Marco Gasperetti per il Corriere della Sera
Sono le 2.30. Due studentesse universitarie, poco più che vent' anni, americane, da un paio di mesi in Italia per studiare arte e design, escono dalla discoteca Flo di piazzale Michelangelo, il belvedere di Firenze. Una di loro tira fuori lo smartphone e chiama un taxi. «Non stavamo bene, avevamo bevuto troppo», avrebbero ammesso qualche ora più tardi davanti all' agente di polizia che, accanto a due psicologhe, avrebbe ascoltato il loro racconto.
Una di loro si è fatta una «canna», racconta che fa fatica a camminare. «A un tratto vediamo lampeggiare qualcosa. È una «gazzella» dei carabinieri - raccontano nella loro testimonianza, che è ancora tutta da verificare -. «Si avvicinano, sono due militari in divisa. Ci dicono che se vogliamo possono darci un passaggio». Accettano, perché di notte è meglio così. Appena arrivate in Italia hanno partecipato a un incontro, organizzato dalla questura, durante il quale alcuni poliziotti hanno spiegato loro come comportarsi.
«Ci hanno detto di stare attente alle regole, di non bere e non passeggiare da sole di notte in luoghi isolati e soprattutto di non fare l' autostop agli sconosciuti. Ma quei carabinieri non sono sconosciuti, sono friends , amici». Le studentesse dicono agli investigatori di aver accettato di salire in macchina. «Sono gentili, ci accompagnano a casa», raccontano. Dall' appartamento del centro storico della città, dove le studentesse abitano insieme ad altre compagne di studi, ci sono poco meno di otto chilometri. Una quarantina di minuti a piedi se si va di buona lena, meno di dieci minuti in auto.
A questo punto il loro racconto, vero o presunto, diventa drammatico. «Arriviamo a casa, i carabinieri parcheggiano l' auto (risulterà poi che i due militari hanno avvisato la centrale che stanno effettuando un controllo, ndr ) e si offrono di accompagnarci sino a casa». Ci sono telecamere nella zona, riprendono la scena, l' auto dei carabinieri presumibilmente resta ferma lì per 23 minuti. Camminano a fatica, sono sorrette dai due carabinieri. Nella denuncia, che presenteranno poche ore dopo in questura, le due ragazze spiegano che una di loro, quella che ha bevuto di più, decide di prendere l' ascensore.
È la parte più controversa del racconto, ma anche quella decisiva, se sarà confermata. «L' uomo in divisa entra con me e quando la porta si chiude mi violenta - ricorda la più giovane -. Si avvicina, mi mette le mani addosso, è un rapporto completo, che subisco perché non ho la forza di reagire. Non riesco a gridare, non chiedo aiuto. Dura pochi minuti. Terribili». L' amica - raccontano le due studentesse - sale le scale sorretta dal secondo militare. Si muove a fatica e a un certo momento - continuano - sembra che si fermi esausta appoggiandosi al muro di un piano. «E lui mi stupra», racconta in lacrime all' agente di polizia. Sulle scale e nell' ascensore restano tracce biologiche. Poi le due ragazze sarebbero entrate nell' appartamento.
«Le nostre amiche capiscono subito il dramma. Ci chiedono spiegazioni. Le rispondiamo in lacrime che ci hanno violentato, sono stati i carabinieri». Una delle inquiline chiama la polizia. Scatta il protocollo rosa contro le violenze. Visite in due ospedali, psicologi, residenza protetta dove ieri le ragazze sono state raggiunte dai familiari. È l' alba, la notte fiorentina adesso è proprio finita. Ma l' incubo no. Dall' androne della scuola delle ragazze ieri mattina due compagne delle ragazze quasi si commuovono. «Firenze è la Bellezza nel mondo. Adesso deve splendere di verità», sussurrano per poi scomparire dietro uno dei vicoli del centro storico.
carabinieri CARABINIERI ACCUSATI DI STUPRO