Marco Aldighieri per www.ilmessaggero.it
«Mi diceva è un gioco, poi mio fratello mi violentava». È il racconto choc di una ragazza di 22 anni fatto ai carabinieri. E il sangue del suo sangue, suo fratello oggi di 32 anni, è a processo davanti ai giudici del Tribunale collegiale per rispondere dei reati di incesto e violenza sessuale. Il prossimo 18 marzo sarà posta la parola fine a questa drammatica vicenda, iniziata nel 2009 e terminata nel 2015, con la lettura della sentenza.
Ieri avrebbero dovuto testimoniare la vittima e la sua psicologa che l’ha avuta in cura per anni, ma c’è stato un accordo tra il pubblico ministero Roberto Piccione e la difesa con l’avvocato Pietro Caporello, per cui sono stati acquisti dalla giuria i verbali di indagine rilasciati ai carabinieri. La giovane ha così evitato di ripercorrere davanti alla Corte quei terribili giorni, che l’hanno segnata per sempre sia nello spirito e sia nel corpo.
Secondo l’accusa infatti tutte le volte che i genitori uscivano di casa per andare a lavorare lui, il fratello, trovava una scusa per avvicinare la sorellina. Il suo interesse morboso, all’inizio si manifestava con una serie di attenzioni come dei regalini. Poi la sua ossessione sessuale nei confronti della sorella è degenerata.
Dai bacini è passato a toccarla nelle parti intime. E con il passare dei mesi si è spinto oltre, costringendola ad avere dei rapporti orali. Ma l’orco non si è fermato, anzi è diventato ancora più brutale. Un giorno, sempre con l’assenza di mamma e papà, ha preso con la forza la sorellina e l’ha violentata. Per l’accusa le ha fatto perdere la verginità ad appena tredici anni.
La ragazza ha aspettato di compiere i 18 anni e nel 2015, prima se ne è andata di casa, e poi affiancata dal legale Simone Guglielmin del foro di Treviso ha trovato il coraggio di denunciare il fratello ai carabinieri. Il racconto della presunta vittima ai militari è stato ricco di dettagli e di particolari, e gli inquirenti le hanno creduto.
Terribile è stato, anche per gli investigatori, quando ha ricordato lo stupro: «Ho capito cosa mi era accaduto quando ho visto che stavo perdendo sangue». La giovane non ha mai voluto dire nulla a mamma e papà, e per gli inquirenti i genitori non si sarebbero accorti di niente. «Brave persone» sono state definite da chi indaga, che lavorano e non hanno grilli per la testa. Insomma, una normale famiglia italiana. Padre e madre non avrebbero mai potuto pensare a tanta violenza perpetrata dal fratello ai danni della sorellina.