio. In Regione analizzano e timbrano con un ok la valutazione di impatto ambientale.
Due comitati cittadini però scrivono ai progettisti: non è che per caso la ferrovia intralcia le attività dell’aeroporto? E vi siete accorti che state costruendo su una palude, con indice R4 di pericolosità? Silenzio all’altro capo. Però, e siamo al 2004, anche il ministero dell’Ambiente domanda alle Ferrovie la concertazione con l’ente che gestisce l’aeroporto. Scrive: “Esplicitare la compatibilità dell’opera con i vincoli dai coni di volo e dall’ambito di rispetto dell’aeroporto”. Rfi allora esplicita: “L’opera si presenta perfettamente congruente con i vincoli cogenti sull’area aeroportuale”. In quello stesso anno la Provincia di Ancona propone un progetto alternativo che riduce i costi, allontana il tracciato dall’area ad alto rischio esondazione e dall’aeroporto. Troppo banale l’idea, perciò scartata. Anzi nemmeno giunta negli uffici regionali...
Quindi si parte? Ma certamente sì. Il marchigiano Mario Baldassarri, al tempo sottosegretario all’Economia, conduce Silvio Berlusconi alla firma di ben 210 milioni di euro. Sono altri tempi e non manca il cash in cassa. Evviva, si parte!
Purtroppo i comitati locali sono tignosi e riscrivono, questa volta al ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro. È l’autunno 2007-primavera 2008. Il ministro rassicura: “Il tracciato ferroviario esclude interferenze con il cono di volo e il sentiero luminoso dell’aeroporto!”. Di più e di meglio: “A tal proposito anche sulla base delle indicazioni ricevute dai funzionari dell’aeroporto è stato predisposto uno specifico studio”. La concertazione dunque c’è stata.
Purtroppo però l’8 luglio del 2008 la direzione dell’Enac, l’ente che garantisce la sicurezza dei voli, scrive a Rfi. È una lettera dal tono abbastanza piccato: “Questa direzione è venuta a conoscenza della progettazione di un bypass ferroviario il cui tracciato attraverserebbe ortogonalmente il sentiero di avvicinamento all’aeroporto, pertanto si ritiene che una valutazione tra i progettisti e i tecnici Enav e Enac sia utile a definire le reali implicazioni che il collegamento crea alla navigazione”. Domanda: allora non si sono parlati, non hanno concertato, non hanno valutato?
infatti appena iniziano a concertare, le cose cambiano. Bisogna, dicono dall’aeroporto, prevedere limitazioni alla velocità dei treni, e non devono passare vagoni con merci pericolose mentre l’aeroporto è in attività. Quindi i treni si devono fermare al semaforo e attendere il decollo, e alcune merci nemmeno possono transitare. Se quelle limitazioni fossero state raccolte prima di progettare il bypass, il progetto avrebbe avuto fortuna? Ah, saperlo.
E quella bretella sarebbe potuta passare di lì se il Comune di Falconara avesse preventivamente allegato, come prescrive la legge, il piano di rischio? Bella domanda. E allora cosa si è fatto? Qui la storia, tutta italiana, ha del miracoloso. Col bypass approvato, e i soldi in cassa, si è provveduto alla riduzione del rischio per via endovenosa. La burocrazia ha emesso un verdetto a nome delle paludi bonificate ma alluvionate e anche del cemento delle piste dell’aeroporto e ha considerato, molto creativamente, che l’opera fosse già stata realizzata. Il bypass c’è anche se non si vede! Allegato il piano, rividimato il progetto, via ai lavori.
Dunque spenderemo 174 milioni di euro per sei chilometri di tracciato. I treni invece di correre veloci come lepri viaggeranno lenti come lumache, alcune merci transiteranno altrove. E, diciamocelo, nessuna alluvione potrà allagare i viadotti. Ma poi, come si dice? Se pioverà tanto, governo ladro!