Nino Materi per il Giornale
E così, tanto per non farci mancare nulla, è partito il «toto-denunce». «Trentotto»? No, «sei»; anzi, «quattro».
Sulla ruota della sfortuna si danno i numeri: ci sarebbe da giocarseli, se non fosse che qui siamo dinanzi a una storia drammatica: un uomo (il ladro) ammazzato e un altro uomo (la vittima del furto) ora sospettato di aver ecceduto nel difendersi, «percependo un tasso di pericolo superiore a quello reale»; come se, in quei momenti terribili, le vittime pesare emozioni e reazioni col bilancino del codice penale.
In Italia il rischio di trasformare la tragedia in commedia è sempre alto, e questa vicenda del gommista «pistolero» Fredy Pacini di Monte San Savino (Arezzo) ne è l'ennesima riprova. I titoloni in prima pagina che qualche giorno fa accompagnarono la notizia li ricordiamo tutto: «Commerciante spara e uccide il ladro. Aveva già subito 38 furti».
io sto con fredy striscione di solidarieta al gommista aretino che ha ucciso un ladro
Ora si scopre che le denunce presentate negli ultimi quattro anni dal signor Pacini sono «appena» sei, di cui «solo» due a seguito di un furto consumato (nelle altre quattro si sarebbe trattato di «semplici» tentati furti). Attenti alle parole: «solo», «appena», «semplici»; termini dietro cui si cela chi guarda il dito e ignora la luna. Ne è convinto il ministro dell'Interno, Matteo Salvini: «Ma cosa cambia se le denunce sono 38 o 6? La verità è che un onesto lavoratore si è difeso perché si è sentito in pericolo di vita aggredito all'interno della sua proprietà». Ma le inchieste giudiziarie servono anche a questo: ad accertare verità che i titoli di giornali non possono decodificare in tempo reale. Ma la domanda resta? È un elemento decisivo o no che Pacini abbia «mentito» sul numero delle denunce presentate? Cosa cambia questa circostanza rispetto all'episodio specifico in cui un moldavo di 29 anni ha perso la vita?
Il comandante del nucleo operativo dei carabinieri di Arezzo, Giovanni Rizzo, precisa all'Agi: «A noi risultano sei denunce da parte di Pacini dal 2014 a oggi, che diventano forse una decina andando più indietro negli anni. Certo, non 38», come invece dichiarato da Pacini che, per sentirsi più sicuro, aveva deciso di restare in azienda anche di notte.
Ieri l'esito dell'autopsia sul corpo del moldavo ucciso: «È stato raggiunto da un proiettile alla gamba e da un altro all'altezza di un fianco». Il commerciante toscano, 57 anni, è indagato per eccesso colposo di legittima difesa, ma non ha ancora risposto alle domande del pm.
Pacini più volte in passato aveva raccontato di essere «esasperato per i continui furti», e così quando ha visto il moldavo (un pregiudicato, latitante e dalla falsa identità sul passaporto) entrare nella sua ditta «impugnando un piccone», ha fatto fuoco con la sua Glock semiautomatica «mirando alle gambe». Uno dei cinque proiettile esplosi ha però reciso l'arteria femorale, e il moldavo è morto dissanguato mentre il complice è fuggito. L'avvocato del commerciante è sicuro: «È stata legittima difesa». Pacini dice: «Ho il cuore a pezzi, ma sono tranquillo con la coscienza. Ringrazio le migliaia di persone che su Facebook mi sostengono». Ma per lui l'incubo continua.
2. IL LADRO UCCISO DOVEVA ESSERE IN CELLA
Simona Pletto per Libero Quotidiano
Altro che ladruncolo incensurato come lui stesso faceva sembrare utilizzando un passaporto col cognome della moglie (Tonjoc) e diversi alias. Vitalye Mircea, questo il vero nome del moldavo 29enne sorpreso e ucciso martedì notte mentre tentava di intrufolarsi nella azienda di Fredy Pacini a Monte San Savino (Arezzo) insieme ad almeno due complici, era un ladro professionale, e come tale aveva una sfilza di precedenti per reati commessi in Italia dal 2011 ad oggi. E non certo da solo.
Nel suo "curriculum" ci sono innumerevoli furti commessi in aziende e in abitazioni tra la Lombardia, il Veneto, il Piemonte e l' Emilia Romagna; e ci sono tanti altri reati a suo carico, tra cui riciclaggio, danneggiamenti e persino lesioni personali, a riprova della pericolosità dell' individuo che il commerciante toscano si è trovato davanti, con un piccone nelle mani, prima di sparare.
io sto con fredy striscione di solidarieta al gommista aretino che ha ucciso un ladro 2
Non solo: su Vitalye Mircea dal 2015 gravava un ordine di carcerazione emesso dalla Procura di Milano, per un residuo di pena di tre anni che avrebbe dovuto scontare in cella. Eppure da una quarantina di mesi era libero. Libero di continuare a delinquere, libero magari di tornare in quel capannone in provincia di Arezzo, già violato diverse volte dai ladri, attirati dall' alto valore delle biciclette da corsa custodite all' interno.
Martedì notte, però, non hanno fatto i conti con la disperazione del signor Pasini, che da tempo, esasperato dalle continue visite dei ladri, aveva deciso di dormire dentro alla sua ditta per tutelare il frutto del suo lavoro. Quando ha sentito il rumore dei vetri infranti, è sceso dalla sua branda e dall' alto del soppalco dove si era ricavato una stanzetta per vigilare i suoi beni, ha visto i due ladri. Uno si era già introdotto all' interno, l' altro invece ha subito rinunciato ad entrare ed è fuggito.
Fredy Pacini ha impugnato la sua pistola Glock calibro 9 ed ha iniziato a sparare cinque colpi mirando verso il basso; due di questi hanno raggiunto il ginocchio e l' arteria femorale di Vitalye. Quest' ultimo proiettile, rimasto all' interno della coscia, è stato letale: il moldavo - lo ha stabilito ieri l' autopsia eseguita dal medico legale Mattia Benvenuti dell' università di Siena -, è morto per una emorragia interna.
RIMBALZO ACCIDENTALE Tra le ipotesi che dovranno essere chiarite presto, attraverso un sopralluogo da parte dei periti e del pm Andrea Claudiani, nel capannone di Fredy Pacini, c' è anche quella di un rimbalzo accidentale del proiettile fatale finito nella coscia del ladro. La Tac eseguita ieri sul cadavere del 29enne, avrebbe infatti tracciato una traiettoria che non escluderebbe l' ipotesi della deviazione. Sarà inoltre importante capire se i colpi sparati abbiano raggiunto frontalmente (teoria più accreditata) o alle spalle il ladro.
Intanto ieri Pacini, 57 anni, sposato e padre di due figlie, ha varcato la soglia della Procura di Arezzo per essere interrogato dal pm Claudiani, cui è affidata l' inchiesta. A carico del gommista è stato aperto un fascicolo per l' ipotesi del discusso reato "eccesso colposo di legittima difesa".
Provato dal lutto che ha colpito la sua famiglia (giovedì notte è morto il suocero e ieri si sono celebrati i funerali), sfinito dal pressing mediatico e dall' idea comunque di aver ucciso un uomo (anche se ha dichiarato «Ho avuto paura, quel ladro avanzava spavaldo. Sono dispiaciuto ma mi sento nel giusto perché ho difeso la mia persona e il mio patrimonio»), ha pianto davanti al pm e si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Una decisione, questa, suggerita anche dai suoi legali Alessandra Cheli e Giacomo Chiuchini del Foro di Arezzo, perché: «Preferiamo aspettare l' esito dell' autopsia (attesa entro 60 giorni, ndr), dopodiché il signor Pacini parlerà con i magistrati. Del resto in questo momento è molto provato, e forse non è in grado di affrontare un interrogatorio».
Resta il mistero del piccone, trovato fuori dal capannone dai carabinieri della Compagnia di Cortona guidati dal capitano Monica Dallari, intervenuti subito sul posto.
LA SORELLA Sul fronte delle indagini prosegue la caccia ai complici. Una piccola svolta è stata data dalla sorella di Vitalye.
SALVINI CON LE MANI NEI CAPELLI
La giovane, che vive al Nord Italia, ha riconosciuto la foto del fratello pubblicata sui giornali e ieri mattina si è presentata alle forze dell' ordine dicendo, appunto, di essere la sorella del ladro ucciso. Sono scattati subito i controlli, per capire se stava raccontando il vero, e alla fine sono emersi nuovi particolari.
Il passaporto con regolare visto e con un ingresso in Italia segnato appena due mesi fa, non corrispondeva alla vera identità dell' uomo. Il documento che mostrava, infatti, era quello con il cognome della moglie, per deviare i controlli. In realtà, si è scoperto attraverso un incrocio di dati, che Vitalye era un ladro seriale latitante. Insomma, il colpo alla azienda di rivendita gomme e bici da corsa di Fredy Pacini, era di certo uno dei tanti.
il caso di fredy pacini vitalie tonjoc
Gli investigatori hanno già individuato il secondo complice, quello fuggito poco prima degli spari, e sono sulle sue tracce. In queste ore si analizzano anche le celle telefoniche e i filmati delle telecamere di sorveglianza per dare un nome al terzo complice che ha fatto da palo.
L' obiettivo, è comunque quello di arrivare alla banda di moldavi di cui Vitalye faceva parte.