1 - ECCO LA CASCINA DOVE VIVEVA A CHIARAVALLE
IMANE FADIL - LA CASCINA IN CUI VIVEVA A CHIARAVALLE
La «casa infestata dai topi», ammesso che si riferisse proprio a quella, sarebbe la cascina di Chiaravalle, a sudest di Milano, dove Imane aveva vissuto in affitto. Sul citofono il campanello più in basso dice ancora «Fadil». La cascina, fra l’Abbazia e il cimitero, mostra i segni del tempo ma dall’esterno non appare certo così malmessa. Semmai di topi ce ne potrebbero essere appena fuori, fra le baracche davanti al vecchio cancello d’ingresso.
2 - FADIL, LA PROCURA HA UN ALTRO TEST: «VALORI ALTERATI ANCHE NELLE URINE»
G.Gua. per il “Corriere della Sera”
Tracce significative di radioattività sono risultate presenti nel corpo di Imane Fadil in quantità tali da accreditare l' ipotesi iniziale che la donna sia morta per un avvelenamento dovuto proprio agli isotopi dei metalli pesanti. È stato un esame eseguito dopo il decesso su ordine dei magistrati milanesi a confermare i sospetti che li avevano spinti ad aprire un fascicolo, con l' ipotesi di omicidio volontario a carico di ignoti, per fare luce sulle cause della morte di uno dei testimoni dell' accusa nel processo Ruby Ter, quello a carico di Silvio Berlusconi accusato di aver corrotto testimoni dei vari processi su cene e dopocena ad Arcore.
A scoprire la presenza di radiazioni da metalli pesanti in quantità molto superiore alla norma sono stati i tecnici di un laboratorio di analisi specializzato di Milano incaricato dai titolari dell' inchiesta, il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il sostituto Luca Gaglio. Come in parte anticipato dalla Stampa , si tratta di un test parziale al quale ne dovrà seguire un altro molto più approfondito e specifico che si terrà durante l'autopsia sul corpo di Imane Fadil, che è stata programmata tra mercoledì e giovedì prossimo.
Su richiesta specifica dei magistrati inquirenti, l' anatomopatologa Cristina Cattaneo utilizzerà degli strumenti particolari per verificare la quantità di radiazioni e il tipo di metalli pesanti che si sono depositati nei tessuti della donna, morta il primo marzo in circostanze ancora misteriose nell' istituto Humanitas di Rozzano, dopo un mese di atroci sofferenze a causa di un male che le aveva devastato gli organi interni e che non è stato ancora individuato.
Le analisi del sangue, che servono a misurare la quantità di metalli pesanti, non hanno rilevato livelli di tossicità. Invece, il test preliminare che calcola la radioattività nei tessuti segnala radiazioni oltre i limiti di guardia. Una contaminazione che un investigatore ha definito paragonabile a quella di una persona che ha lavorato per 30 anni in una fonderia.
imane fadil l'ultima intervista 3
Anche nei campioni di urina sono stati rilevati elementi sospetti sui quali si concentra l'attenzione della Procura. Se la presenza di radioattività sarà confermata dagli ulteriori esami, Siciliano e Gaglio dovranno scoprire come, dove e quando Fadil è stata esposta alle radiazioni. Fino ad allora, il corpo rimarrà nell' obitorio di Milano dove, su disposizione dei magistrati, per ora nessuno potrà vederlo, nemmeno i familiari che dal primo marzo piangono la sua morte.
Per due motivi, evidentemente: deve essere conservato nello stato in cui si trova fino all' autopsia e come misura precauzionale per evitare che altre persone siano contaminate dalle radiazioni che potrebbero ancora essere irradiate dai tessuti. In questi giorni sono stati sentiti diversi testimoni, a cominciare dai parenti e dagli amici, pochi, della marocchina i quali, dal 29 gennaio fino al giorno della morte, sono spesso andati a trovarla all' Humanitas. Tra loro c'è anche l' avvocato Paolo Sevesi che l'ha assistita gratuitamente nei vari processi nei quali si era costituita parte civile.
imane fadil l'ultima intervista 1
È stato il legale ad avvertire la Procura della morte della cliente una settimana dopo, come ha detto il procuratore Francesco Greco. Humanitas, invece, sostiene di aver comunicato il decesso il giorno stesso, tanto che già alle 10 del mattino la polizia giudiziaria avrebbe sequestrato la cartella clinica.
La ex modella a tutti ha detto di essere sicura di essere stata avvelenata. Una convinzione che si sarebbe fatta strada in lei nell' ultimo periodo della degenza, quando le forze la stavano ormai abbandonando e cominciava a perdere le speranze di potercela fare. Secondo alcuni testimoni, però, quell'idea non era nata nella sua mente, molto provata psicologicamente ancor prima del ricovero, ma da qualcosa che le ha detto qualche sanitario dell'Humanitas quando nulla riusciva a dare una spiegazione di un aggravamento, lento e inesorabilmente progressivo, che stava distruggendo il suo corpo, devastando reni, fegato e midollo osseo.