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LIVORNO SOTT’ACQUA – IL DATO CHE FA TREMARE LA CITTA’: OLTRE 3 MILA CASE A RISCHIO IN CASO DI ALLUVIONE - LA VILLETTA IN CUI UN’INTERA FAMIGLIA HA PERSO LA VITA AVEVA TUTTE LE AUTORIZZAZIONI MA I RISCHI FURONO SOTTOSTIMATI. ORA SI INDAGA

Marco Menduni per “la Stampa”

 

LIVORNOLIVORNO

La villetta della strage, quella in cui un' intera famiglia di quattro persone ha perso la vita e si è salvata solo una bambina di tre anni, era stata costruita nel 1930. Tutti i certificati erano in regola. Un permesso per il frazionamento degli appartamenti a piano terra, nel 2010. Persino una nuova abitabilità concessa solo tre anni fa dopo un nuovo controllo alla fine dei lavori. Eppure quel pian terreno che si affaccia su un giardino è più basso della sede stradale di tre metri.

 

NUBIFRAGIO LIVORNONUBIFRAGIO LIVORNO

Il pavimento è sottostante il livello massimo del Rio Maggiore, che scorre tombato abbracciando il perimetro della proprietà. Soprattutto i permessi vengono concessi per il livello più basso dell' abitazione quando, già da due anni, lo stesso Comune ha capito quale sia la pericolosità della zona, tanto da realizzare (ma a quell' epoca non erano terminati) degli interventi per la sicurezza idraulica. Interventi sottostimati, che non sono comunque serviti a nulla la notte del diluvio e della tragedia. Ora la procura vuol vedere chiaro nella documentazione della villetta, vuol capire se, nel momento in cui sono state rilasciate le certificazioni, sono stati calcolati i possibili rischi.

 

SIMONE RAMACCIOTTI E GLENDA GARZELLI - VITTIME NUBIFRAGIO LIVORNOSIMONE RAMACCIOTTI E GLENDA GARZELLI - VITTIME NUBIFRAGIO LIVORNO

C' è un dato che ora fa tremare Livorno. L' amministrazione aveva già iniziato a realizzare uno screening sulla sicurezza degli edifici e i dati sono allarmanti: più di 3000 case sono a rischio in caso di alluvione. La consapevolezza che le opere realizzate sul Rio Ardenza, quelle vasche di contenimento che avrebbero dovuto garantire la sicurezza, non sono riuscite nemmeno a rallentare il torrente, che ha abbattuto i muri e in due minuti invaso gli appartamenti, fa paura.

 

Come intervenire su un territorio devastato dagli interventi realizzati dagli Anni Settanta fino al Duemila? Intorno alla villetta della morte, aver fatto sparire il Rio Maggiore infilandolo in un tunnel di cemento ha fatto nascere un nuovo quartiere intero vicino allo stadio d' epoca fascista intitolato ad Armando Picchi. Quartiere che ha visto auto spazzate via e portate a 30 metri di distanza, fango a un metro di altezza negli androni; poi l' acqua che non è riuscita a entrare nella galleria sotterranea e ha distrutto i muri di contenimento per poi dilagare.

 

Un caso di intervento pubblico d' emergenza fu realizzato a Genova, prima dell' alluvione del 2011, quando a tre palazzi in via Fereggiano fu revocata ogni concessione e furono abbattuti.

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In un quarto palazzo, spiega l' ex governatore Claudio Burlando, «decidemmo di ricollocare gli inquilini, comprare il pian terreno e tenerlo vuoto». Quando il rio Fereggiano esondò, il 4 novembre 2011, quei vani si riempirono di fango fino al soffitto e almeno chi abitava lì salvò la vita.

 

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Non è evidentemente una via replicabile su vasta scala. Ma dalle carte del Comune di Livorno le situazioni a rischio emergono ovunque. Sulla strada che porta al Santuario di Montenero, una delle zone più devastate dell' alluvione, è nato addirittura in maniera abusiva un paesello abusivo di dieci ville, scoperto da un blitz dei carabinieri nel 2012. L' hanno chiamata la collina d' oro, per quanto avevano reso quegli edifici ai costruttori. Oggi è tutta una collina di fango.

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