ORRORE SENZA FINE – L’ISIS DECAPITA ANCHE IL SECONDO OSTAGGIO GIAPPONESE – NEL VIDEO SI VEDE LA LAMA CHE INIZIA A TAGLIARE, POI UNO STACCO ED ECCO LA TESTA POSATA SULLA SCHIENA DI KENJI GOTO – LA DEDICA: “SIAMO ASSETATI DEL VOSTRO SANGUE”
1.”L’ISIS DECAPITA IL SECONDO GIAPPONESE”
Lorenzo Cremonesi per “Il Corriere della Sera”
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Il video questa volta è breve, dura un minuto e cinque secondi. Il tempo per minacciare il Giappone, direttamente nella persona del suo premier Shinzo Abe, e comunicare al mondo che anche il giornalista 47enne Kenji Goto è stato decapitato. Come in tutte le precedenti immagini diffuse sulla rete di ostaggi stranieri così barbaramente uccisi, il boia avvicina il coltello alla gola della vittima, la videocamera inquadra il braccio che inizia a tagliare.
Ma poi arriva un momento di oscurità. L’orrore è censurato. Cosa che in genere non avviene per i video dei curdi o degli arabi decapitati. La scena finale è però la solita per tutti: la testa mozzata del giornalista è appoggiata sul corpo, spesso sulla cassa toracica, questa volta sulla schiena. Le mani sono ancora legate con manette di metallo ai polsi. Il terreno tutto attorno e la tunica arancione sono intrisi di sangue.
Il messaggio è pronunciato con voce dura, gutturale, brutale, apparentemente da quello stesso «Jihadi John» che dall’agosto scorso si fa riprendere mascherato e vestito in tunica nera con un coltellaccio militare in mano mentre prima minaccia e poi decapita gli ostaggi. Ultimo della serie, una decina di giorni fa, aveva sgozzato un altro giapponese, il 24enne Haruna Yukawa, che secondo le ricostruzioni fatte dai media di Tokyo lo stesso Goto aveva cercato personalmente di salvare.
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Tanto che ancora ai primi di ottobre, una volta venuto a conoscenza del rapimento di Yukawa nella zona di Aleppo, pur conscio dei rischi altissimi, con uno slancio di altruismo non comune Goto era rientrato in Siria alla sua ricerca. Fu allora che venne a sua volta catturato dai jihadisti di Isis. «Un messaggio al governo del Giappone» titola in inglese e arabo il video diffuso ieri sera con il logo tradizionale dell’Isis. A Tokyo ora diranno che servono verifiche. Ma la verità è che appare tragicamente reale. Pochi dubbi possa essere un falso.
«Voi come folli alleati nella coalizione di Satana dovete ancora capire che un’intera armata di noi del Califfato vi dà la caccia, assetata del vostro sangue» minaccia.
Quindi il terrorista si rivolge al premier giapponese: «Abe a causa dalla vostra insulsa decisione di partecipare a una guerra che non potete vincere noi non solo faremo scempio di Kenji ma attaccheremo ogni giapponese che troveremo. L’incubo per il Giappone comincia ora». Il giornalista, come del resto tutti gli altri ostaggi che abbiamo visto uccidere, appare rassegnato. A tratti tiene gli occhi chiusi, resta immobile inginocchiato, una debole brezza gli passa tra i capelli.
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Non sono serviti dunque gli appelli della moglie, i suoi messaggi supplicanti pietà in nome delle loro due bambine, la più piccola di sole tre settimane e mezzo, l’altra di due anni. Soprattutto non sono serviti i tentativi di trattativa. In un primo tempo Isis aveva chiesto 200 milioni di dollari in cambio dei due giapponesi. Ucciso il primo, lo stesso Goto in un video era stato latore della possibilità di scambio: lui e il pilota giordano Muath al-Kasasbeh — caduto in Siria il 24 dicembre scorso — in cambio della liberazione della kamikaze irachena Sajida al-Rishawi chiusa nel carcere di massima sicurezza presso Amman. Ma tre giorni fa le trattative si sono interrotte. Ora si tratta di capire quale sarà la sorte del pilota.
2. “TRASCINATI IN UN NEGOZIATO UMILIANTE LA SUA SORTE ERA SEGNATA DALL’INIZIO“
Guido Olimpio per “Il Corriere della Sera”
Una strategia dilatoria, per tenere il più possibile la scena. Un’azione che ha costretto i media di tutto il mondo a seguire il ricatto dell’Isis e due governi a cercare un accordo impossibile con i terroristi. La sorte dell’ostaggio giapponese Kenji Goto era probabilmente segnata e da tempo. Gli uomini del Califfo hanno solo atteso il momento più propizio per mettere in atto la loro minaccia.
In questi giorni i terroristi non hanno mai dato segnali concreti che volessero trattare. E infatti, poche ore prima che fosse diffuso il video, da Tokyo hanno comunicato: tutto si è arenato. Se riesaminiamo il comportamento dei militanti è apparso evidente quale fosse il loro obiettivo. Anche se — sostengono alcuni analisti — è possibile che vi siano stati dei contrasti tra i tagliagole su come chiudere una storia drammatica. Si è ipotizzato che una componente di mujaheddin, forse del Golfo Persico, premesse per una fine cruenta mentre la leadership del movimento voleva trovare soluzioni diverse. Forse erano solo speculazioni, alimentate dalla mancanza di notizie sicure e magari dalla controinformazione dei criminali.
Questo nuovo racconto dell’orrore ha avuto tre capitoli distinti. Nel primo i militanti hanno colpito con durezza per far capire quali erano le regole e hanno ucciso il primo ostaggio nipponico. Quindi hanno scritto il secondo, meno lineare, però non meno funzionale ai loro progetti. Ecco la serie di diktat. Per trascinare prima il Giappone e poi la Giordania in una trattativa comunque umiliante. La scelta di farlo in «pubblico» era proprio legata alla manipolazione: dimostrare che due alleati degli Usa erano pronti a venire a patti.
Per aumentare la pressione, il Califfo ha introdotto il fattore giordano chiedendo il rilascio della mancata attentatrice Sajida al-Rishawi. In questo modo hanno mostrato di essere accanto a una «sorella prigioniera», una detenuta importante. Lei viene da un villaggio vicino Falluja, nell’Anbar, provincia che oggi è uno dei feudi di Al Baghdadi. Inoltre due fratelli sono stati al fianco di Al Zarkawi. Mossa di grande impatto unita alla minaccia di eliminare il pilota dell’aviazione giordana.
E la manovra ha scosso Amman, incerta sulle condizioni del militare prigioniero. Forse — come sospettano molti — è già morto e da settimane. Servivano delle prove che fosse in vita, invece l’Isis ha puntato sull’ambiguità, senza mai dare elementi certi. Atteggiamento strano se vuoi negoziare. Comportamento comprensibile se hai in mente di tenere in scacco un avversario come re Abdallah, figura fondamentale nella lotta all’estremismo, innescando contrasti tra i clan tribali.
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Infine il terzo capitolo. Il sacrificio di Kenji. L’Isis l’ha fatto coincidere con un grande attacco su Kirkuk, una reazione robusta alla sconfitta sofferta a Kobane. Un modo per scrivere con il sangue che il movimento ha sempre l’iniziativa.