“NINO L’ACCATTONE” È VIVO E STRAPARLA IN MEZZO A NOI - ANTONIO MANCINI, EX MEMBRO DELLA BANDA DELLA MAGLIANA, DATO PER MORTO PER ERRORE QUALCHE GIORNO FA, A RUOTA LIBERA: “LA BANDA HA CAMBIATO PELLE, OGGI CI SONO GLI UOMINI DEL GRUPPO CARMINATI MOLTO ATTIVI. PRIMA MASSIMO CON SALVATORE BUZZI. ADESSO IL FIGLIO ANDREA CON GLI UOMINI VICINO A VERDINI" - “NON CI SI DEDICA PIÙ ALLA DROGA, LÌ CI SONO LE GUARDIE DI MEZZO, MA SI FANNO AFFARI CON LA FINANZA” – “NON SEGUO PIÙ I MEDIA MAINSTREAM, MI INFORMO SU BYOBLU”
Estratto dell’articolo di Marco Carta per “La Repubblica - Edizione Roma”
“La Banda della Magliana non è finita, ha cambiato gli uomini. È come la Fenice che risorge. Non si dedica più alla droga, ma fa affari con la finanza. Io vedo che oggi ci sono gli uomini del gruppo Carminati molto attivi. Prima Massimo Carminati con Salvatore Buzzi. Adesso il figlio Andrea con gli uomini vicini a Verdini. Fanno affari, finanza. Non si sporcano con la droga e altri impicci”.
Nemmeno il tempo di festeggiare la resurrezione dopo la falsa notizia della sua morte, che Antonio Mancini torna a dire la sua. Storico esponente della Banda della Magliana, Mancini – detto pure “Nino l’Accattone” - dal ‘94 è diventato collaboratore di giustizia. “Trenta anni fa è iniziata la mia seconda vita. Io venivo da un paesello dell’Abruzzo e mi sono ritrovato a San Basilio. Li c’era chi continuava ad alzarsi alle cinque di mattina come mio padre per farsi il mazzo. E poi c’era il gruppo che si alzava quando gli pareva. Vestiti bene, i soldi in tasca, macchinoni.
Io mi chiedevo ma come fanno questi? Ero burinello. Ho buttato la moneta in aria. Se fossi rimasto al paesello non ci sarebbe stata nemmeno la Banda. Ho iniziato con il furto della lambretta, le rapine con Er Pantera. E poi è arrivato Nicolino Selis, “inciufolato” da Raffaele Cutolo, che ha creato questa organizzazione a Roma. Prima Roma era invasa da gruppi, poi è arrivata la Banda”.
Invece adesso come funziona a Roma?
“Per come la vedo io, Roma è frantumata in tanti piccoli gruppi, che per un certo periodo vanno d’accordo. Ognuno ha il suo lotto e poi ogni tanto si scatenano le guerre. Gli unici che stanno facendo affari che non riguardano più la droga sono quelli della Banda della Magliana.
La Banda non è finita, la banda ha cambiato gli uomini. Oggi io che ho 75 anni, ma che devo fa? I vecchi, i rottami fanno altro. Mancini, Danesi, Pernasetti hanno cambiato vita. Lavorano tutti, chi fa il teatro, chi fa il cuoco. Io mi occupo del sociale”.
MASSIMO CARMINATI E SALVATORE BUZZI FIRMANO PER IL REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA
Chi sono i nuovi?
“La banda è come la Fenice, che rinasce. Chi mai avrebbe immaginato che Massimo Carminati si mettesse in affari con Salvatore Buzzi? Adesso invece è il turno del figlio Andrea che lavorava con i soci di Verdini (Fabio Pileri, il socio di Tommaso Verdini, gestiva insieme a Carminati una società di consulenza, la Pica Consulting, ndr). Non mi ha sorpreso questa inchiesta. Hanno smesso con la droga, oggi è tutta una cosa di soldi. La banda ha cambiato pelle un’altra volta.
Io oggi vedo il gruppo Carminati che si dedica soltanto agli affari finanziari. Di droghe, cose sporche non ne vuole sapere. Non gli interessa più, si va in galera. Ci sono le guardie di mezzo ed è rischioso. Carminati è attivo, ma non come criminalità spicciola. E’ diventato un finanziere, come ce ne sono tanti. Quelli che si danno da fare. Poi posso sbagliarmi, ma le cose le conosco, posso intuire i movimenti”.
La notizia della sua morte è diventata subito virale. Che effetto le fa sentire che siete entrati nel mito?
“All’inizio mi sono avvelenato, hanno fatto piangere mia figlia, i nipotini. Poi ho iniziato a leggere. Morto il boss della Magliana. Ma quanti boss eravamo a ‘sta cazzo di Magliana? Io amo dire che sono stato un criminale, componente della banda della Magliana. Questo ricamare attorno al mito della Banda a me non piace. […]”.
Due giorni fa l’hanno data per morto. Invece ha 75 anni ed è in splendida forma. Che bilancio fa della sua vita?
“Quando ho deciso di collaborare con la giustizia ho iniziato a dire quello che sapevo. Io non sono pentito. Ma se qualcuno mi chiedesse se rifarei quello che ho fatto direi di no. Avrei studiato. […]
Ricordo ancora quando negli anni settanta uscì la Repubblica di Scalfari. Per farla arrivare in carcere facemmo le rivolte. Non ce la volevano far leggere. Ora non seguo più i media mainstream. Mi informo su Byoblu”.
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