VIDEO - IL GIURAMENTO DELLA ‘NDRANGHETA REGISTRATO DI NASCOSTO
1. IL RITO DEI BOSS: VELENO E UN COLPO IN CANNA
Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
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Sinora ne avevano parlato soltanto i pochi collaboratori di giustizia in Calabria, o se ne era avuta traccia in qualche formula di giuramento sequestrata. Adesso il paradosso è che non è sull’Aspromonte, ma è in un casolare rurale di Castello di Brianza in provincia di Lecco, «la mangiata» tra ‘ndranghetisti nella quale, per la prima volta, il 12 aprile scorso una indagine dei carabinieri del Ros e della Dda di Milano è riuscita a seguire in incognito e registrare e filmare in diretta l’iniziazione di nuovi affiliati e il conferimento di «doti» di ‘ndrangheta «a nome di Garibaldi...Mazzini e La Marmora... con parole di uomo e di umiltà formo la santa società!».
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I richiami non devono stupire perché la ‘ndrangheta nasce come rottura e superamento della «società dello sgarro», sicché a metà ‘800 cominciano a non valere più i vincoli e le regole dei comuni malandrini, e ciò che prima rappresentava «infamità» (come il rapporto con politici, imprenditori e polizie finalizzato allo scambio di reciproci favori) nella «Santa» diventa invece non solo permesso ma auspicato.
Rovesciamento che però all’inizio ebbe bisogno della massoneria come camera di compensazione tra ambienti diversi, e in questo quadro i massoni Garibaldi-Mazzini-La Marmora presero il posto (nella ritualità malata dei clan) di Osso-Mastrosso-Carcagnosso, cavalieri spagnoli che la tradizione vagheggiava fondatori di mafia-’ndrangheta-camorra dopo l’omicidio dello stupratore della sorella.
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Le telecamere del Ros captano il giuramento alla ‘ndrangheta davanti a un’arma e a una pastiglia di cianuro perché — riassume il gip Simone Luerti — all’ndranghetista viene riconosciuta autonoma capacità di valutazione sul proprio operato («Da questo momento in avanti non vi giudicano gli uomini... vi giudicate da solo!»), e nel caso commetta errori non attenderà il giudizio dei suoi «saggi fratelli», ma dovrà autogiudicarsi inesorabilmente («Dovete essere voi a sapere che avete fatto la trascuranza, vi giudicate voi quale strada dovete seguire»): o spararsi («Quanti colpi ha in canna, ne dovete riservare sempre uno!»), o suicidarsi col cianuro o nel vuoto («La pastiglia o la montagna...vi buttate dalla montagna»)».
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Il gip — nel firmare in 900 pagine gli arresti di 38 indagati (più 3 fermati in Calabria) chiesti dai pm Ilda Boccassini, Paolo Storari e Francesca Celle per associazione mafiosa, estorsioni e armi — bada a mettere in guardia dalla tentazione di scambiare per folclore quello che è invece è come «caricare una molla». Basti rilevare i «ben 8 dei 17 episodi di intimidazione a Fino Mornasco da settembre 2011 a ottobre 2012 contro obiettivi politici» come sindaco e consiglieri comunali.
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O la «corrispondenza biunivoca tra “locali” di ndrangheta calabresi e “locali” lombardi», quale «emerge ad esempio con chiarezza nel rapporto» tra il capo della «locale» di Giffone (Reggio Calabria), Giuseppe Larosa detto «Peppe la mucca», e le «locali» di Cermenate e Fino Mornasco (a Como) e di Calolziocorte (Lecco).
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Sembra di tornare agli anni ’90 del blitz «Fiori della notte di San Vito», e gli ‘ndranghetisti intercettati sono i primi ad accreditare il destino immutabile proprio e dei propri figli (come il minorenne affiliato in uno dei riti registrati dai Ros): «La musica può cambiare ma per il resto non è che cambia... noi non possiamo mai cambiare».
Persino le paure — per chi finirà nel mirino di 111 telefoni intercettati, di 24 auto e case trasformate microfoni, e di 174 pedinamenti — alla fine sono sempre le stesse. Sono le intercettazioni: avere «in tasca un cellulare è come avere in tasca un carabiniere». Ed è un certo modello di inquirente:
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«Oggi come oggi — commentano un precedente blitz dell’antimafia — questa qua era la Boccassini... il pm che ha fatto il blitz ( ndr , e che in tv diceva che ) “non abbiamo più bisogno di collaboratori di giustizia perché abbiamo tutto registrato”... Hanno tutti i mezzi che ci registrano pure a distanza... ci vedono anche in una discoteca... pensa tu...».
2. IL TESTO RECITATO
Da “Il Fatto Quotidiano”
“ Buon vespero e santa sera ai santisti!
Giustappunto questa santa sera nel silenzio della notte e sotto la luce delle stelle e lo splendore della luna formo la santa catena. Nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora con parole d’umiltà formo la santa società.
Dite assieme a me: giuro di rinnegare tutto fino alla settima generazione tutta la società criminale da me fino a oggi riconosciuta. Per salvaguardare l’onore dei miei saggi fratelli.
In nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora passo la mia votazione sul conto di Buttà Giovanni se prima lo conoscevo come un saggio fratello fatto e non fidelizzato da questo momento lo conosco come un mio saggio fratello. Sotto la luce delle stelle e lo splendore della luna formo la santa catena.